Introduzione
Il Regno di Diarra, noto anche con i nomi di Kingui, Diafunu o Kaniaga, fu un antico stato dell’Africa occidentale situato nell’odierno Mali nord-occidentale. Fondato nell’XI secolo d.C. dalle popolazioni soninké, questo regno ebbe una lunga storia caratterizzata da periodi di autonomia alternati a fasi di dominazione da parte di più potenti imperi saheliani vicini. Diarra era centrato attorno alla città omonima (Diarra) e si estendeva grosso modo tra l’alto corso del fiume Senegal e la regione della “curva” del Niger. La posizione geografica strategica favorì lo sviluppo economico del regno, inserito nelle reti commerciali trans-sahariane che collegavano l’Africa subsahariana con il Maghreb, divenute particolarmente battute per il commercio di schiavi.
Dal punto di vista politico, il Regno di Diarra fu spesso vassallo dei grandi imperi della regione – dapprima l’Impero del Ghana (Wagadu), quindi il breve impero dei Sosso (o Kaniaga dei Susu) e infine l’Impero del Mali – riuscendo tuttavia a mantenere in alcune epoche una propria sovranità locale. Lunga quasi otto secoli, la parabola storica di Diarra si concluse drammaticamente nel XIX secolo, quando venne definitivamente conquistato e distrutto dalle armate islamiche dell’Impero Toucouleur guidate da El Hadj Omar Saïdou Tall.
Mi rendo conto che raccontare mille anni di storia possa essere molto complicato, specie quando parliamo di stati africani. Ci proverò comunque, integrando aspetti storici, politici, economici e culturali e basandomi soprattutto sui lavori di Djibril T. Niane, Tadeusz Lewicki e Maurice Delafosse, nonché su fonti tradizionali orali soninké che abbiano un qualche tipo di documentazione.
Nascita ed evoluzione del regno
Origini e contesto nell’XI-XII secolo
Le tradizioni orali raccolte dagli storici indicano che le genti soninké giunsero nell’area di Diarra (nota come Diafunu in soninké) già dal VII secolo d.C., provenienti dalla regione di Dia più a sud-est. In epoca altomedievale questa zona faceva parte dell’Impero del Ghana, anche chiamato Wagadu, il primo grande regno saheliano noto per il controllo del commercio dell’oro e degli schiavi. Dopo la riduzione del commercio nel Tardo Antico, la conquista araba delle ex province romane in Nord Africa portò a una vera e propria esplosione del traffico di schiavi.
Un evento che favorì l’emergere di Diarra come entità autonoma fu la crisi dell’Impero del Ghana a metà dell’XI secolo. Nel 1054, la città carovaniera di Audaghost (o Aoudaghost), importante emporio del Ghana situato ai margini del Sahara, fu conquistata dai guerrieri almoravidi provenienti dal Maghreb. Questa conquista destabilizzò il dominio del Ghana sulle sue province più occidentali. Proprio in questo frangente il governatore soninké del Diafunu colse l’opportunità per affrancarsi. Attorno alla metà del XI secolo, infatti, i sovrani locali – noti col titolo di Mana Maga – proclamarono l’indipendenza, fondando un nuovo regno sotto la dinastia Niakhate. Contestualmente, la vecchia capitale Sain Demba sarebbe stata distrutta durante i conflitti e rimpiazzata dalla nuova città di Diarra, che diede il nome all’intero regno nascente.
Carovane di mercanti attraversavano il suo territorio scambiando oro, sale, avorio e altri beni, e Diarra fungeva da crocevia tra le rotte che univano il bacino del fiume Senegal, la valle del Niger e le terre dei Berberi a nord. Alcune fonti storiche attribuiscono ai re di Diarra anche conquiste militari in questa fase: in particolare, lo studioso francese Maurice Delafosse riferisce che il regno riuscì perfino ad assoggettare il vicino Takrur, antico sultanato situato nel medio Senegal. Sebbene tale affermazione possa riflettere l’esaltazione delle tradizioni locali, essa indica l’influenza regionale raggiunta da Diarra nella seconda metà dell’XI secolo.

Un documento notevole che testimonia il prestigio di Diarra in questa epoca è il racconto del geografo arabo Yāqūt al-Ḥamawī. Egli narra di un re di Zafunu (nome arabo della regione di Diafunu) giunto in pellegrinaggio a Marrakech nei primi anni del XII secolo, quando quella città era capitale del regno almoravide. Secondo Yāqūt, il sovrano almoravide (definito “portatore del velo”) accolse l’ospite africano scendendo da cavallo e rendendogli omaggio, mentre il re di Zafunu rimase a cavallo senza dover contraccambiare la deferenza. Questo aneddoto suggerisce che il monarca di Diarra fosse considerato alla stregua di un pari dai potenti emiri berberi dell’epoca, indice di uno status politico elevato e di una consapevolezza del proprio potere. Gli storici moderni tuttavia mettono in guardia: il termine “Zafunu” usato nelle cronache potrebbe riferirsi in senso lato all’antico Ghana ancora esistente in quegli anni, ma è plausibile che Diarra (o una sua variante locale) ne fosse effettivamente il protagonista. In ogni caso, l’aneddoto evidenzia l’importanza del regno soninké nelle relazioni trans-sahariane del XII secolo.
Verso la fine del XII secolo, lo scacchiere politico del Sahel occidentale subì nuovi mutamenti. L’Impero del Ghana, già indebolito, fu soppiantato dall’ascesa di regni successori. Intorno al 1150 le fonti indicano che Diarra tornò temporaneamente sotto l’influenza di Wagadu, ossia di ciò che rimaneva dell’impero ghanese. Pochi decenni dopo emerse la potenza del Sosso (o Susu): un popolo mandingo guidato dal leggendario re Soumaoro Kanté che creò un proprio impero nella regione di Kaniaga.
Diarra, trovandosi a nord del Mandé, rientrò anch’esso nella sfera di dominazione del regno dei Sosso all’inizio del XIII secolo. Soumaoro Kanté estese il suo controllo sulle antiche terre del Ghana, e le cronache orali del Mali riferiscono che proprio a Kaniaga (identificata con il Sosso) sorse il principale antagonista che sarebbe poi stato sconfitto dal fondatore dell’Impero del Mali. Nel 1235, infatti, la famosa battaglia di Kirina vide il principe mandingo Sundiata Keita sconfiggere definitivamente Soumaoro e porre fine al regno Sosso. Questo evento segnò la nascita dell’Impero del Mali, destinato a diventare il nuovo egemone dell’Africa occidentale. Diarra, in quanto ex dominio dei Sosso (chiamato anche Kaniaga nelle fonti), fu integrato nell’impero maliano in espansione. Lo storico polacco Tadeusz Lewicki ha definito a tal proposito il regno di Zafunu/Diarra un “état soudanais médiéval inconnu” (uno stato sudanese medievale sconosciuto), sottolineando come per lungo tempo la sua esistenza sia stata trascurata rispetto ai più noti imperi di Ghana e Mali.
Dinastie locali e autonomia nel XV-XVI secolo
Nel quadro dell’Impero del Mali (XIII-XIV secolo), la regione di Diarra – spesso menzionata come Diafunu – fu probabilmente amministrata come provincia periferica. L’islam divenne la religione di corte dell’Impero del Mali, ma le popolazioni soninké di Diarra conservarono in buona parte le proprie credenze tradizionali e strutture sociali autonome. Verso la fine del XIV secolo e soprattutto nel XV secolo, l’Impero del Mali entrò in declino: il potere centrale mandingo si indebolì e molte regioni vassalle riguadagnarono l’indipendenza de facto. Questo contesto favorì un nuovo capitolo nella storia di Diarra.
La dinastia Niakhate, che reggeva Diarra sin dal XI secolo, aveva mantenuto l’autorità locale anche sotto gli imperi dominanti, ma secondo le tradizioni raccolte dallo storico Djibril T. Niane essa cadde in disgrazia a causa della tirannia dei suoi ultimi sovrani. In particolare, all’inizio del XV secolo il re Seriba Niakhate – descritto come crudele e dispotico – fu rovesciato in una rivolta. Seriba sarebbe fuggito dal regno riparando nella regione di Bamako, a sud, mentre a Diarra il potere passò nelle mani di un capo carismatico di origini modeste: Daman Guilé Diawara. Costui, stando alle cronache orali soninké riportate da Fodé Cissé, era un rinomato cacciatore originario del paese Mandé (la patria dei Mandinghi) che divenne il nuovo re fondando così la dinastia Diawara a Diarra. La figura del “cacciatore-eroe” è un motivo ricorrente nella cultura mandinga e soninké, simbolo di virtù e protezione della comunità; nel caso di Daman Guilé, il suo avvento segnò una sorta di rinnovamento dinastico per il regno.
Sotto la guida della nuova dinastia, Diarra sperimentò una rinascita politica ed economica. Libero dalla stretta influenza dell’Impero del Mali (ormai in fase calante), il regno si affermò nuovamente come centro di scambi carovanieri indipendente. La posizione geografica di Diarra, a cavallo tra la zona del Sahel e le vie verso il Sahara, continuò a garantire introiti grazie al traffico di sale, oro e altri prodotti pregiati. I re Diawara adottarono il titolo di “Faren” (termine che significa “governatore”), a indicare forse una concezione più territoriale del loro dominio rispetto ai Mana Maga precedenti. Daman Guilé Diawara regnò stabilendo le basi della stabilità dinastica; gli succedette il figlio Kouria Mamadou, e poi il nipote Silamaghan. Quest’ultimo, alla sua morte, divise il regno tra i propri figli, i quali però entrarono ben presto in conflitto tra loro, indebolendo l’unità di Diarra.

Intanto sullo scenario regionale erano emerse nuove minacce. Ad oriente, lungo il medio Niger, l’Impero Songhai (o Songhay) era in piena espansione nel XV-XVI secolo, conquistando molti degli ex territori del Mali. A occidente, nella valle del Senegal, si assisteva al crescere dell’influenza di popolazioni fula (o Peul) e di regni wolof. Diarra si trovò dunque pressato tra potenti vicini: a sud-est i Songhai, a ovest i Fula islamizzati provenienti dal Futa Toro. Una figura di spicco fu il guerriero fula Koli Tenguella (conosciuto anche come Koli Tenella), che verso la fine del XV secolo radunò attorno a sé un esercito di pastori Peul decisi a ritagliarsi un proprio regno nel Macina e nel bacino del Senegal. Tenguella iniziò ad attaccare territori un tempo sotto il Mali, destabilizzando la regione: attorno al 1480 entrò in conflitto anche con i residui poteri maliani. Negli anni successivi avanzò le sue incursioni sempre più a est, minacciando le vie commerciali e le provincie occidentali dell’Impero del Mali, fino a interferire persino con il controllo dei ricchi giacimenti auriferi del Bambuk.
All’inizio del XVI secolo, Tenguella era divenuto così potente da sfidare apertamente sia i maliani sia i Songhai per l’egemonia nel Sahel occidentale. Nel 1511 il condottiero fula invase il Regno di Diarra, probabilmente vedendolo come un ostacolo o un territorio strategico per consolidare il proprio dominio. Di fronte all’aggressione, i governanti di Diarra scelsero di chiedere aiuto all’Impero Songhai, allora retto dall’imperatore Askia Mohammad I. La risposta fu rapida: nel 1512 un forte contingente songhai guidato da Umar Komadıago (fratello dell’Askia) attraversò con una marcia di due mesi le distese desertiche e giunse in soccorso di Diarra. Lo scontro fu decisivo: Umar Komadıago affrontò le truppe di Koli Tenguella, sconfiggendole e uccidendo lo stesso Tenguella in battaglia nel 1512. Dopo questa vittoria, è probabile che il Regno di Diarra abbia giurato fedeltà all’Impero Songhai, riconoscendone la suzeraineté in cambio della protezione garantita. La sconfitta di Tenguella pose fine alla minaccia immediata dei Fula di Futa Toro (che tuttavia in seguito avrebbero fondato l’Impero Denianke nel Futa Toro stesso). Per Diarra iniziò un lungo periodo di relativa tranquillità sotto l’ala dei Songhai, durante il quale il regno mantenne una certa autonomia interna pur essendo formalmente vassallo.
Declino dell’indipendenza e dominazioni nel XVII-XVIII secolo
L’integrazione di Diarra nell’impero Songhai durò alcuni decenni, ma fu destinata a terminare bruscamente alla fine del XVI secolo. Nel 1591, infatti, l’esercito marocchino inviato dal sultano Ahmad al-Mansur conquistò Timbuctù e sbaragliò le forze songhai nella battaglia di Tondibi, causando la caduta del grande Impero Songhai. Il vuoto di potere che ne seguì nelle regioni del medio Niger e del Sahel occidentale provocò un’epoca di frammentazione politica: vari regni locali e signorie guerriere si contesero l’eredità dei Songhai. Diarra, trovandosi lontano dai centri nevralgici controllati dai nuovi pasha marocchini (che si concentrarono soprattutto su Timbuctù e Gao), poté probabilmente ritornare a una condizione di indipendenza regionale all’inizio del XVII secolo. Tuttavia, quell’indipendenza era precaria: la regione entrò nell’orbita di forze emergenti come i Bambara e subì le pressioni delle comunità Fula islamizzate.
Nel corso del XVIII secolo, il potere in Mali occidentale fu conteso in particolare da due regni di etnia bambara: Ségou e Kaarta. La posizione di Diarra era intermedia tra questi potentati bambara occidentali e le terre più a nord. Alla metà del Settecento il Regno di Diarra, ormai ridotto nelle dimensioni e circondato da vicini più potenti, non poté resistere all’espansionismo bambara: nel 1754 il reame di Kaarta invase Diarra, annettendolo come stato vassallo. Questa conquista segnò la fine dell’autonomia di Diarra dopo secoli: d’ora in poi il territorio fu governato da rappresentanti o alleati del re di Kaarta, e i sovrani locali di Diarra persero gran parte del loro potere effettivo.
Nonostante la sottomissione politica, la popolazione soninké di Diarra continuò a mantenere la propria identità culturale. Le strutture sociali tradizionali – basate su caste di agricoltori, guerrieri, artigiani e griot (cantori custodi della storia orale) – rimasero intatte. Sul piano religioso, la penetrazione dell’Islam era aumentata nel corso dei secoli: molti soninké avevano abbracciato la fede musulmana, soprattutto nelle élite mercantili e nelle famiglie nobili, ma persistettero anche pratiche religiose tradizionali animiste, soprattutto tra il popolo. Questa mescolanza caratterizzò la cultura locale fino al XIX secolo, quando le guerre di religione toucouleur avrebbero imposto l’Islam in modo più radicale.
La fine del regno
Nella prima metà del XIX secolo, l’Africa occidentale fu scossa da una serie di guerre di conquista ispirate dal fervore religioso islamico riformatore. In diverse regioni saheliane emersero leader musulmani decisi a rovesciare i regni considerati “pagani” o islamicamente “tiepidi”, fondando nuovi stati teocratici. In questo contesto si inserisce l’ascesa di El Hadj Omar Saïdou Tall, un condottiero tukulor (o toucouleur, appartenente al popolo Fula del Futa Toro) che, dopo un pellegrinaggio alla Mecca, intraprese una jihad per creare un impero islamico nell’alto bacino del Senegal e del Niger.
Omar Tall iniziò la sua campagna militare attorno al 1852 e rapidamente sconfisse una serie di regni: annientò l’Imamato Futa Toro (guidato da altri Fula, ma suoi rivali), si impadronì del regno Bambara di Kaarta nel 1855, e pose nel mirino il più grande regno pagano rimasto, quello di Ségou dei Bambara.
Quando Kaarta cadde sotto i colpi di Omar Tall, anche il destino di Diarra era segnato. Diarra all’epoca era formalmente un vassallo di Kaarta (come visto, dal 1754), ma potrebbe aver riacquistato una certa autonomia locale subito dopo la sconfitta di Kaarta, approfittando del momentaneo vuoto di potere. Le forze toucouleur però procedettero ad occupare sistematicamente i territori un tempo controllati dai Bambara. Il sovrano di Diarra in quegli anni era Biranté Karounga Diawara, ultimo discendente della dinastia Diawara. Egli inizialmente riparò fuori dalla capitale tentando di organizzare una resistenza, e pare abbia cercato l’appoggio degli stessi Bambara di Ségou per contrastare l’avanzata di Omar Tall. Tuttavia, il vantaggio tecnologico e strategico dei toucouleur – dotati anche di armi da fuoco come i cannoni – rese vano ogni tentativo di opposizione locale.
Nel 1859 le truppe di Omar Tall penetrarono nel territorio di Diarra, occupando varie località. Fonti francesi dell’epoca (come le cronache militari di Louis Ducoudray) narrano di rapide incursioni a sorpresa che debellarono i focolai di resistenza soninké. Finalmente, nel maggio 1860, il re Biranté Karounga Diawara fu catturato dagli uomini di Omar Tall. Il conquistatore toucouleur, deciso a eliminare simbolicamente ogni potere tradizionale “infedele”, fece giustiziare il sovrano di Diarra il 31 maggio 1860, ponendo così fine a oltre 800 anni di regno indipendente soninké. Una conquista che, per puro caso, ebbe una cronologia simile a quella dell’impresa dei Mille.
La caduta di Diarra fu davvero brutale: il regno venne annesso al neonato Impero Toucouleur, e molti dei suoi abitanti furono convertiti forzatamente all’Islam o ridotti in schiavitù nelle guerre di conquista (pratica comune nelle jihad dell’epoca). I centri abitati e i luoghi di culto tradizionali subirono distruzioni e saccheggi. Con la scomparsa della sua dinastia e l’integrazione forzata nell’entità toucouleur, il Regno di Diarra cessò formalmente di esistere.
La fine del Regno di Diarra si inserisce nel quadro della tumultuosa epoca di trasformazioni del XIX secolo in Africa occidentale. Meno di un decennio dopo, nel 1864, lo stesso Omar Tall morì, lasciando il suo impero in crisi; nel giro di pochi anni i Francesi avrebbero approfittato della frammentazione politica per colonizzare la regione. Tuttavia, il retaggio culturale di Diarra non scomparve: la nazione soninké mantenne vive le proprie tradizioni, la lingua e la memoria storica dei regni passati. Ancora oggi i Soninké del Mali e della Mauritania ricordano l’antico regno di Diarra (o Diafounou) come parte integrante della loro eredità storica. Studi accademici moderni – come quelli di Djibril T. Niane nel quadro della UNESCO General History of Africa e di altri storici – hanno riportato l’attenzione su questo regno dimenticato, documentandone il contributo alla storia politica, economica e culturale dell’Africa occidentale precoloniale.
BIBLIOGRAFIA:
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- Shillington, Kevin. History of Africa. 2nd ed. New York: Palgrave Macmillan, 2005.
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