Introduzione
La Cina e il Giappone, due nazioni dell’Estremo Oriente, sono state plasmate nel corso dei secoli da influenze culturali, dinamiche sociali e avvenimenti politici molto diversi. Tuttavia, nel corso della storia, il destino di queste due potenze ha spesso interagito, dando vita a momenti di tensione, confronto e tragica conflittualità. Il Massacro di Nanchino del 1937 si colloca all’interno di questa complicata trama di rapporti, rappresentando uno dei capitoli più oscuri e sanguinari del XX secolo.
Per comprendere il contesto storico che ha portato a questi tragici avvenimenti, è essenziale tornare indietro nel tempo. Almeno al XIX secolo, periodo in cui sia la Cina che il Giappone si trovavano ad affrontare sfide interne ed esterne. La Cina, un tempo potente e autosufficiente, stava sperimentando i morsi dell’umiliazione per mano delle potenze coloniali occidentali. L’umiliante sconfitta nella Prima Guerra dell’Oppio (1839-42) e la successiva firma dei “Trattati Ineguali” avevano dimostrato la vulnerabilità dell’Impero Qing. La Cina era una preda per le ambizioni imperialiste delle potenze europee, degli Stati Uniti e del Giappone.
Dall’altro lato, il Giappone, una nazione insulare che per secoli aveva limitato i suoi contatti con il mondo esterno attraverso una politica di “sakoku” (chiusura), stava attraversando una profonda trasformazione. L’arrivo della flotta nera del commodoro Matthew Perry nel 1853 aveva messo in luce la necessità di modernizzazione e apertura, dando il via alla Restaurazione Meiji del 1868. Durante questo periodo, il Giappone ha rapidamente assimilato tecnologie, tattiche e strategie occidentali, trasformandosi da una società feudale a una potenza industriale in pochi decenni.
Con l’ascesa del Giappone come potenza militare ed economica, emerse un nuovo desiderio di espansione. La Cina, già indebolita e frammentata dalle potenze occidentali, diventò un bersaglio naturale. Nel 1894-95, la Prima guerra sino-giapponese vide il Giappone ottenere una vittoria schiacciante sulla Cina. Il Giappone si garantisce il controllo della Corea e parti di Taiwan. Questa vittoria ha non solo rafforzato il prestigio e l’autostima del Giappone, ma ha anche dimostrato ulteriormente la debolezza della Cina.
La situazione in Cina, nel frattempo, continuava a deteriorarsi. Nel 1911, la dinastia Qing, che aveva governato la Cina per oltre 250 anni, crollò, portando alla nascita della Repubblica di Cina. Tuttavia, il nuovo governo repubblicano, guidato inizialmente da Sun Yat-sen e in seguito dal suo successore Chiang Kai-shek, dovette affrontare sfide enormi. Tra queste, vanno menzionate la guerra civile con il Partito Comunista Cinese, le pressioni delle potenze estere e la crescente minaccia giapponese.
Il Giappone, desideroso di sfruttare la debolezza interna della Cina e di espandere ulteriormente il suo territorio, occupò la Manciuria nel 1931, stabilendo lo stato fantoccio del Manchukuo. Questa aggressione iniziale fu solo un preludio a una maggiore espansione in Cina. Nel 1937, un incidente tra truppe cinesi e giapponesi vicino a Pechino, noto come l’Incidente del Ponte di Marco Polo, scatenò una serie di eventi che avrebbero portato all’invasione giapponese della Cina e, in ultima analisi, al Massacro di Nanchino.
In sintesi, il contesto storico che ha portato al Massacro di Nanchino fu il risultato di secoli di evoluzione e interazione tra la Cina e il Giappone. La Cina cercava di ripristinare la sua dignità e sovranità di fronte all’oppressione esterna e interna, il Giappone era animato da un desiderio di espansione e dominio regionale. Questi impulsi contraddittori, insieme ai profondi cambiamenti politici, sociali e tecnologici che entrambi i paesi stavano attraversando, hanno creato un mix esplosivo che avrebbe avuto tragiche conseguenze per la città di Nanchino.
Il Massacro di Nanchino
L’assalto alla città di Nanchino, allora capitale della Cina, iniziò nei primi giorni di dicembre 1937. In pochi giorni, culminò in uno degli episodi più oscuri e contenziosi della storia moderna: il Massacro di Nanchino, noto anche come “Stupro di Nanchino”. Il rapido avanzamento dell’esercito imperiale giapponese aveva incontrato una resistenza accanita da parte delle forze cinesi, ma con la caduta di Shanghai, la strada verso l’interno era aperta.
Il 13 dicembre 1937, le forze giapponesi entrarono a Nanchino. Quel che seguì nei sei settimane successive fu un disastro di proporzioni inimmaginabili. Civili disarmati e prigionieri di guerra furono uccisi in massa, donne furono violentate, e interi quartieri della città furono saccheggiati e incendiati. Le stime sul numero delle vittime variano, ma molte fonti credono che tra i 50.000 e i 300.000 cinesi furono uccisi.
L’entità della brutalità dell’esercito giapponese sorprese persino gli osservatori internazionali presenti in città. Molti dei crimini commessi erano di una ferocia tale da sembrare irrazionali, persino controproducenti dal punto di vista militare. Si ritiene che la frustrazione accumulata durante la resistenza cinese, la percezione di superiorità razziale, e una cultura militare che disprezzava la resa e venerava la morte in battaglia, abbiano contribuito al livello di violenza.
La violenza non si limitò a semplici esecuzioni. Le forze giapponesi organizzarono gare per vedere chi poteva uccidere il maggior numero di cinesi con la spada, incidenti che furono riportati come se fossero spettacoli sportivi dai media giapponesi. Gli stupri di donne, bambine e bambini furono decine di migliaia. La pratica del “comfort women”, ovvero donne cinesi (e in seguito da altre nazioni occupate) costrette alla schiavitù sessuale per l’esercito giapponese iniziò anche in questo periodo, lasciando cicatrici psicologiche profonde su migliaia di donne.
La vasta scala delle atrocità e il coinvolgimento di unità militari di diverse parti dell’esercito suggeriscono che il massacro non fu il risultato di un piccolo gruppo fuori controllo, ma piuttosto di una campagna sistematica di terrore.
Nel mezzo di questo caos, un gruppo di stranieri risiedenti a Nanchino creò una “Zona di Sicurezza” nella città per proteggere i civili. Questa zona, sebbene non completamente immune dalla violenza, divenne un rifugio per decine di migliaia di cinesi. Personaggi come John Rabe, un nazista tedesco e capo della Zona di Sicurezza, e Minnie Vautrin, una missionaria americana, diventarono eroi non intenzionali, facendo tutto il possibile per proteggere i più vulnerabili.
Le Testimonianze
Mentre la devastazione avvolgeva Nanchino, diversi individui – sia cinesi che stranieri – registrarono meticolosamente ciò che stavano vivendo e osservando. Queste testimonianze dell’epoca rappresentano prove preziose degli eventi e sono fondamentali per comprendere la portata delle atrocità.
Uno degli osservatori più noti fu John Rabe, un uomo d’affari tedesco e membro del Partito Nazista. La sua posizione gli fornì una certa protezione contro le forze giapponesi e utilizzò questa posizione unica per creare e gestire la Zona di Sicurezza. Il suo diario, che descriveva dettagliatamente gli eventi di quei terribili giorni, è uno degli account più dettagliati delle atrocità. “Ieri ho visto cadaveri di civili, incluso quello di una donna con un bambino al seno“, scrisse Rabe, sottolineando l’indiscriminata brutalità delle forze giapponesi.
Minnie Vautrin, una missionaria americana e preside del Ginling Women’s College di Nanchino, è un altro testimone cruciale. Nei suoi diari e nella corrispondenza, descrisse le incessanti violenze sessuali subite dalle donne di Nanchino. Vautrin fece di tutto per proteggere le studentesse e le donne rifugiate all’interno del college, ma l’assoluta vastità del terrore e della violenza la segnò profondamente. Pur avendo salvato innumerevoli vite, Vautrin portò con sé un profondo senso di colpa per non aver potuto fare di più, culminando in un tragico esito personale dopo la guerra.
Ma le testimonianze non provenivano solo da stranieri. Gli abitanti di Nanchino e i soldati cinesi sopravvissuti raccontarono storie di una brutalità indicibile. Questi racconti fornirono dettagli degli orrori: famiglie intere trucidate, donne violentate ripetutamente, e prigionieri di guerra uccisi in massa. Le testimonianze orali, raccolte anni e decenni dopo, rivelano una profonda traumatizzazione e un persistente senso di ingiustizia.
Le fotografie e i filmati dell’epoca, molti dei quali sono stati preservati da giornalisti e missionari, forniscono ulteriori prove visive delle atrocità. Queste immagini, spesso sconvolgenti, catturano l’essenza cruda della distruzione e della violenza, servendo come prove inconfutabili di ciò che è accaduto.
Le testimonianze furono essenziali anche in un contesto legale. Quando giunse il momento di rendere giustizia, i processi post-bellici, come il Tribunale Militare Internazionale per l’Estremo Oriente (spesso definito il “Processo di Tokyo“), si affidarono pesantemente a queste testimonianze per giudicare i crimini di guerra giapponesi.
La Memoria del Massacro
Il Massacro di Nanchino ha lasciato una cicatrice profonda nella memoria collettiva sia della Cina sia del Giappone, influenzando le relazioni bilaterali e la comprensione di entrambe le nazioni sul loro passato condiviso. La gestione della memoria dell’evento, in particolare come viene ricordato, insegnato e commemorato, è stata e continua ad essere un punto di contenzione.
Cina: In Cina, Nanchino è diventato simbolo delle sofferenze nazionali ad opera dell’aggressione esterna. È visto come un esempio lampante dell’umiliazione che la Cina ha subito durante il “secolo di umiliazione”, un periodo che inizia con le Guerre dell’Oppio e culmina con la fine della Seconda Guerra Mondiale. La tragedia è ampiamente studiata nelle scuole e commemorata attraverso vari monumenti e musei, tra cui il commovente Memorial del Massacro di Nanchino.
Questo ricordo serve come avvertimento delle potenziali conseguenze dell’aggressione esterna, ma funge anche da catalizzatore per l’unità nazionale. La narrativa dominante è quella della resistenza cinese contro le ingiustizie, sottolineando la necessità di un paese forte e unificato.
Giappone: La memoria del Massacro di Nanchino in Giappone è complicata e politicamente carica. Mentre molti giapponesi riconoscono e si rammaricano per le atrocità commesse dall’esercito imperiale, ci sono stati movimenti revisionisti che hanno cercato di minimizzare o negare completamente l’evento. Questi revisionisti spesso contestano il numero di vittime o mettono in dubbio l’autenticità delle prove e delle testimonianze.
I libri di testo scolastici sono diventati un campo di battaglia simbolico in questa contesa della memoria. Nel corso degli anni, ci sono state molte controversie riguardo alla presentazione del massacro nei testi scolastici giapponesi, con alcune edizioni che omettevano l’evento o ne presentavano versioni edulcorate.
Allo stesso tempo, ci sono stati numerosi giapponesi che hanno lavorato instancabilmente per riconoscere e fare ammenda per il passato bellico del paese. Questi individui, spesso a rischio di ostracismo sociale o addirittura minacce fisiche, hanno sottolineato l’importanza del ricordo e della riconciliazione.
Relazioni bilaterali: Le tensioni sulla memoria di Nanchino hanno inevitabilmente influenzato le relazioni tra Cina e Giappone. Le visite dei leader giapponesi al Santuario Yasukuni, dove sono onorati diversi criminali di guerra, tra gli altri, hanno spesso suscitato proteste e indignazione in Cina.
In conclusione, il Massacro di Nanchino non è solo una pagina oscura nella storia dell’Estremo Oriente, ma rappresenta una lezione vivente sul potere della memoria storica e sulle sue implicazioni. La tragedia di Nanchino sottolinea la necessità di affrontare il passato con onestà e responsabilità, non solo per rendere giustizia alle vittime, ma anche per costruire un futuro di pace e comprensione reciproca. La sfida di come ricordare e insegnare queste lezioni del passato in modo equo e imparziale resta una questione aperta, cruciale per la costruzione di un futuro pacifico in Asia orientale.
Bibliografia
- Chang, Iris. “The Rape of Nanking: The Forgotten Holocaust of World War II”. Basic Books, 1997.
- Uno dei testi più famosi sull’argomento, questo libro ha giocato un ruolo chiave nel riportare l’attenzione internazionale sul Massacro di Nanchino. Chang offre un’analisi dettagliata degli eventi, basata su interviste, diari e altri materiali d’archivio.
- Yoshida, Takashi. “The Making of the “Rape of Nanking”: History and Memory in Japan, China, and the United States”. Oxford University Press, 2006.
- Questo volume analizza come la memoria del Massacro di Nanchino è stata costruita e interpretata in diversi paesi, sottolineando le tensioni e le sfide nell’affrontare questa tragedia storica.
- Brook, Timothy. “Documents on the Rape of Nanking”. University of Michigan Press, 1999.
- Brook ha raccolto una serie di documenti sull’evento, fornendo uno sguardo diretto alle fonti primarie. Questa raccolta è indispensabile per chiunque voglia approfondire la cronologia e i dettagli degli eventi.
- Rabe, John. “The Good Man of Nanking: The Diaries of John Rabe”. Alfred A. Knopf, 1998.
- I diari di John Rabe, un uomo d’affari tedesco che ha aiutato a salvare innumerevoli vite durante il massacro, offrono una prospettiva unica e preziosa. Il libro fornisce una testimonianza diretta delle atrocità e degli sforzi umanitari durante il periodo.
- Takashi, Fujitani, Geoffrey M. White, e Lisa Yoneyama. “Perilous Memories: The Asia-Pacific War(s)”. Duke University Press, 2001.
- Questo volume affronta il modo in cui la memoria delle guerre del Pacifico viene ricordata e rappresentata in tutta l’Asia. Sebbene non si concentri esclusivamente sul Massacro di Nanchino, offre preziosi approfondimenti sul contesto più ampio di come vengono ricordati gli eventi traumatici in diverse nazioni.
Sul nostro sito non troverai mai banner pubblicitari. Puoi supportare l’attività del Centro Studi Zhistorica acquistando le nostre pubblicazioni:
▶ spedizione gratuita con pacco tracciato e assicurato.
▶ copie firmate, con segnalibro e card HD in omaggio
Puoi acquistare dal nostro portale:
👉 bit.ly/ZhistoricaStore
o su Amazon:
👉 Zodd. Alba di Sangue
👉 I Padroni dell’Acciaio
👉 Gotz von Berlichingen
👉 Ascanio della Corgna
👉 Diario di Federmann
👉 Fiore dei Liberi
Sul nostro sito non troverai mai banner pubblicitari. Puoi supportare l’attività del Centro Studi Zhistorica acquistando le nostre pubblicazioni:
▶ spedizione gratuita con pacco tracciato e assicurato.
▶ copie firmate, con segnalibro e card HD in omaggio
Puoi acquistare dal nostro portale:
👉 bit.ly/ZhistoricaStore
o su Amazon:
👉 Zodd. Alba di Sangue
👉 I Padroni dell’Acciaio
👉 Gotz von Berlichingen
👉 Ascanio della Corgna
👉 Diario di Federmann
👉 Fiore dei Liberi