I registri delle esecuzioni avvenute a Firenze dal XV al XVIII secolo rappresentano un importante affresco della vita cittadina, dei reati punibili e di tutto quanto ruotava intorno al momento dell’esecuzione.
I Fratelli della Compagnia dei “Battuti di Santa Maria della Croce al Tempio”, o i Neri, hanno dato sostegno religioso e psicologico ai condannati a morte delle città di Firenze per più di quattrocento anni, a partire del 1356. Nei loro registri, giunti fino a noi, è contenuto un elenco completo delle esecuzioni avvenute in questo lasso di tempo.
Oltre al testo che ha suscitato in me la curiosità di approfondire l’argomento [Rondoni, Giuseppe. “I ‘ GIUSTIZIATI „ A FIRENZE (Dal Secolo XV Al Secolo XVIII).” Archivio Storico Italiano, vol. 28, no. 224, 1901, pp. 209–256] ho trovato molto utile il volumetto gratuito Attanagliato, decollato, strangolato, squartato, impiccato, strascinato, propagginato, arso… I giustiziati nella città di Firenze dal 1356 fino all’abolizione della pena di morte, assistiti dai Fratelli della Compagnia dei “Battuti di Santa Maria della Croce al Tempio”, o dei Neri, scritto dallo storico Rino Salvestrini, sindaco del Comune di Montaione dal 1980 al 1995.
Prima di passare all’elenco delle esecuzioni, alcune delle quali descritte con qualche dettaglio, penso sia importante conoscere le attività dei Neri prodromiche all’esecuzione. Vi lascio alle parole scritte da Giuseppe Rondoni quasi centoventi anni fa.
Vediamo allora i Neri in occasione di una giustizia [esecuzione]. Avvertita la Compagnia dall’autorità pubblica, 9 o 10 ore prima dell’esecuzione, il servo, almeno un’ora innanzi che il lugubre suono della campana delle armi annunzi ai cittadini che la mannaia, la forca o la ruota stan per fare un’altra vittima, si reca in persona al Bargello a preparare tutto l’occorrente: libri, fogli, calamaio, vesti.
Indi, e possibilmente di sera, bussa alle case o si affaccia alle botteghe per convocare i fratelli. Questi, salvo legittimo impedimento, un dopo l’altro, come ombre, “più nascosto che sia possibile” entrano in Palazzo dalla porta della rimessa. In Cappella si vestono, mentre un “caporale della birreria” fa intendere al condannato che deve morire, lasciandolo ai ceppi.
Allora gli si fanno intorno i fratelli dandosi il cambio nell’assisterlo di ora in ora. Se l’affitto, così dolcemente gli Statuti chiamano il reo, non vorrà confessarsi al Cappellano della Compagnia, si chiami il prete da lui nominato se può farsi con facilità; ma in massima si distolga con tutti i modi possibili dal ricorrere ai religiosi o altri fuori della Compagnia, “avendo l’esperienza mostrato essere questa una pura tentazione dei pazienti, a molto pregiudiciale ad essi, ed ai buoni ordini della Compagnia.”
Le ore passano lente e terribili nella tetra cappella, della quale il silenzio interrotto volta a volta da singulti e preghiere. Infine il pallido chiarore dell’alba, timido insinuandosi in quel luogo di dolore, annunzia al condannato esser quella l’ultima luce che ferirà le sue vesti mortali. Si forma il lugubre corteggio. Due fratelli, uno per parte, assistono e sorreggono l’afflitto.
Fra tanto lutto, e spesso fra le tenebre della disperazione, un conforto simile ad un raggio di Paradiso scendeva di frequente all’afflitto da una tavoletta colla Vergine su fondo d’ oro, creazione dell’Angelico, che gli veniva potata incontro quasi ad esprimere che se gli uomini lo rinnegavano e lo cacciavano dal mondo, il Redentore gli tendeva pietose le braccia. Talora, via facendo, il condannato veniva fatto inginocchiare anche dinanzi alla Vergine di Mercato Vecchio.
La funesta processione svolgesi per le anguste vie della vecchia Firenze, e su per l’aria rinchiusa fra le case ed i turriti palagi, sale mesto e sommesso il canto delle litanie, che cesseranno quando il cadavere insanguinato del paziente sarà steso nella bara.
I Neri portano le fasce colle quali il carnefice ha da bendare l’afflitto. Mentr’egli sta intento a pregare, il Nero di servizio le butta, non veduto dal meschino e ad un tratto, al maestro di giustizia, eppoi i fratelli “si mettono fitti sul pratello”, ed uno dei due che stanno ai fianchi del misero sale con lui sul patibolo, sulla scala dalla parte opposta al capestro avendo cura di salir alto per far andare in alto l’afflitto, e cosi, avuta la spinta, farlo meno soffrire.
“Dobbiamo avvertire (notano i Capitoli) di non sinistrare il maestro di giustizia e suoi arnesi e non sinistrare in alcun modo l’ afflitto“. Dovendosi tagliare la testa all’afflitto vien prescritto che i fratelli si dispongano in modo che il paziente non veda la mannaia, circondandola e nascondendola finché egli non sia bendato.
A norma della Istruzione da praticarsi nel confortare i condannati si fa dire al morituro, che ha già ha meditato i Gradi della passione di Gesù Cristo, una preghiera detta la Protesta; segue l’ultimo e terribile istante. I fratelli coprono il cadavere, intuonano: Omnes Sancti et Sanctae Dei, e qui tacciono, disponendosi agli estremi uffci ed al ritorno. Il rito di morte è compiuto.
I Neri hanno anche una consuetudine consolidata quando si tratta di condannati ebrei. In questo caso, tutti gli sforzi sono tesi alla conversione del reo, in modo che possa salvarsi l’anima. Dalle fonti emerge anche l’esortazione a non esagerare con le pressioni, perché si rischia l’effetto contrario.
Procedura a parte, e prima di passare all”elenco delle condanne più “interessanti” del XV e XVI secolo, è bene sottolineare come il numero di esecuzioni avvenute a Firenze non sia particolarmente alto. Un dato molto accurato è riportato nella menzionata opera del Silvestrini.
ANNO | ESECUZIONI |
1451-1500 | 485 |
1501-1550 | 546 |
1551-1600 | 436 |
1601-1650 | 203 |
1651-1700 | 90 |
1701-1747 1748- 1786 | 50 0? |
TOTALE | 1.810 |
In realtà, contando anche il primo periodo di tenuta del registro, gli errori di compilazione, le ripetizioni e alcuni alcune esecuzione omesse sotto i Medici, arriviamo a circa 2.350 esecuzioni nei quasi quattrocento anni tra il 1356 e il 1747.
Circa 6 ogni anno.
Un numero molto inferiore rispetto alle carneficine che troviamo nella narrativa e nella cinematografia quando trattano questo periodo. Per quanto riguarda la questione del genere, tra i 1.941 condannati di cui abbiamo nome e data di esecuzione, solo 72 sono di sesso femminile (3.7%). Ci sono anche periodi piuttosto lunghi senza esecuzioni, come quello che va dal settembre 1439 al luglio 1442.
Ma passiamo al tanto atteso elenco.
22 agosto 1421
Pagolo di Lippo, Bindo d’Agnolo, Guidarello di Brunello, Antonio di Filippo, f. Brunello di Guidarello, Francesco di Antonio, Mariano di Filippo. Decollati per l’omicidio del loro signore, conte di Monchona.
21 gennaio 1422
Baldassarre di Giovanni da Ferrara chiavaiolo fu appiccato e se ne fece notomia [venne inviato agli studenti di medicina per studiarne l’anatomia]
14 ottobre 1423
Dolfo di Antonio del popolo di S. Piero, decapitato per omicidio proditorio e altri misfatti. Costui fu il primo che ebbe i nostri Fratelli con la veste nera, e furono in numero di dieci.
9 marzo 1423
Francesco di Tommaso tessitore uccisore di sua moglie fu decapitato.
29 ottobre 1424
Giovanni di […] della Magna, famiglio di Maestro Giovanni Baldi medico, fu attanagliato e appiccato per aver morto il detto Baldi suo padrone.
13 marzo 1426
Messer Piero di Cavalcante di Piero da Città di Castello fu attanagliato sul carro impiccato e arso, perché ammazzò un notaio dove si tornava in casa per rubarlo, ne fece pezzi e parte ne gettò in Arno, parte nel necessario [ossia nelle latrina].
27 novembre 1428
Giovanni di Giorgio da Capo d’Istria era turco, e battezzossi in su le forche, dove fu appeso per aver ammazzato un cristiano e rubatagli la roba.
7 giugno 1432
Piero d’Antonio del Cappellina da Morti fu decollato e squartato e appiccati i quarti alle forche.
20 maggio 1433
Nofri di Zanobi detto Splendore, che sonava la cembanella [strumento musicale simile a un timpano] in Palagio, fu decollato.
27 settembre 1436
Bartolommeo detto Pisanello da Pisa menava i mantici alli organi di S. Maria del Fiore fu decollato.
27 febbraio 1443
Giovanni di Piero detto Berzolino fu; a costui fu prima tagliata la mano ritta e poi impiccato a Santo Antonio del Vescovo e andonni sul carro perché quivi aveva morto uno.
5 settembre 1443
Giovanni d’Ughetto francioso fu impiccato perché aveva per aver fatto lettere di cambio false.
25 agosto 1445
Gabriello di Giovanni da Parma fu impiccato alla Zecca dove aveva fatto il danno
16 dicembre 1447
Agnolo di Meo di Braco d’Ambra con due suoi compagni per avere preso, con gente del Re d’Alemagna, il nostro Castello di Ciennina di Val d’Arno [circa 60 km a sud-sudest di Firenze] con l’aiuto de’ Senesi.
6 maggio 1450
Mastro Giovanni del Cane da Montecatini fu arso per eretico e fecero ardere a Messer Antonino Arcivescovo di Firenze, e lo Inquisitore e fra Mariorno frate de’ Servi, predicò il suo processo sulla piazza di S. Giovanni; e l’ossa furono gittate in Arno.
31 agosto 1451
Pietro Paolo di Savio e Iacomo d’Antonio Conca, tutti due romani, furono decollati per ladri con la corona in capo come Re de’ ladri e sepolti al Tempio. [la corona in oggetto è riservata ai colpevoli di furti particolarmente gravi o recidivi]
15 novembre 1452
Giovanni di Nencio, da Carcherelli andò sul carro e fu impiccato per traditore, perché dette la Torre a Castagnoli a Don Ferrando d’Aragona.
11 gennaio 1455
Arrigo di Piero della Magna fu decollato a dì 11 gennaio, quale si disse era falsatore di 14 grossi [moneta d’argento del valore di 4-12 denari a seconda del tempo e del luogo] che gli furon dati da un altro, e così morì innocente e fu sepolto al Tempio.
30 giugno 1463
Monna Caterina figliola di Domenico Lamberteschi fu decollata per avere avvelenato il suo marito.
22 agosto 1463
Stefano di Domenico legnaiolo ammazzò la Pollacca femmina e fu decollato.
5 giugno 1464
Francesco di […] quale era stato frate, e’ fu degradato su le scalere di S. Maria del Fiore da 4 Vescovi e dato al Capitano che lo fece decollare per omicidio.
6 ottobre 1464
Maria Fanciulla di quel di Pistoia fu decollata a dì 6 ottobre, perché fece un bambino e gittollo nel necessario [latrina].
1 dicembre 1464
Sano da Modana ebreo detto prima Salomone fu arso a dì primo dicembre. Questo tale poiché fu giunto al luogo della Iustitia chiese da per sé il Battesimo e così fu battezzato e poi sepolto al Tempio come fedele cristiano.
20 aprile 1465
Cammilla di Zanobi Carucci, sensale di Firenze, fu decollata per aver morto una piccola fanciulla e toltoli certe robe e poi gettata in un pozzo. Andò sul carro e fu sepolta.
19 dicembre 1467
Antonio di Giovanni Pucca beccamorto fu decollato per sodomia [in questo caso parliamo di semplici rapporti omosessuali, probabilmente passivi].
17 aprile 1469
Bernardo d’Andrea Nardi fu decollato perché era entrato in Prato con 60 fanti e preso il Podestà, il Palazzo e la Fortezza, fu sepolto in S. Piero Scheraggio.
9 aprile 1470
Giovanni di Camerino servo dell’Ufficiale della Mercanzia fu arso a dì 19 dicembre, per aver guasto due fanciulli per sodomia [la condanna, al giorno d’oggi, sarebbe ovviamente per stupro e non per sodomia]
12 maggio 1470
Marchionne di Valeranchione, da Genova fu decollato, perché ammazzò la moglie perché era disonesta.
4 luglio 1472
Piero della Magna, famiglio di Guglielmo de Pazzi fu impiccato dirimpetto alla porta della canonica di S. Maria del Fiore, perché ammazzò Benedetto di Piero Caiani.
7 luglio 1474
Antonio di Stefano da Piacenza andò sul carro e fu arso per aver morto et arso nel forno il fornaio del Canto del Digno suo maestro.
5 luglio 1477
Gabriello detto Granchiolino da S. Pier Maggiore fu attanagliato e impiccato, perché una notte dette con la sua spada a più persone. [ferì e forse uccise diverse persone]
18 agosto 1478
Lorenzo dal Ponte Agnana fu impiccato e portato al Tempio per seppellirlo e detto l’offizio, si trovò che era vivo, onde fu liberato dalli Otto e portato a S. Maria Nuova e quivi visse tre giorni.
9 marzo 1479
Tommaso di Vinegia fu impiccato in Mercato Nuovo, perché quivi messe le mani in un bacinetto di ducati d’un banco, e tolsene parecchi; la sera fu preso e la mattina, morto, non si volse mai confessare et è sepolto lungo le mura.
26 luglio 1479
Giovanni di Giorgio di Schiavonia ammazzò un suo compagno per differenza d’otto quattrini e con un sasso al petto lo gettò in un pozzo e poi fu impiccato a dette finestre [le finestre del Bargello].
31 agosto 1479
Benino della Stefana fu arso in su la Piazza di S. Ambrogio per aver usato con la figliola e sodomito.
28 dicembre 1479
Bernardo di Giovanni di Bandino Baroncelli fu impiccato pel caso di Lorenzo de’Medici, che lo
fece venire insino di Turchia, legato con catene e vestito come turco; lo impiccorno alle finestre [del Bargello]
[data sconosciuta] 1482
Andrea di Domenico cuoiaio sodomitò un fanciullo, che ne morì, fu decapitato al solito luogo.
28 marzo 1485
Giovanni Francesco di […] fu impiccato e volendolo i Neri seppellire, lo trovorno vivo, onde gli feciono un buon fuoco e rinvennerlo e mandorno per i Servi di S. Maria Nuova, che lo portorno là. E qui stette insino allo 11 aprile, ma per la sua cattiva e bestiale lingua, andandosene a casa sua fu ripreso la seconda volta dal Bargello e la mattina medesima fu morto e sepolto nella nostra chiesa. Dissesi che quando la prima volta ebbe la spinta che tramortì, e po’ passare morto.
24 giugno 1488
Giovanni di ….. da Bologna fu preso e impiccato alle finestre del Bargello perché andava tagliando puntali, e così aveva fatto molti anni e in tal dì fu la maggior furia d’acqua e di venti che nessuno si ricordassi.
6 febbraio 1494
Francesco da Trespiano donzello del Podestà di Firenze fu impiccato in sul Canto della Piazza di S. Maria Novella da S. Paolo, per aver quivi tolto un pendente dal collo a una fanciulla del Magrezza.
4 agosto 1495
Michelagnolo di Gherardo stagnaio d’età d’anni 18 fu decollato per aver morto il Maestro suo in villa, e sotterratolo in un fiumicello.
29 luglio 1497
f. Giovanni giocatore di palla fu impiccato e arso. [non conosciamo il motivo, ma è interessante che venga identificato come “giocatore di palla”]
23 maggio 1498
Frate Girolamo Savonarola, Frate Domenico da Pescia, Frate Salvestro Maruffi furono in prima
degradati con tutti gli ordini in su la ringhiera del Palazzo de’ Signori, per commissione e mandato di Papa Alessandro Sesto, e di poi immediate per sentenza degli Otto, furono impiccati a un palo
in su la Piazza de’ detti Signori et arsi e ridotti in ceneri, che furono gettate in Arno.
3 ottobre 1498
Andrea di f. Niccolò del Cappa fu decapitato nella corte del Bargello a dì 3 ottobre, perché aveva morto la cognata.
2 ottobre 1499
f. Paolo di Messer Niccolò Vitelli da Città di Castello Capitan generale della Signoria e Popolo fiorentino alla guerra e assedio di Pisa, sendo Gonfaloniere Giovacchino di Biagio Guasconi, fu decapitato per due trattati in sul ballatoio del Palazzo di detti Signori, e per noi sepolto in San Piero Scharaggio.
Nel prossimo articolo parleremo delle esecuzioni del XVI e XVII secolo, ma prima è bene dare anche qualche coordinata spaziale, all’interno della città di Firenze, per comprendere i luoghi dell’esecuzione. Come avrete intuito da alcuni degli esempi qui sopra, spesso il reo viene spesso giustiziato nel locus commissi delicti, ma il cuore del rito è il palazzo del Bargello.
Come scritto all’inizio dell’articolo, i rei passano l’ultima notte nella Cappella del Podestà del Bargello. Quando è giunta l’ora, salgono su un carro con i Neri per raggiungere il luogo del delitto o il Prato della Giustizia che “si trovava sul posto dell’ odierna Piazza Piave, che lambisce ancora oggi la Torre della Zecca, ovvero la torre con cui le mura terminavano ad est sull’ Arno: era situato cioè sul lato esterno del tratto di mura che collegava la Zecca a Porta alla Croce.” La via che giunge a Porta della Croce ha, in quel periodo, un nome molto evocativo: Via de’ Malcontenti.
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Ottimo articolo!
Grazie mille Giovanni!