Il Gibet di Montfaucon è stato forse il patibolo e luogo di esposizione dei cadaveri dei criminali più famoso d’Europa per diversi secoli.
Costruito poco fuori dalla mura di Parigi alla fine del Duecento, il Gibet di Montfaucon è stato definitivamente smantellato solo nel 1760. Insomma, altri trent’anni circa, e molte teste sarebbero cadute proprio lì.
La parola gibet può essere forca o patibolo. In linea di massima, è bene darle un significato il più ampio possibile e ricomprendervi qualsiasi struttura preposta all’esposizione dei cadaveri dei condannati. La tipologia più famosa in Italia, anche grazie ai falsi contenuti nei molti musei della tortura sparsi sul nostro territorio, è quella della gabbia sospesa.
Il Gibet di Montfaucon, che prende il nome dalla collina omonima poco fuori Parigi, ha più o meno la forma di parallelepipedo alto sei metri, lungo dodici e largo altrettanto. Quasi sicuramente ha una base e sedici colonne in muratura e una struttura costituita da pali di legno, anche se la ricostruzione fatta da Viollet-le-Duc ci mostra una struttura completamente in muratura e molto simile al Palazzo della Civiltà Italiana dell’EUR.
D’altronde, la tendenza all’esagerazione di Viollet-le-Duc era abbastanza nota anche ai suoi contemporanei, quindi è bene prendere in considerazione solo le illustrazioni e le miniature che mostrano il Gibet di Mountfacon nei secoli in cui è rimasto in uso.
Le sedici colonne richiamano probabilmente i sedici distretti di Parigi nel XIV secolo e consentono la creazione di grandi spettacoli di morte. Una scenografia, diremmo oggi, che in quel momento non ha eguali in Europa.
Ad ogni modo, il primo nucleo di Montfaucon, ossia la costruzione di una prima struttura stabile (in legno) oggi andata perduta, risale al 1027. A volerla è l’ultimo conte di Parigi, Faucon, dai cui il nome del luogo. La prima menzione scritta è, invece, del 1188.
Per quasi tre secoli, quindi, Monfaucon mantiene le sembianze dei classici patiboli/luoghi di esposizione dei giustiziati che si trovano in giro per l’Europa. Solo nei primissimi anni del XIV secolo Enguerrand de Marigny, ministro di Filippo il Bello, procede alla costruzione del basamento e delle colonne di pietra.
In realtà, diversi storici sono scettici sull’effettivo intervento di Marigny su Monfaucon. Ritengono infatti che si tratti di una narrazione romanzata volta a creare un legame tra l’esecuzione di Marigny, avvenuta nel 1315 proprio a Monfaucon e l’edificazione della nuova struttura. Un monito del tipo “fece costruire Monfaucon solo per finirci appeso”.
Come testimonianza favorevole di un restauro più tardo di Monfaucon c’è un’altra esecuzione, quella di Montigny, il tesoriere di Carlo IV condannato da Filippo VI poco dopo la sua instaurazione al trono. Infatti, visto che nel 1328 Monfaucon è inagibile per dei lavori, Filippo VI fa erigere un nuovo gibet, conosciuto proprio come Gibet di Montigny, a poca distanza da quest’ultimo. Possiamo quindi immaginare che i lavori di cui parlano le fonti siano proprio quelli necessari per trasformare una struttura in legno in una in pietra.
Abbiamo citato Marigny e Montigny, ma tra i poveri disgraziati finiti a penzolare in quel di Monfaucon c’è anche Pierre de La Brosse. Perchè ci interessa il buon La Brosse? Semplice, viene giustiziato nel 1278 e pochi anni dopo finisce anche nella Divina Commedia (Purgatorio, Canto VI) tra le anime che non sono state in grado di confessare e pentirsi a causa di una morte violenta. Dante lo chiama De la Broce e ci conferma il fatto che le esecuzioni di Monfaucon siano così spettacolari e orrende da avere vasta eco in buona parte della Cristianità. Il fatto che i condannati non abbiano neanche la possibilità di confessarsi suscita un orrore analogo. Alla fine, dopo un secolo di suppliche, i condannati di Montfaucon ottengono il diritto di confessarsi prima dell’esecuzione. Siamo al 1396.
Venti anni dopo, nel 1416, il gibet assume la sua forma definitiva, quella con le sedici colonne di pietra che richiamano i distretti parigini. Inoltre, al gibet viene aggiunto un secondo piano, in modo da poter raddoppiare il numero di impiccati. A volere l’ammodernamento è Tanneguy du Chastel, che pochi mesi dopo diventerà il quinto governatore della Bastiglia, la cui costruzione è stata ultimata nel 1383.
Possiamo immaginare che la realizzazione della Bastiglia e la modernizzazione del contesto urbano parigino abbiano influito sulla decisione di dare stabilità e dignità a un altro simbolo del potere reale. Tutto questo, in un momento in cui questo potere vacilla tremendamente a causa della Guerra dei Cent’anni e all’indomani della disastrosa sconfitta di Agincourt del 1415 per mano degli inglesi.
Con il Trattato di Troyes (1420), la corona inglese mette effettivamente le mani su quella francese. Ernico V d’Inghilterra diventa infatti erede legittimo di Carlo VI, provocando una profonda spaccatura nella Francia del XV secolo. Anche in quel periodo, comunque, Montfaucon continua a operare a pieno regime.
Nulla a che vedere, comunque, con quanto accade nell’ultimo quarto del XVI secolo con le esecuzioni di massa degli Ugonotti. Nel 1572, ne vengono impiccati anche ottanta alla volta.
La regina Caterina de Medici reputa lo spettacolo particolarmente educativo, tanto da portare i propri figli – Enrico, Francesco e Margot – a guardare la gran copia di cadaveri penzolanti. Sfortuna vuole che Enrico, allora ventenne, ne riconosca uno. Si tratta di un suo maestro di scherma, che ha combattuto insieme a lui nella Battaglia di Jarnac del 1569.
Evidentemente, questo evento ha un qualche tipo di influenza su Enrico. Quando sale al trono come Enrico IV, nel 1589, la frequenza delle esecuzioni scende drasticamente. Con la firma dell’Editto di Nantes, nel 1598, che mette fine alle guerre di religione che hanno insanguinato la Francia per quasi quarant’anni, l’uso del Gibet diminuisce ulteriormente.
L’ultima esecuzione ha luogo nel 1629, sotto il regno di Luigi XIII, figlio di Enrico IV. Negli anni successivi, Montfaucon perde del tutto la sua funzione e finisce in stato di completo abbandono.
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Il Re Enrico figlio di Caterina de’ Medici non poteva essere Enrico IV ma evidentemente Enrico III.