Siamo giunti all’ultima parte della serie dedicata al volume “Gli Arabi in Israele”. Dopo aver trattato il background storico di Israele, la guerra del 1948 e l’esodo arabo, e la ricostruzione, arriviamo alla conclusione, relativa alle attività culturali e religiose degli arabi, nonché alla loro partecipazione alla vita pubblica ed istituzionale.
ATTIVITA’ CULTURALI
“Kol Israel“, la stazione radio israeliana, mantiene tuttora un servizio in lingua Araba. Trasmette ogni giorno per un’ora e tre quarti in tre sessioni – mattina, mezzogiorno e sera. Le trasmissioni comprendono tre notiziari, discussioni settimanali sull’attualità, rassegne stampa e riassunti dei procedimenti parlamentari, come anche approfondimenti su argomenti popolari e scientifici. Mezz’ora al giorno è dedicata in modo specifico a programmi per le donne Arabe. Musica e canzoni Arabe costituiscono una parte importante della programmazione.
“Kol Israel” manda in onda anche saluti dagli Arabi in Israele ai loro famigliari che vivono all’estero. E’ l’unica stazione radio in lingua Araba in cui si parla con regolarità anche in Arabo “volgare”. Otto minuti al giorno ogni mattina, e quindici il Venerdì mattina, sono dedicati alla lettura di capitoli del Corano. Di Domenica, è trasmessa la liturgia Cristiana. Durante le festività Musulmane o Cristiane vengono trasmessi speciali programmi a carattere religioso, e spesso capita che questo avvenga in diretta da una chiesa o da una moschea.
Nel prossimo futuro è prevista una considerevole estensione delle trasmissioni in Arabo.
A Jaffa è stata stabilita una Biblioteca Centrale Araba, la quale contiene oltre 80.000 volumi e moltissimi vecchi manoscritti di valore. Il Ministero degli Affari Religiosi ha messo in salvo un gran numero di manoscritti e documenti Arabi, che sono stati consegnati alla comunità Musulmana di Jaffa.
La stampa in lingua Araba di Israele consiste in un quotidiano e due settimanali. Molti giornali Arabi costituiti nel Periodo Mandatario in quello che oggi è Israele, si sono ora trasferiti nel Regno di Giordania. Altri hanno cessato di esistere. La maggior parte di giornalisti Arabi professionisti ha lasciato il paese.
ISTITUZIONI RELIGIOSE
L’esodo, durante il conflitto, degli strati più abbienti della società Araba, ha colpito anche la vita religiosa Araba e le sue istituzioni. La maggior parte del personale religioso della comunità Musulmana – muftis, quadhis (giudici religiosi), predicatori, imam e gli insegnanti di istituzioni religiose – hanno lasciato il paese assieme agli altri.
Il Governo di Israele si è dunque ritrovato a gestire il difficile compito di mettere a disposizione servizi religiosi per i suoi cittadini Musulmani.
Gli stessi abitanti Arabi hanno mostrato poca iniziativa in questo ambito, così come in quello della salute e dell’educazione. Presso il Ministero degli Affari Religiosi è stato costituito un Dipartimento speciale per le comunità Musulmane e Druse.
Nonostante le considerevoli difficoltà, il Dipartimento è riuscito a ripristinare la vita religiosa Musulmana, da un lato riorganizzando le corti religiose Musulmane, che sono state investite della giurisdizione in materia di status personali, dall’altro mettendo a disposizione le sovvenzioni dei fondi Musulmani (waqfs) per il mantenimento della istituzioni religiose Musulmane.
Nell’estate del 1951, in Israele erano stati investiti 4 qadhis Musulamni, 12 ufficiali delle Corti Religiose Musulmane, 33 addetti alla registrazione dei matrimoni, 70 imams, 6 predicatori, 30 muezzins, 18 magazzinieri e giardinieri per la moschea. 16 religiosi e 4 commessi. Nell’estate del 1951, il totale degli ufficiali religiosi Musulmani in Israele era pari a 193, tutti stipendiati dal Governo o dalle elargizioni dell’amministrazione Waqf. Il Ministero degli Affari Religiosi ha inoltre fatto un altro passo in avanti stabilendo due consigli laici della comunità Musulmana, i quali godono di un’ampia autonomia nell’amministrazione degli interessi religiosi Musulmani. Altri di questi consiglio sono in via di formazione. Il Ministero impiega inoltre diversi ufficiali Musulmani nel suo staff permanente. Infine, ha costituito una sezione speciale del Ministero volta alla salvaguardia degli edifici religiosi Musulmani e pubblicato un esauriente report sull’argomento.
La vita religiosa degli Arabi Cristiani è stata meno toccata dalla guerra e dall’esodo Arabo rispetto a quella dei Musulmani, poiché la maggior parte delle Chiese Cristiane hanno mantenuto il loro staff e le loro istituzioni. Il fatto che un certo numero di confessioni cristiane fossero guidate dal clero non-Arabo ha facilitato il mantenimento degli uffici religiosi. D’altro canto, come già ricordato, la percentuale di Arabi Cristiani che lasciarono il paese era molto inferiore a quella degli Arabi Musulmani, con il risultato che la vita di tutti i giorni della comunità Cristiana ha ricevuto poco disturbo. Il Ministero degli Affari Religiosi mantiene un Dipartimento per gli Affari Cristiani, che lavora a stretto contatto con i capi delle varie confessioni.
AIUTI DI STATO E SERVIZI ARABI
Il budget dello Stato di Israele non fa alcuna distinzione fra la porzione Ebrea della popolazione e quella Araba. Tuttavia, a parte le previsioni generali, di cui beneficiano tutti gli abitanti del paese, ci sono diverse voci specifiche del budget che riguardano i bisogni degli Arabi, come IL. 26.000 per i fini religiosi Musulmani e IL. 15.000 per quelli Cristiani, IL. 30.000 per lavori pubblici speciali intrapresi per dare occupazione alle popolazioni Arabe dei villaggi durante la grave siccità dell’ultimo inverno, e IL. 60.000 per lavori pubblici nelle aree Beduine del Negev.
Nelle stime per il 1949/50 è stato anche inserito un fondo separato, pari a IL. 110.000, per l’educazione Araba. Di conseguenza, durante quell’anno sono stati spesi circa IL. 200.000 a tale scopo. Nelle stime per il 1950/51 la previsione di spesa per l’educazione Araba è stata inclusa all’interno di quella generale per l’Educazione. Ammontava a IL. 265.000.
Ci sono anche stanziamenti speciali per i servizi sociali nei villaggi Arabi e prestiti alle municipalità Arabe e ai consigli locali.
VITA PUBBLICA E ISTITUZIONALE
Fino ad oggi gli Arabi in Israele hanno mostrato poca iniziativa nel campo delle attività pubbliche. I vecchi partiti, società, club e giornali sono praticamente tutti spariti, e il vuoto che hanno lasciato non è stato ancora colmato. Le personalità più eminenti che sono rimaste nel paese hanno perso gran parte del loro vecchio carisma e si fanno vedere in pubblico solo di rado ad eccezione di quando si presentano come pubblici ufficiali.
La sola eccezione alla generale indifferenza politica sono i Comunisti, che sono vivi e vegeti. Visto che non si sono opposti alla partizione e alla creazione dello Stato di Israele, hanno fatto ben presente che non condividevano in alcun modo le disastrose politiche nazionaliste della leadership ortodossa Araba. Non c’è un partito Arabo Comunista separato, ma gli Arabi esercitano una notevole influenza sull’unificato Partito Comunista Israeliano. I voti Arabi andati alla lista Comunista sono stati il 22% di quelli Arabi totali nella tornata elettorale del Febbraio 1949 e il 16.6% in quella del Luglio 1951. Su un totale di 120 membri (112 Ebrei e 9 Arabi) del Knesset (Parlamento Israeliano) ci sono 5 Comunisti (3 Ebrei e 2 Arabi).
Il numero totale di deputati arabi è salito da 3 nel primo Knesset a 8 nel secondo. IN tutto, alle seconde elezioni generali hanno votato 70.000 Arabi, ovvero l’83% degli aventi diritto, una percentuale di partecipazione superiore a quella degli Ebrei. Le donne Arabe in Israele sono le uniche donne Arabe ad aver partecipato alle elezioni in tutto il Medio Oriente.
Non tutti gli Arabi hanno votato per candidati Arabi, sebbene la maggior parte di loro l’abbiano fatto. Degli otto Arabi eletti, due sono Comunisti (entrambi Cristiani), uno (sempre Cristiano) era ritornato nella lista di Mapam (partito Socialista di sinistra), e cinque (due Musulmani, un Cristiano e due Drusi) rappresentano nel complesso tre gruppi Arabi che generalmente supportano l’azione del Mapai (il Partito Laburista Israeliano, principale pilastro dell’attuale Coalizione al Governo).
Nel Knesset, i membri Arabi parlano, di regola, in Arabo, e una traduzione letterale in Ebraico dei loro discorsi segue immediatamente, mentre tutti gli interventi degli Ebrei sono tradotti simultaneamente in Arabo e trasmessi ai membri Arabi tramite cuffie.
In generale, l’Arabo è virtualmente parificato a una lingua ufficiale, essendo però l’Ebraico la lingua di Stato. Monete, francobolli e banconote hanno iscrizioni in Arabo, oltre che in Ebraico. La Gazzetta Ufficiale, in cui vengono pubblicate leggi e ordinanze, è disponibile sia in Arabo che in Ebraico. Nei distretti Arabi tutte le note ufficiali sono emanate in Arabo. Gli Arabi sono liberi di adire i Dipartimenti di Governo e le corti nella loro lingua. L’Arabo è inoltre il linguaggio utilizzato per l’istruzione in tutte le scuole Arabe mantenute dallo Stato.
In Israele ci sono anche diverse organizzazioni Arabe che non si occupano di politica: movimenti giovanili, associazioni femminili e club sportivi, così come le organizzazioni create dalla chiese e dai corpi religiosi. Nel 1951 il loro numero ammontava a settanta. Nessuno di questi gruppo ha qualche rilievo politico nella vita del paese. Le sole eccezioni sono le due organizzazioni del commercio: la “Labour League”, affiliata con la Federazione Ebraica del Lavoro, comprendente 34 settori con circa 11.000 membri permanenti paganti (incluse 800 donne); e il “Congresso dei Lavoratori Arabi”, di inclinazione comunista, con 22 settori e circa 2.500 membri. Una terza confederazione del commercio Araba, “Ar-Rabita” (the League), fondata alla fine del 1948 a Nazareth, per lo più da Arabi Cristiani con la partecipazione attiva del clero cattolico di rito greco, si è fusa nell 1951 con la “Labour League”.
CONCLUSIONE
Vista la natura delle cose, il testo di cui sopra non può essere considerato altro che una illustrazione transitoria. La posizione della minoranza Araba in Israele non si è ancora cristallizzata in modo definitivo. Il dopoguerra, rappresentato dal mantenimento del governo militare in talune zone di confine, aspetta ancora di essere sostituito. Molti Arabi stanno ritornando in Israele grazie al piano per la riunione delle famiglie separate. Altri stanno lasciando Israele per stabilirsi negli stati confinanti o all’estero. Una certa emigrazione Araba continuerà per qualche tempo, proveniendo più che altro da quelle classi sociali che, come si è già detto in precedenza, non possono sperare di essere inseriti in modo redditizio nell’economia di Israele. Ogni immigrazione di Arabi in Israele è invece esclusa dall’attuale situazione economica e di sicurezza interna. Dall’inizio dell’esodo Arabo, il paese ha accolto oltre 700.000 immigrati Ebrei, di cui circa 250.000 provengono da paesi Arabi, la maggior parte dei quali indigente.
Senza dubbio, la normalizzazione della posizione della minoranza Araba in Israele richiederà del tempo. Per arrivare a questa integrazione il Governo e il popolo Israeliano, compresa la minoranza Araba, dovranno lottare con pazienza e coscienza. Il processo è però seriamente sabotato dall’attitudine intransigente e l’attiva ostilità dei Governi Arabi e dei loro collaboratori Palestinesi. Gli stessi gruppi politici che hanno scatenato la guerra suicida contro Israele, che hanno indotto la maggior parte della popolazione Araba a lasciare il paese con la promessa di una vittoria veloce e di un ricco bottino, che stanno ostacolando una effettiva risoluzione del problema dei rifugiati Arabi rifiutando di arrivare a un trattato di pace con Israele – gli stessi gruppi stanno anche impedendo agli Arabi rimasti in Israele, accettati come cittadini aventi gli stessi diritti, di stabilirsi in via definitiva sotto le nuove condizioni.
Solo quando l’ostilità e la tensione saranno cose appartenenti al passato ci potrà essere un’effettiva integrazione della minoranza Araba nello Stato di Israele.
hai fatto veramente un lavoraccio per scrivere questi articoli. Complimenti
Questi eventi sinceramente mi hanno fatto pensare. Mi piace l’idea del governo israeliano che si fa in quattro per aiutare anche le minoranze all’interno del suo stato.
Mentre mi fa riflettere come gli arabi abbiano preferito rimanere fino alla fine sulle loro posizioni, preferendo far soffrire le proprie genti, anziché accettare gli inviti di Israele.
Complimenti per l’articolo e spero di vedere nuove notizie sul sito
PS: non faccio drifting
Ciao Alopias,
di certo un lavoraccio, ma sembrava uno dei testi più accurati sull’argomento. Pur trattandosi di un documento elaborato dal Governo Israeliano nel 1952, sono presenti tonnellate di dati provenienti dagli uffici statistici del periodo Mandatario e, cosa da non sottovalutare, ferme condanne a taluni attentati posti in essere dalle propaggini israeliane più estremiste.
mi pare di ricordare che non sia una cosa del passato, ma che a tutt’oggi il governo Israeliano si impegni fattivamente in tal senso. Però ammetto che le mie conoscenze si fermano agli accenni fatti in proposito all’università.
Israele ha tutto l’interesse ad avere una popolazione coesa, anche perché deve avere una certa tranquillità interna per potersi dedicare al disastro socio-istituzionale che lo circonda.
disastro è proprio la parola giusta. A stento credevo che le popolazioni cristiane ed ebree non esistono al di fuori di Israele. Dopo una breve ricerca invece ho visto che è così! Incredibile. Deve avere una buona stabilità interna, oppure l’ultimo bastione multiculturale del medio oriente ci saluterebbe a breve.
Non so se posso chiederlo perché nuovo del sito… ma hai già in mente di cosa tratterà il prossimo articolo storico?
Piano, piano. Minoranze cristiane esistono ancora (o meglio SOPRAVVIVONO ancora) in varie aree del medio oriente, specialmente in Siria, Libano e Kurdistan (sia nella parte irachena che in quella turca). Anche se si tratta di presenze in costante ed inesorabile diminuzione .
Ciò è dovuto alle tensioni endemiche nell’area, oltre che al radicalizzarsi dell’islam, fatori che stanno rendendo attuale il pericolo che le chiese più antiche della cristianità scompaiano per sempre.
in effetti ho usato una parola grossa ma alla fine anche in quelle zone cristiani ed ebrei prima o poi svaniranno
Diciamo che il mondo islamico, sin dalle origini, ha un piccolo problemino: non sa come gestire le minoranze se non sterminandole (poveri armeni) o imponendo la loro amorevole tolleranza (si legge apartheid).
Le statistiche relative alla presenza e libertà degli altri culti nei paesi a maggioranza musulmana dimostrano questa verità storica inconfutabile.