La storia di Diego de Guevara, più noto come Jawdar Pasha, è una delle più entusiasmanti tra quelle dei c.d. rinnegati cristiani.
Tra il XVI e il XVIII secolo buona parte delle fortune marittime dell’Impero Ottomano è dovuto alla presenza di un gran numero di rinnegati cristiani che esercitano la guerra di corsa in nome (spesso neanche quello) del Sultano o dei regnanti barbareschi.
Intorno al 1560, una spedizione di Corsari Barbareschi riporta in Marocco quasi 300 ragazzi spagnoli. Tra di loro c’è Diego de Guevara, che viene castrato e messo al servizio dell’Harem del sovrano Al-Malik.
Una sorte senza dubbio infausta, quella del giovanissimo Diego. Tuttavia, un eunuco convertito, specie quando dotato delle capacità di Jawdar (questo il nuovo nome di Diego), ha la possibilità di fare una buona “carriera”.
Per quanto il 99% degli schiavi europei nelle terre islamiche finissero in condizioni analoghe a quelle degli schiavi in Europa o nelle colonie spagnole in America (servitù personale, lavoro forzato, remi, ecc.), alcuni di loro riuscirono a fare una discreta o addirittura ottima carriera. Il presupposto era proprio l’origine europea e avere delle capacità sopra la media. Al contrario, gli schiavi neri (Zanji) non avevano alcuna possibilità crescita sociale. Un argomento, questo, ben approfondito da Anna Maria Medici (Professoressa Associata Storia e Istituzioni dell’Africa a Urbino) in “Chiudere la porta della schiavitù. Tunisi 1816-1846“.
Non sappiamo se Jawdar abbia iniziato a sviluppare un interesse per la guerra, fatto sta che si dimostra ben presto più abile nelle cose militari che non nella cura dell’Harem, tanto da essere presente alla famosa battaglia del 1578 contro i portoghesi.
La nuova dinastia Saadi del Marocco non ha intenzione di rimanere in posizione difensiva su tutti i fronti (Ottomani e Portoghesi sono i suoi nemici più temibili), anzi, ha intenzione di mettere le mani sulle ricchezze – sempre più ridotte, a dire il vero – dell’impero Songhai, nell’odierno Mali (tra gli altri imperi subsahariani, ricordiamo anche l’Impero del Ghana).
I SONGHAI (da Treccani.it)
Popolazione stanziata lungo il medio Niger, parlante una lingua isolata, diffusa come lingua franca commerciale. Discendenti da autoctoni cacciatori, pescatori e agricoltori, i S. si fusero con genti berbere, subendone l’influenza. Il nome Songhai si estese anche all’impero, fondato verso il 690 dalla dinastia berbera dei Zaghawa-Lemta, che nell’11° sec. divenne musulmano sotto la dinastia dei Ǧa o Za: dopo la disfatta e l’occupazione decennale a opera del regno di Mali (1335-45), il regno Songhai riconquistò l’indipendenza sotto la dinastia Sonni ed estese la propria influenza sull’Adrar, il Bornu, il Borgu, lo Yatenga e il Kaarta, raggiungendo la massima potenza tra il 1493 e il 1591 sotto la dinastia Soninke degli Askia.
Jawdar Pasha parte da Marrakech con 4.000 uomini (1.500 cavalli leggeri, 2.500 archibugieri e 500 fanti con armi bianche). La sua guardia personale è composta da 80 mercenari cristiani. A preoccuparlo tremendamente sono le difficoltà logistiche, perché l’attraversamento del Sahara richiede tre mesi. Le piste da percorrere sono quelle che gli schiavisti e commercianti berberi percorrono da secoli, e che nel XVI secolo sono ancora fondamentali per l’approvvigionamento di schiavi neri da vendere nei mercati nordafricani. Un commercio su cui il Songhai ha un buon controllo e a cui deve buona parte delle sue fortune passate. Per questo, le carovane di supporto Jawdar contano 8.000 cammelli.
In General history of Africa, V: Africa from the sixteenth to the eighteenth century (1992), leggiamo che, dal punto di vista economico, l’Impero Songhai soffre in modo particolare la concorrenza del Portogallo nel controllo di alcuni mercati degli schiavi. Questo porta anche a un dissesto sociale rilevante e a problemi nell’approvvigionamento del cibo.
Nella capitale Songhai, la città di Gao, l’imperatore Askia Ishaq II si prepara a ricevere Jawdar con quasi 25.000 uomini tra fanti e cavalieri. Il campo di battaglia scelto da Askia è Tondibi, dove spera di poter sfondare le linee di Jawdar con la sua cavalleria. Prima di lanciare la carica dei suoi, Askia spinge contro i Marocchini una mandria di circa 1000 vacche, sperando di scompaginarne la formazione, ma Jawdar ordina di allargare i ranghi per permettere il passaggio degli animali. Secondo altre fonti, i Marocchini fanno fuoco sugli animali, spaventandoli a morte e facendoli tornare proprio verso le truppe africane.

Ad ogni modo, Askia maledice i propri consiglieri e si lancia all’attacco. Mentre le cavallerie sono impegnate in alcune scaramucce, Jawdar ha il tempo di posizionare gli archibugieri nel migliore dei modi, supportati da sei cannoni inglesi. Quando apre il fuoco sulla fanteria africana, è una carneficina. L’esercito Songhai resiste eroicamente per quasi un giorno, incalzato dagli uomini di Jawdar. La Battaglia di Tondibi, il 13 marzo 1591, e il conseguente sacco di Gao, Timbuctú e Djenné, segna la fine dell’Impero Songhai.
Jawdar rimane pasha della neonata provincia di Timbuctù. Osservando il palazzo imperiale di Askia, dice:
Il palazzo di Askiya è peggiore di quello di un capo mulattiere di Marrakesh.
Uomo di grande intelletto, si dimostra magnanimo risparmiando la vita di Askia che, tra l’altro, cerca di corromperlo in ogni modo possibile. Jawdar acquista un grande potere, governando in modo del tutto autonomo. Con il suo comportamento, si attira le ire di al-Manṣūr, che spedisce ogni anno un nuovo pasha per sostituirlo.
Jawdar li fa assassinare tutti e, attorno al 1599, torna in Marocco portando grandi doni e migliaia di schiavi al sovrano, che lo perdona. Purtroppo per lui, nel 1603 al-Manṣūr muore e, nella lotta per la successione, Jawdar parteggia per il pretendente più debole.
Diego de Guevara, che a dieci anni è stato strappato dalla fattoria spagnola dei suoi genitori, muore come Jawdar Pasha, il comandante eunuco, nel 1605, assassinato dal figlio del nuovo sovrano Muhammad al-Shaykh al-Ma’mun.7
Bibliografia:
- B.A. OGOT, General history of Africa, V: Africa from the sixteenth to the eighteenth century (1992);
- I.D. HAÏDARA, Jawdar Pasha et la Conquête Sâadienne du Songhay (1591-1599), (1996).
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