Origini e invenzione (1880-1890)
Verso la fine del XIX secolo, gli Stati Uniti cercavano un metodo di esecuzione più umano rispetto all’impiccagione. Numerosi casi di impiccagioni malriuscite avevano infatti scosso l’opinione pubblica, spingendo le autorità a trovare alternative più rapide e meno crudeli. In questo contesto di fervore scientifico, l’elettricità – una forza allora nuova e affascinante – emerse come possibile soluzione. Nel 1881 Alfred P. Southwick, un dentista di Buffalo (New York) con conoscenze tecniche, assistette alla presentazione di un caso insolito: un operaio rimasto folgorato da un generatore elettrico era morto all’istante, senza segni esterni.
Ispirato da quell’evento, Southwick iniziò a sperimentare con l’elettricità come strumento di esecuzione, ipotizzando che una scarica ben dosata potesse uccidere rapidamente e senza sofferenza. Insieme al medico George E. Fell e ad altri colleghi, condusse centinaia di prove su animali randagi per perfezionare una tecnica affidabile: sperimentarono variazioni di voltaggio, posizionamento degli elettrodi e perfino l’immersione degli animali in acqua, finché riuscirono a trovare un metodo ripetibile per procurare una morte immediata tramite elettricità. Sulla base di questi risultati, Southwick pubblicò studi nel 1882-1883 proponendo l’elettrocuzione come metodo più umano per applicare la pena capitale al posto della forca. Per immobilizzare il condannato, egli adattò una robusta poltrona odontoiatrica, dando vita a quello che presto sarebbe divenuto noto semplicemente come “sedia elettrica”.
Nel 1886 il governatore di New York, David B. Hill, istituì una commissione per trovare un nuovo metodo di esecuzione. Presieduta dal giurista riformatore Elbridge T. Gerry (da cui prese il nome di Gerry Commission), la commissione esaminò varie tecniche (dalla garrota al plotone d’esecuzione) e raccolse opinioni di esperti medici e legali in tutto lo stato. Pur rilevando che molti preferivano ancora la semplice abolizione della pena di morte, la commissione identificò nell’energia elettrica il mezzo più promettente per un’esecuzione rapida e certa.
“Probabilmente l’agente più potente per distruggere la vita umana è l’elettricità,” riferì la commissione, convinta che la morte sarebbe stata istantanea e “al di là di ogni dubbio” in termini di efficacia. Questo parere aprì la strada all’approvazione, nel 1888, della prima legge al mondo che autorizzava “una corrente elettrica di intensità sufficiente a causare la morte” come metodo legale di esecuzione nello Stato di New York.
Thomas Edison, Westinghouse e la “guerra delle correnti”
Proprio negli stessi anni si combatteva la celebre “guerra delle correnti” tra Thomas Edison e George Westinghouse, pionieri di due sistemi elettrici concorrenti. Edison sosteneva la corrente continua (DC), mentre Westinghouse promuoveva la corrente alternata (AC) – più efficiente per trasmettere elettricità su lunghe distanze, ma ritenuta da Edison più pericolosa per la sua alta tensione.
Determinato a dimostrare i rischi dell’alternata, Edison avviò una campagna mediatica senza precedenti: invitò giornalisti nel suo laboratorio di West Orange (New Jersey) per assistere a macabre dimostrazioni in cui folgorava animali di varie dimensioni (da gatti a cavalli) con corrente AC a circa 1.000 volt, evidenziandone l’elevato potere letale. Allo stesso tempo, quando la commissione di New York iniziò a vagliare l’elettrocuzione, Edison – pur essendo personalmente contrario alla pena capitale – colse l’opportunità per promuovere l’uso della corrente alternata del rivale come strumento di morte, così da screditarla agli occhi del pubblico.
Nei suoi contributi, Edison “aiutò” la commissione raccomandando esplicitamente l’uso di generatori a corrente alternata, suggerendo che in futuro si sarebbe potuto dire di un condannato che era stato “westinghousato” anziché impiccato. In altre parole, propose che il nome di Westinghouse diventasse sinonimo di esecuzione elettrica – un’idea propagandistica volta a legare la corrente AC del rivale alla morte violenta.

La commissione accolse la proposta di Edison e acquistò (anche tramite intermediari, dato che Westinghouse rifiutava di vendere volontariamente i propri macchinari per questo scopo) dei generatori AC prodotti dalla Westinghouse Electric, destinati ad alimentare la prima sedia elettrica. Westinghouse, dal canto suo, finanziò i ricorsi legali contro l’adozione dell’elettrocuzione e scrisse lettere ai giornali sostenendo che la corrente alternata fosse sicura nell’uso quotidiano. Tuttavia, gli sforzi di bloccare il nuovo metodo fallirono: con l’appoggio silenzioso di Edison e l’entusiasmo della commissione Gerry, New York costruì la sua prima sedia elettrica e si preparò a utilizzarla per giustiziare un uomo condannato a morte
La prima esecuzione: William Kemmler (1890)
Il primo banco di prova arrivò l’alba del 6 agosto 1890 nel carcere di Auburn, New York. Il condannato era William Kemmler, un venditore ambulante di origini tedesche, riconosciuto colpevole dell’omicidio della compagna durante una lite. Quella mattina Kemmler, dopo aver pregato e fatto colazione, fu condotto nella stanza dell’esecuzione davanti a 25 testimoni ammessi per l’evento. I secondini lo assicurarono saldamente alla sedia di quercia, con cinghie di cuoio a bloccare arti e busto, e con gli elettrodi applicati al capo e alla schiena (collegati a un generatore Westinghouse). Prima di essere bendato, Kemmler si rivolse serenamente ai presenti: «Gentlemen, I wish you all good luck. I’m in no hurry» (“Signori, vi auguro buona fortuna. Io non ho fretta”), mostrando una calma sorprendente.
Alle 6:38 del mattino il boia, Edwin F. Davis (ufficialmente nominato “elettricista di stato”), attivò la corrente. Un impulso da circa 1.000 volt attraversò il corpo di Kemmler per 17 secondi, facendogli perdere conoscenza. Tuttavia, quando i medici si avvicinarono per constatarne il decesso, si accorsero che l’uomo respirava ancora debolmente: il suo cuore non si era fermato. A quel punto, il dottor Carlos MacDonald gridò: «Di nuovo la corrente, in fretta, niente ritardi!»
Ci vollero alcuni istanti per ricaricare il generatore; poi arrivò un secondo terribile flusso – questa volta di circa 2.000 volt – . La scena che seguì fu agghiacciante: dai punti di contatto uscirono fumo e scintille, i capillari sotto la pelle di Kemmler si ruppero causando fuoriuscite di sangue, e alcuni testimoni riferirono di aver visto il corpo prendere fuoco. L’aria si riempì di un odore acre di carne bruciata, tanto che «il fetore era insopportabile», riportò il New York Times.
Dopo circa otto minuti dall’inizio dell’esecuzione, il medico dichiara che Kemmler è morto. Due dei presenti svennero e molti altri vomitarono o fuggirono sconvolti dalla camera della morte. I giornali descrissero l’evento come un “esperimento orribile” e “disgustoso, nauseante e inumano”, mentre un autorevole quotidiano lo definì “ben peggiore dell’impiccagione”. George Westinghouse, informato dell’accaduto, commentò amaramente: «Avrebbero fatto meglio a usare un’ascia».
La prima esecuzione elettrica, che avrebbe dovuto dimostrare la superiorità di questo metodo, si trasformò dunque in un bizzarro spettacolo di orrore. Ciononostante, dal punto di vista legale l’esecuzione fu un successo nella misura in cui aveva raggiunto il risultato voluto. Già a maggio 1890, poco prima dell’evento, la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva respinto l’ultimo appello di Kemmler (caso In re Kemmler), dichiarando che l’elettrocuzione nonera di per sé una punizione “crudele e insolita” e non incontrava alcun divieto costituzionale. La Corte riconobbe che punizioni crudeli sono quelle che implicano “tortura o una morte prolungata”, e ritenne che il legislatore di New York – introducendo la sedia elettrica – avesse agito con l’intento di ideare un metodo più umano rispetto al passato. In tutto questo, Edison si rallegrava per la prima persona westinghousata nella storia.
In breve: l’orribile esito nel caso Kemmler venne attribuito a limiti tecnici di un metodo ancora nuovo, non a una crudeltà intrinseca dello strumento. Di fatto, dopo Auburn 1890, l’elettrocuzione rimase in vigore e continuò a essere applicata.
Diffusione negli Stati Uniti (1890-1940)
Nonostante le polemiche iniziali, molti altri stati americani adottarono l’esecuzione tramite sedia elettrica. Nel 1897 l’Ohio divenne il secondo stato ad abbandonare la forca in favore dell’elettrocuzione: i primi due giustiziati a Columbus, William Haas e William Wiley, morirono sulla sedia elettrica dell’Ohio ad appena sette anni di distanza dal caso Kemmler. Il Massachusetts installò la sua sedia elettrica nel 1900, seguito dal New Jersey nel 1906 e dalla Virginia nel 1908. Entro i primi decenni del Novecento, 26 stati dell’unione (oltre al Distretto di Columbia, al governo federale e all’esercito americano) avevano introdotto l’elettrocuzione come metodo di esecuzione legale. In molti luoghi la sedia elettrica rimpiazzò completamente il patibolo e divenne il simbolo stesso della pena capitale: alcuni detenuti e parte del personale carcerario la soprannominarono – con macabra ironia – “Old Sparky” (“il vecchio scintillante”).

Negli stessi anni si registrarono alcuni eventi significativi legati all’uso della sedia elettrica. Nel 1899, a Sing Sing (New York), Martha M. Place divenne la prima donna a essere giustiziata su una sedia elettrica, per omicidio. Nel 1901, sempre a Auburn, fu la volta di Leon Czolgosz, l’anarchico condannato per l’assassinio del Presidente William McKinley: la sua elettrocuzione, avvenuta il 29 ottobre 1901, suscitò enorme attenzione mediatica e confermò tragicamente la fama del nuovo strumento. Anche al di fuori degli Stati Uniti si guardava a questo metodo: quando le Filippine divennero un territorio amministrato dagli USA, adottarono anch’esse la sedia elettrica (dal 1926 al 1976) per eseguire condanne capitali. Un triplice omicidio particolarmente efferato portò nel 1972 a una delle esecuzioni più note nelle Filippine, quando tre condannati morirono insieme sulla sedia elettrica per il rapimento e stupro di una giovane attrice.
Ciò nonostante, l’elettrocuzione rimase essenzialmente un fenomeno statunitense: altrove prevalsero altri metodi (come la ghigliottina in Francia, il garrote in Spagna o l’impiccagione in molti paesi).
Tra il 1890 e la metà del XX secolo, negli Stati Uniti morire sulla sedia divenne una tetra routine per centinaia di condannati, con un’aura di modernità tecnologica che paradossalmente mascherava la violenza dell’atto. La procedura veniva costantemente affinata per migliorarne l’efficacia. Già nel 1899 alcuni studi scientifici chiarirono che la morte per folgorazione avviene principalmente a causa della fibrillazione ventricolare e dell’arresto cardiaco indotto dall’alta tensione, più che per danni cerebrali diretti. Tale scoperta confermò l’idea che un’applicazione corretta della corrente potesse provocare un decesso relativamente rapido e “pulito”. In pratica, fino alla metà del Novecento, la sedia elettrica rimase il metodo dominante di esecuzione negli Stati Uniti, dando un carattere cupamente tecnologico alla pena di morte dell’epoca.
Incidenti e malfunzionamenti celebri
Sin dai primi utilizzi, la sedia elettrica è stata protagonista di malfunzionamenti e casi limite che ne hanno messo in dubbio l’umanità e l’infallibilità. Il primo a sopravvivere alla sedia – seppur temporaneamente – fu Willie Francis, un adolescente afroamericano condannato a morte in Louisiana. Il 3 maggio 1946, a soli 17 anni, Willie venne legato a una sedia elettrica portatile (chiamata Gruesome Gertie) nel penitenziario di Angola. Quando il boia azionò l’interruttore, qualcosa andò storto: invece di morire sul colpo, il ragazzo iniziò a gridare «Toglietelo! Lasciatemi respirare!», implorando che venisse interrotta la corrente
I testimoni, atterriti, assistettero al fallimento dell’esecuzione. C’era stato, come si scoprì poi, un errore di montaggio: la sedia non era stata correttamente assemblata e calibrata, complice l’ubriachezza di un secondino che aveva contribuito a predisporla. Francis, vivo ma scosso e con ustioni sul corpo, ritornò in cella. Il caso sollevò immediatamente questioni legali e morali: poteva lo Stato sottoporlo di nuovo alla sedia elettrica senza violare il divieto di “doppia incriminazione” o il divieto di pene crudeli? Dopo una battaglia giudiziaria, nel 1947 la Corte Suprema degli Stati Uniti stabilì (caso Louisiana ex rel. Francis v. Resweber) che ripetere l’esecuzione non costituiva punizione crudele né un secondo giudizio. Alla base del fallimento c’era stato infatti un incidente involontario e non a un’intenzione di infliggere dolore. Secondo la Corte, la sofferenza patita da Willie Francis era paragonabile a un evento accidentale (come un incendio in cella) e non rendeva la seconda esecuzione più crudele di qualsiasi altra esecuzione capitale legittima. Tragicamente, dunque, i secondini portarono di nuovo Willie Francis alla sedia elettrica il 9 maggio 1947 e questa volta la scarica fu fatale, spegnendo la sua vita a soli 18 anni.
Nel dopoguerra e ancor più negli ultimi decenni del Novecento, vari episodi di esecuzioni malriuscite hanno alimentato le critiche contro la sedia elettrica. Un caso spesso citato fu quello di John Evans, giustiziato in Alabama nel 1983. Al primo colpo di corrente, scintille e fiamme esplosero dall’elettrodo fissato alla sua gamba, appiccando un piccolo incendio intorno alla cinghia. Del fumo si sprigionò anche dal casco sulla testa. I medici constatarono che Evans respirava ancora e le sue pulsazioni non si erano arrestate. Dovettero quindi applicare un secondo e un terzo ciclo di corrente. Finalmente, dopo 14 minuti, il condannato spirò, lasciando il corpo carbonizzato e fumante sulla sedia. Un testimone riferì che l’odore di carne bruciata riempì la stanza ed era insostenibile.
In Florida, dove la sedia elettrica era soprannominata “Old Sparky”, tre incidenti ravvicinati negli anni ’90 scossero l’opinione pubblica. Nel maggio 1990 toccàò all’assassino Jesse Tafero. Durante l’esecuzione, fiamme di circa 15 cm guizzarono dalla sommità della sua testa, costringendo a erogare ben tre scariche successive prima che Tafero cessasse di respirare
Un’indagine accertò che il terribile incidente era stato causato da un errore umano “involontario”. Per la spugna imbevuta d’acqua del casco era stata usata una spugna sintetica anziché naturale, materiale che al passaggio dell’alta tensione si surriscaldò fino a bruciare. Sette anni dopo, nel marzo 1997, un caso analogo si verificò con Pedro Medina. Anche in quella esecuzione, testimoni riferirono di fiamme ancor più alte (circa 30 cm) sprigionatesi dalla testa del condannato, accompagnate da fumo denso nella camera. Di nuovo l’autopsia attribuì l’accaduto a una spugna non ben inumidita che aveva preso fuoco.
Nel 1999 fu la volta di Allen Lee Davis. Benché non vi fossero fiamme, Davis subì un’emorragia nasale così forte da macchiare di sangue la camicia bianca che indossava. Le fotografie del suo corpo insanguinato, scattate immediatamente dopo l’esecuzione, trapelarono dagli atti giudiziari e fecero il giro del mondo, alimentando un acceso dibattito sulla crudeltà di questa forma di esecuzione. Alcuni giudici della Corte Suprema della Florida espressero pubblicamente il loro sdegno. Il giudice Leander Shaw, in dissenso, allegò addirittura le fotografie di Davis al proprio parere per sottolineare la barbarie del metodo.
Questi ed altri episodi (inclusi casi in Virginia, Georgia e altri stati) mostrarono che l’elettrocuzione, lungi dall’essere una “scienza esatta”, poteva trasformarsi in uno spettacolo raccapricciante. Secondo una ricerca, tra il 1890 e il 2010 circa il 2% delle oltre 4.300 esecuzioni su sedia elettrica negli Stati Uniti sono state “botched” – cioè esecuzioni tecnicamente malriuscite, con prolungata agonia o imprevisti macabri. Tali incidenti non fecero che rafforzare, col tempo, la percezione pubblica della sedia elettrica come un dispositivo crudele e antiquato, indegno di una società civile.
Declino e stato attuale della sedia elettrica
A partire dalla metà del XX secolo, la sedia elettrica fu utilizzata sempre più di rado, in parallelo all’evoluzione del dibattito sulla pena di morte negli Stati Uniti. Nel 1972 la sentenza Furman v. Georgia della Corte Suprema provocò una moratoria de facto sulle esecuzioni capitali a livello nazionale, dichiarando incostituzionale l’applicazione arbitraria della pena di morte (qualunque fosse il metodo). Per alcuni anni non vi furono condanne a morte eseguite. Nel 1976, però, la Corte Suprema revocò la moratoria con Gregg v. Georgia, permettendo ai vari stati di ripristinare la pena capitale sotto nuove linee guida. Fu in questo clima che emerse una nuova alternativa: l’iniezione letale, proposta come metodo più umano e “medico” di porre fine alla vita del condannato. Il primo stato ad adottare l’iniezione letale fu l’Oklahoma (1977), seguito rapidamente dal Texas, che nel 1982 effettuò la prima esecuzione al mondo con questo metodo. Molti altri stati seguirono negli anni ’80 e ’90.

Di conseguenza, già a fine anni ’80 la sedia elettrica perse il suo primato, diventando sempre più spesso un’alternativa e non la prima scelta. La Florida e alcuni stati del sud inizialmente resistettero al cambiamento, continuando a utilizzare Old Sparky per tutto il decennio 1980-90. Nel 1979 la Florida fu il primo stato a riprendere le esecuzioni capitali post-Gregg e lo fece proprio con la sedia elettrica (caso di John Spenkelink, maggio 1979). Tuttavia, gli incidenti degli anni ’90 in Florida descritti poc’anzi posero la sedia elettrica sotto nuova luce. Dopo il caso Davis del 1999 e di fronte al rischio che la Corte Suprema federale intervenisse sul serio, anche gli strenui difensori dell’elettrocuzione cedettero.
All’inizio del 2000, su impulso del governatore Jeb Bush, la Florida modificò in emergenza la legge adottando l’iniezione letale come metodo predefinito di esecuzione. La sedia elettrica rimase solo come opzione secondaria su richiesta del condannato. In quello stesso periodo anche altri stati completarono la transizione: la Georgia passò all’iniezione nel 2001 dopo aver elettrocutato 441 prigionieri dal 1924. Il Missouri e l’Arkansas già da metà anni ’90 avevano accantonato le sedie. L’Alabama effettuò la sua ultima esecuzione obbligatoria su sedia elettrica nel 2002 (Lynda Lyon Block fu l’ultima a non avere scelta del metodo). Nel 2008, un evento storico segnò la fine simbolica dell’era Old Sparky. La Corte Suprema del Nebraska dichiarò che la sedia elettrica costituiva una punizione “crudele e inusuale” secondo la Costituzione dello stato, bandendone l’uso. Il Nebraska era l’ultimo stato che fino ad allora impiegava solo l’elettrocuzione senza alternative. Quella sentenza, di fatto, mise fuori legge la sedia elettrica nell’unico luogo che ancora vi faceva affidamento esclusivo.
Oggi, all’inizio degli anni 2020, la sedia elettrica sopravvive solo come rarità giuridica in alcuni stati americani, spesso come metodo secondario opzionale. La grande maggioranza delle condanne a morte negli USA arriva tramite iniezione letale, ritenuta – a torto o a ragione – più umana. Eppure, in alcuni ordinamenti, i condannati possono ancora scegliere la sedia elettrica al posto dell’iniezione. Stati come Alabama, Florida, Tennessee e Kentucky mantengono nei loro codici l’elettrocuzione, ma quasi esclusivamente su richiesta del detenuto e in particolare per coloro condannati prima di una certa data (quando la legge prevedeva quel metodo). Ad esempio, nel Tennessee nel 2018-2020 si sono avute diverse esecuzioni su sedia elettrica perché alcuni condannati a morte – di fronte alle incertezze dell’iniezione letale – hanno preferito il vecchio metodo. L’ultima è avvenuta nel febbraio 2020, quando Nicholas Sutton è morto sulla sedia elettrica a Nashville.
In Carolina del Sud, invece, un recente cambiamento normativo ha fatto discutere. Nel 2021 lo stato ha approvato una legge che reintroduce la sedia elettrica come metodo principale qualora i farmaci per l’iniezione non siano disponibili, obbligando il condannato a scegliere tra elettrocuzione o plotone d’esecuzione. Ciò rende la Carolina del Sud l’unica giurisdizione USA attualmente a prevedere l’elettrocuzione come metodo di default. Questa mossa ha suscitato immediati ricorsi legali e l’indignazione di attivisti per i diritti civili, che l’hanno definita un passo indietro verso un metodo più brutale e obsoleto.
Nel complesso, l’evoluzione dell’opinione pubblica riguardo alla sedia elettrica è passata attraverso una drastica inversione. Accolta nel 1890 come strumento moderno e “civilizzato” per eseguire la pena capitale – in contrapposizione all’idea delle forche medievali – essa è oggi considerata da molti come un simbolo di barbarie e di errori del passato. Le immagini inquietanti e le cronache dei suoi malfunzionamenti rimangono impresse nella memoria collettiva, dal fumo che aleggiava attorno alla testa di Kemmler all’odore di carne bruciata descritto dai testimoni, fino alle scintille di Old Sparky negli anni più recenti. Già nel 1890 un editoriale osservò che, sebbene l’intento fosse di trovare un metodo più umano, l’esito fu tale da far sembrare l’impiccagione “quasi un atto di misericordia” in confronto.
Oggi, con la sensibilità contemporanea, la sedia elettrica appare ancor di più un retaggio inquietante di un’altra epoca. Un marchingegno costruito con l’idea di una morte “scientifica” che però, nei suoi momenti peggiori, ha inflitto sofferenze indicibili. Non a caso, nel dibattito attuale sulla pena di morte, persino i sostenitori delle esecuzioni difficilmente difendono l’elettrocuzione.
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