Una recente ricerca ha gettato nuova luce sulla storia antica della regione nord-occidentale dell’Australia, rivelando un passato sorprendente che includeva un vasto mare interno.
Questa area, per gran parte dei 65.000 anni di storia umana dell’Australia, collegava la regione del Kimberley e l’Arnhem Land occidentale, coprendo quasi 390.000 chilometri quadrati, un’area una volta e mezza più grande della Nuova Zelanda di oggi.
La regione del Kimberley, situata nel nord-ovest dell’Australia, è conosciuta per i suoi paesaggi mozzafiato, caratterizzati da rupi rocciose, gole profonde, cascate e sistemi fluviali. È una delle aree più antiche e culturalmente ricche del paese, con un’eredità aborigena che risale a migliaia di anni. Arnhem Land, situata nella parte nord-orientale del Territorio del Nord, è un’area ricca di biodiversità e significato culturale per i popoli aborigeni, particolarmente nota per le sue tradizioni artistiche e per la conservazione delle pratiche culturali tradizionali.
L’innalzamento del livello del mare, avvenuto circa 18.000 anni fa alla fine dell’ultima era glaciale, ha segnato un punto di svolta geografico e storico per il continente australiano e le regioni circostanti. La separazione del supercontinente di Sahul in Nuova Guinea, Australia e l’isolamento della Tasmania ha radicalmente trasformato il paesaggio. Le aree precedentemente esposte e abitate sono state sommerse, modificando gli habitat, le rotte migratorie e le opportunità di insediamento per i popoli indigeni. Questo evento ha avuto un impatto profondo sulle dinamiche ecologiche, sociali e culturali della regione.
Tuttavia, la nuova ricerca ha scoperto nuovi dettagli su questo paesaggio sommerso. La regione conteneva arcipelaghi, laghi, fiumi e un grande mare interno. La proiezione dei livelli del mare passati su mappe ad alta risoluzione del fondale oceanico ha rivelato un vasto arcipelago di isole sulla Piattaforma Nord-Occidentale di Sahul, estendendosi per 500 km verso l’isola indonesiana di Timor, esistito tra 70.000 e 61.000 anni fa.
L’ultima era glaciale ha avuto un ruolo cruciale nel modellare i movimenti umani dalla regione indonesiana verso l’Australia. Il drastico abbassamento del livello del mare, fino a 120 metri sotto l’attuale, ha esposto la Piattaforma Continentale, trasformando il paesaggio in un vasto ponte terrestre che univa le due aree. Questo cambiamento ha reso possibile per le popolazioni umane migrare in fasi successive, approfittando degli ecosistemi ricchi e variegati presenti lungo il percorso. La disponibilità di risorse alimentari, acqua dolce e rifugi ha giocato un ruolo fondamentale in questa migrazione, facilitando la diffusione umana in un continente completamente nuovo. Questo periodo rappresenta un capitolo significativo nella preistoria umana, dimostrando l’adattabilità delle comunità antiche di fronte a cambiamenti ambientali di vasta portata.
Il mosaico di ambienti abitabili nell’antica Australia comprendeva quindi una varietà di ecosistemi, tra cui il mare interno di Malita, che rappresentava una caratteristica geografica notevole per la sua estensione e per il suo ruolo nell’ecosistema locale. Quest’area era arricchita anche da un grande lago, situato a breve distanza dalla costa moderna del Kimberley. Al suo apice, il lago raggiungeva dimensioni paragonabili a metà di quelle del Lago Eyre, offrendo un habitat vitale per numerose specie e risorse idriche per le comunità umane antiche.
L’esistenza di questo lago durante lo Stadio Isotopico Marino 2, per circa 16.000 anni, avrebbe potuto sostenere un vasto ecosistema d’acqua dolce, con importanti implicazioni per l’insediamento umano antico nella regione, focalizzando potenzialmente le attività di sussistenza umana attorno ai suoi margini.
L’esistenza di questo lago durante lo Stadio Isotopico Marino 2, per circa 16.000 anni, avrebbe potuto sostenere un vasto ecosistema d’acqua dolce, con importanti implicazioni per l’insediamento umano antico nella regione, focalizzando potenzialmente le attività di sussistenza umana attorno ai suoi margini.
Questa diversità di ambienti ha sostenuto un’ampia gamma di flora e fauna, oltre a facilitare la migrazione e l’insediamento umani in queste zone ricche di risorse.
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