L’Assedio di Rodi del 1480 rappresenta quello che possiamo considerare il primo grande evento di quello che definisco il Secolo degli Ospitalieri Assediati (1480-1565), che ha visto contrapposti Ospitalieri (o Cavalieri Gerosolimitani, Cavalieri di Rodi e Cavalieri di Malta) e Ottomani.
Per quasi un secolo, fino al Grande Assedio di Malta (1565), gli Ottomani provarono a eliminare i Cavalieri dai loro possedimenti nel Mediterraneo. Dopo la caduta di Acri, nel 1291, gli Ospitalieri si ritirano nell’Isola di Rodi, che portano in breve tempo a un livello di prosperità mai conosciuto prima.
Purtroppo per loro, Rodi è davvero troppo vicina, anzi, è circondata dai possedimenti ottomani. Gli Ospitalieri sanno che, prima o poi, arriverà un esercito sterminato per cacciarli dall’Isola. Nel 1453 Maometto II mette fine all’Impero Bizantino, ridotto a Costantinopoli e a poche miglia quadrate della campagna circostante.
Un uomo politico e generale eccezionale, può contare su un enorme esercito veterano. Quella piccola isola in mezzo ai suoi possedimenti rimane però una spina nel fianco, vista la capacità dei Cavalieri di attaccare le flotte corsare turche ed effettuare sortite sul litorale ottomano. Maometto II spedisce verso l’isola le sue armate, comandate da Gedik Ahmet Pasha e Miseh Pasha, nato Michele Paleologo, un bizantino convertitosi all’Islam dopo la conquista di Costantinopoli.
Gli Ospitalieri erano piuttosto gelosi del loro Ordinamento e delle loro Lingue (in sostanza i capitoli connessi al territorio di provenienza in cui si dividevano i cavalieri), e non rappresentarono mai una forza militare impressionante dal punto di vista numerico. Eppure, riuscirono sempre a bilanciare l’inferiorità numerica con l’acume tattico, l’addestramento e la capacità di costruire fortezze impenetrabili.
Nel 1480, mentre la flotta turca è in arrivo, a Rodi erano presenti solo 500 Cavalieri, 4.000 soldati in tutto, comandati dal Gran Maestro Pierre d’Aubusson e da suo fratello. Il Gran Maestro d’Aubusson dorme in armatura e fa imprimere il proprio emblema sui cannoni (come anche altri Gran Maestri), e fargli la guerra è, in generale, una pessima idea.
Il 13 Aprile, il Gran Maestro ordina che tutti i combattenti si preparino all’assedio. Prepararsi all’assedio non vuol dire mettersi sulle mura ed aspettare, ma preparare le artiglierie, fare in modo che i sistemi di comunicazione siano pronti ed efficienti, riparare o fortificare alcuni tratti, assegnare le sezioni da difendere, organizzare l’approvvigionamento di acqua e generi alimentari, ripartire gli alloggi fra la popolazione (che in questi casi poteva anche raddoppiare), arruolare chi può reggere in mano una spada, mandare in perlustrazione alcune galee, mantenere i contatti con gli informatori sul continente, ripetere cento volte i piani di difesa, scegliere le linee d’azione in caso di crollo di parti della cinta muraria e tante altro.
Il 24 Aprile, invia una grossa imbarcazione per portare aiuti al castello di S. Pietro e a Lango. Al suo ritorno, fa tappa a Nissaro, per imbarcare tutta la popolazione e portarla a Rodi. Il castello di Filermo, a due miglia dalla città di Rodi, viene restaurato e fortificato ulteriormente. A sua difesa rimane un contingente della Lingua francese.
Il 13 Maggio, il Gran Maestro fa entrare la popolazione nelle mura e innalzare una serie di vele ossia teloni che proteggano le case da proiettili e schegge nel corso dell’assedio.
Nel frattempo, anche in Europa giunge la notizia dell’imminente assalto ottomano a Rodi. I Cavalieri vengono dati per spacciati, visto che neanche le imponenti mura di Costantinopoli, sono riuscite a resistere alla furia e alle schiere infinite di Maometto II.
Anche il Gran Priore d’Alvernia, andando con i suoi verso Rodi, si lascia sfuggire un:
“… ecco dei pecoroni, che si portano ad essere sgozzati dal coltello turco.“
I sovrani europei inviarono lettere di auguri ed esortazioni, ma si astennero da qualsiasi forma di aiuto.
Con un ultimo colpo di coda, d’Aubusson tenta di istigare, senza successo, gli ungheresi e i veneziani ad azioni di guerra contro Maometto II. I veneziani in particolare pensano che la caduta degli Ospitalieri, loro concorrenti nel commercio, porterà a un netto miglioramento nei traffici della Serenissima.
Maometto II, invece, può contare su diversi rinnegati, che gli hanno portato gli schemi aggiornati delle fortificazioni di Rodi, e su un ingegnere tedesco, Giorgio Frapan (italianizzato), considerato un vero e proprio maestro nella costruzione di imponenti pezzi d’artiglieria.
Nel dicembre 1479, Maometto II manda in esplorazione una discreta avanguardia di Giannizzeri e Spahis, ma questi si ritirano dopo aver subito notevoli perdite.
L’armata al completo raggiunge le coste di Rodi il 23 Maggio 1480. Ci sono 100.000 uomini, stipati in 170 galee, galeotte e navi da trasporto. Il rapporto fra le forze in campo è di 40 a 1. Il numero può sembrare esagerato, ma bisogna sempre considerare che, per questo genere d’impresa, è fondamentale portare un numero enorme di guastatori, operai e addetti alla logistica.
Rodi ha una doppia cinta muraria, intervallata da grosse torri, e un ampio fossato. I due porti sono difesi da diverse torri fortificate.
I cannoni della città iniziano subito a tirare sui Turchi che si avvicinano alla riva. I Cavalieri tentano anche una sortita per evitare lo sbarco, combattendo praticamente in acqua, ma invano.
L’assedio è inevitabile.
Dietro le spesse mura, soldati ed i cittadini sono pronti a non cedere un pollice.
I turchi piazzano tre pezzi d’artiglieria negli orti di Sant’Antonio, per bombardare la Torre di San Nicola, ma il Gran Maestro fa allestire una contro-batteria nel piazzale della Lingua d’Alvernia. I primi colpi pesanti, dunque, seguiti dalla comparsa, ai limiti del fossato, di un rinnegato cristiano che supplica i Cavalieri di farlo entrare.
Si tratta del già menzionato Giorgio Frapan. L’ingegnere tedesco ha intenzione di agire come spia, e, per guadagnarsi la fiducia del Gran Maestro, gli dà parecchi consigli utili alla difesa del forte e al posizionamento delle artiglierie.
Il Gran Maestro però continua a diffidare di lui, e chiede che sia tenuto sott’occhio daialcuni uomini fidati. A insospettirlo sono le testimonianze di alcuni cittadini, che dicono di averlo già visto in città, e il ritrovamento di diverse frecce, tirate oltre le mura (forse da cristiani obbligati a servire nell’esercito di Maometto), con legato un messaggio emblematico.
Diffidate di Mastro Giorgio
Il povero ingegnere tedesco tenta anche di salire sui bastioni per segnalare agli Ottomani le parti più deboli, ma i sei uomini assegnati alla sua scorta gli impediscono ogni volta di affacciarsi. Alla fine, si ritira nell’abitazione assegnatagli.

Nel frattempo, sulla Torre di San Nicola si sono abbattuti quasi trecento colpi, provocando dei crolli parziali. Il Gran Maestro non può permettersi che la Torre cada, quindi invia lì il comandante Fabrizio del Carretto (futuro Gran Maestro), della Lingua d’Italia, con i cavalieri migliori. Questi lavorano notte e giorno per rimettere in sesto le parti crollate e piazzare l’artiglieria. Alla vigilia dell’assalto turco, entrano nella Torre anche il Gran Maestro e suo fratello, il Visconte di Monteil, assieme ad altri volontari.
Il Gran Maestro chiede anche aiuto al Papa, a vari sovrani europei e ai membri dell’Ordine ancora in Europa con una lettera, datata 21 Maggio 1480, che ci è giunta in forma integrale. Eccone alcuni passi.
Ora si sforza il tiranno de’turchi di mettere ad effetto quello che già molto tempo fa contra i rodiani machinato aveva. Ha l’empio nemico della fede concepito contra noi e l’Ordine nostro un antico ed implacabil’odio, per cagione che per la fede di Cristo resistenza gli facciamo. Aumentasi anco e s’accresce l’insano suo furore per rispetto che dopo la presa di Costantinopoli, non avendo potuto soggiogare alcuna parte del dominio e dello stato nostro alla tirannide sua, abbiamo ricusato, e rifiutato di pagargli censo ed il tributo che chiesto ci aveva. Per il che avendo egli ultimamente apparecchiata un’armata di cento e sessanta vele, ed avendo adunato da ogni parte un potentissimo esercito e con detta armata dalla costa di Licia a noi vicina in Rodi passato avendo con potente mano…
Ha portata la nemica armata, per espugnare la città nostra gran numero di grossissimi pezzi d’artiglieria, grandissima quantità di macchine di torri di legno e d’altri ingegni all’espugnazioni delle fortezze atti ed accomodati. Stansi intorno alla città nostra accampati circa settanta mila nemici, che con continui assalti ci combattono a’quali con forte ed intrepido animo facciamo resistenza opponendo le loro forze nostre e risospingendo gli assalti, e gli sforzi loro: confidati nella divina pietà e clemenza, la quale non abbandona mai coloro, che in lei hanno speranza, e per la santa fede cattolica combattono.
Sentirà bene il perfido nemico, ch’egli non ha a che fare con imbelli e poco pratici soldati, e ben s’accorgeranno questi cani, ch’egli non averanno a menar le mani contra delicati, effemminati e molli soldati asiatici. Noi abbiamo qui valorosi e buoni (ancorchè pochi) soldati; e siamo d’ordegni da guerra, di machine, d’artiglieria, di frumento e di munizioni abbondantemente provveduti e forniti, per poter sostenere e resistere alle nemiche forze e per aspettare l’aiuto ed il soccorso de’fratelli nostri, nel quale tutto lo stato e la speranza della difesa riposto abbiamo...
Il 9 Giugno, alle prime ore del mattino, diverse navi piene di fanteria attraccano al molo. I Cavalieri reagiscono colpendo duro con i cannoni, ma la moltitudine dei nemici rende impossibile evitare l’assedio alle parti crollate della Torre.
I Cavalieri si difendono con massi e acqua bollente, spazzando le scale con alabarde e le spade a due mani, unendosi gomito a gomito dove le mura sono in rovina. Da parte loro, gli ottomani combattono con altrettanto ardore. Continuano a gettare scale contro le mura e a tempestare i bastioni con colpi d’archibugio e frecce. Un masso colpisce in testa il Gran Maestro, deformandogli l’elmo, lui si limita a farsene dare un altro per continuare a combattere.
Alla fine ebbero la meglio i Cavalieri, che riuscirono a distruggere molte navi con i brulotti e l’artiglieria, e a sincronizzare il tiro con gli archibugi in modo da non lasciare scampo ai nemici. Centinaia di nemici non riescono neanche a raggiungere le mura.
Il fu-Paleologo continua a martellare la Torre di San Nicola dall’artiglieria, distruggendone buona parte. Ancora una volta, il Gran Maestro si reca sul posto (anche per tirare su il morale delle truppe) e chiede ai suoi uomini di continuare a difendere la Torre, visto che la sua caduta lascerebbe ai turchi un punto d’appoggio fondamentale per colpire la città.
I Cavalieri si trincerano come meglio possono, usando anche assi di legno, e si preparano a ricevere un nuovo assalto, che non tarda ad arrivare. Questa volta la battaglia è meno incerta. Fin dallo sbarco del nuovo battaglione ottomano, l’artiglieria cristiana fa piovere un inferno di fuoco sulle loro teste, mentre archibugieri e balestrieri completano l’opera. Nel breve assalto, oltre 700 assedianti rimangono sul campo.
Il generale turco, viste le perdite subite, decide di cambiare strategia: attaccare da più lati. Fa portare grossi pezzi d’artiglieria vicino alle mura, proteggendoli con costruzioni di legno, e inizia a bombardare il c.d. Muro degli Ebrei. Le mura sono spesse e resistenti, ma non possono reggere a lungo il tiro incessante di dieci grossi pezzi.
Così, il Gran Maestro decide di far radere al suolo le case degli ebrei, a ridosso delle mura, e scavare un fossato profondo, seguito da un terrapieno, in modo da bloccare la carica nemica una volta cadute le mura. Allo scavo partecipano tutti, dagli ufficiali ai bambini. I rodiani hanno pochissimo tempo per renderlo operativo.
I cannoneggiamenti turchi continuano giorno e notte. Diversi mortai lanciano pietre oltre le mura per colpire i civili, ma, stando alle cronache, i solari (teloni) voluti dal gran Maestro e gli edifici più resistenti aiutano a subire pochissime perdite.
Le mura, però, sono allo stremo. Crolleranno a breve, i Cavalieri ne sono sicuri. Quindi, oltre al terrapieno, iniziano a costruire una contromuraglia interna, dello spessore di due palmi, appena sopra il terrapieno.
Tutti gli ordigni, le caldaie per olio, pece e acqua bollente, sacchetti pieni di polvere pirica e chiodi o lame di ferro (bombe a mano?) vengono portati al muro, per organizzare l’ultima resistenza. Il Gran Maestro chiama anche il povero Giorgio, l’ingegnere tedesco/spia fallita, per chiedergli consiglio.
L’ingegnere si lascia scappare qualche parola di troppo a favore dei turchi e qualche biasimo nei confronti dei Cavalieri, così finisce dritto nelle carceri di Rodi, dove riceve le attenzioni dei torturatori. Confessa il suo tradimento, sperando nella misericordia del Gran Maestro, ed effettivamente quest’ultimo si rivela magnanimo: lo fa impiccare subito nella pubblica piazza.
In una versione ante litteram delle piogge di volantini alleate, gli ottomani lanciano sulla città molte frecce recanti lo stesso messaggio: se i cittadini si fossero arresi non sarebbe stato fatto loro nulla, Maometto II vuole solo liberarli, Allah è grande e, per finire, la solita minaccia minaccia di morte in caso di ulteriore resistenza.
Ad ogni modo, neanche questo trucco serve a qualcosa. I rodiani si trovano piuttosto bene sotto i Cavalieri, che avevano reso l’isola ricca e prosperosa, e non si fidano degli Ottomani.
Arriva anche un emissario ottomano, che riferisce lo stesso messaggio piovuto con le frecce. Il Gran Maestro lo liquida con un diplomatico:
Sparisci
Lo stesso Gran Maestro continua a spedire missive in giro per l’Europa, sperando che qualcuno mandi degli aiuti. Gli Ospitalieri controllano il porto, quindi riuscono a far giungere alcuni rifornimenti e a imbarcare i feriti, ma gli aiuti richiesti, che pure potrebbero sbarcare senza problemi, non arrivano.
Gli assalti alle mura continuano, ma i Cavalieri li respingono con poche perdite. Gli ufficiali ottomani iniziarono ad innervosirsi. Decidono quindi di procedere con un attacco congiunto. L’assalto alla Torre di San Nicola arriva dal solito molo e da un ponte di barche che la congiunge alla terraferma. Oltre a ciò, l’artiglieria non smette di bombardare la città. Il tutto in piena notte.
Il generale Gedik Pasha guida personalmente l’assedio dando una enorme prova di coraggio, ma gli Ospitalieri accolgono il tentativo notturno con una pioggia di colpi di colubrina. Molti assedianti raggiungono però la Torre, o ciò che ne rimane. Si dice che il genero di Maometto II, uno dei nemici più temuti per la grande forza fisica, riusce a uccidere diversi soldati rodiani.
Alla fine, ferito gravemente, viene raggiunto dal Gran Maestro, che gli chiese personalmente di arrendersi. L’ufficiale ottomano si rifiuta e combatte da solo fino alla morte.
Intanto, un gran numero di brulotti escono dal porto ed intercettano le navi ottomane, incendiandole quasi tutte, mentre i Cavalieri concentrano il fuoco sul ponte di barche, tagliando ogni via di fuga. Migliaia di turchi bruciano o annegano.
L’esercito è in rotta. Gli Ospitalieri escono dalle mura urlando, seguiti dal popolo e anche dai contadini.
Sappiamo per certo che un frate francescano, Antonio Fradin (cacciato dal Regno di Francia per i suoi “sermoni” politici), si butta praticamente in mare. Brandendo uno spadone a due mani, decapita diversi ottomani e ne uccide molti altri che tentano di mettersi in salvo sulle barche superstiti.
Il massacro è lungo e terribile. I Cavalieri sono più addestrati, furenti e coperti d’acciaio. Sfogano la loro rabbia sull’esercito in rotta. Duemilacinquecento morti in poche ore, tanto che per tre giorni il mare restituisce cadaveri di soldati sulla scogliera e nel porto. Molti plebei rodiani si arricchiscono spogliando i morti dei loro vestiti e delle loro armi.

Gedik Pasha rimane per tre giorni immobile, ribollendo di rabbia. Ma non molla
Lascia perdere la Torre di San Nicola e concentrare gli sforzi sulla Posta d’Italia e sul Muro degli Ebrei. Colubrine e serpentine rialzate riprendono a colpire le mura, mentre i guastatori scavano tunnel per andare a riempire il fossato. Ma anche all’interno della città si studiano le contromosse migliori.
Il gran Maestro indice una riunione cui prendono parte tutti, dai Cavalieri ai rodiani, ai mercanti che sono rimasti durante l’assedio. Ognuno dice la sua in merito alle strategie migliori e il fratello di d’Aubusson viene nominato Capitano-generale.
A 37 giorni dal disastro della Torre di San Nicola, Gedik Pasha ordina un nuovo scroscio d’artiglieria. In pochi giorni, sulle mura arrivano 3.500 colpi di cannone, senza contare quelli di colubrine e serpentine, tanto che, dice il De Caro:
la città di Rodi, la quale era di nuove e grossissime muraglie, di alte torri e di fortissimi bastioni d’ogni intorno munita e cinta, fu ben presto … sconquassata… smantellata e rovinata, che apparenza di città e fortezza più non aveva…
Attendendo l’assalto finale, D’Aubusson riorganizza le difese, e colloca in alcuni punti degli squadroni a cavallo che possano raggiungere velocemente qualsiasi punto delle mura in caso di necessità. Uno di questi è alle sue dirette dipendenze.
Nel campo turco invece, il buon Gedik, per spronare i suoi, promette il saccheggio libero della città e comanda di non uccidere i giovanissimi, affinché entrino nel corpo dei Giannizzeri.
Gli uomini, invece, devono essere massacrati. A eccezione di 8.000. Per questi ultimi erano previsto l’impalamento. E gli 8.000 pali erano già pronti.
Il 27 Luglio, dopo il solito cannoneggiamento, gli ottomani si gettano verso le mura. Il loro impeto iniziale è inarrestabile. Riuscirono a piantare i loro stendardi sulle Mura degli Ebrei e sulla Posta d’Italia. I Cavalieri italiani si lanciano in soccorso dei compagni, dando luogo ad uno scontro violentissimo sui camminamenti delle mura.
Il Gran Maestro, avvertito dell’irruzione turca, raggiunge la Porta d’Italia con il suo squadrone di cavalieri e massacra tutti gli ottomani che tentano di scendere verso la città. Smontato da cavallo, sale sulle mura, cercando di ricacciare indietro il nemico.
I turchi cadono dalle scale, dalle mura, inciampano gli uni sugli altri, mentre i drappelli di Cavalieri li spingono fuori dal muro appena conquistato. Sulla mura, sono comunque saliti oltre 2.500 ottomani ed, esaurita la spinta iniziale, anche i Cavalieri si trovano più volte in difficoltà.
I soldati ottomani cercano di uccidere il Gran Maestro e riescono a ferirlo cinque volte, una volta in modo grave, ma D’Aubusson (che ha 57 anni) continua a combattere.
Lo scontro sulle mura va avanti in maniera incerta per oltre due ore. Alla fine, la maggioranza dei turchi, non riuscendo a sfondare, va nel panico e inizia una ritirata. Ne rimangono poche centinaia. I Cavalieri li spingono verso i cittadini in armi, che li fanno a pezzi, mentre loro si lanciano all’inseguimento dei turchi, massacrandoli e raggiungendo il loro campo base.
Lì, il panico prende tutti gli ottomani, che abbandonano in massa il campo prima di riorganizzarsi. I Cavalieri riuscono a sottrarre addirittura lo stendardo reale, ricamato d’oro e argento (capture the flag!).
Nell’arco di poche ore sono morti altri 3.500 turchi.
In quel che rimane di Rodi, un gruppo di Cavalieri trascina a braccia il Gran Maestro dai chirurghi. Dopo l’incertezza iniziale sulle sue condizioni, riescono a rimetterlo in sesto.
A Gedik Pasha, fatta la rassegna dell’esercito, viene messo davanti un rapporto impietoso: 10.000 morti e 15.000 feriti, la maggior parte dei quali impossibilitati a combattere. Decisamente troppi.
Mestamente, fece i bagagli e abbandona Rodi con ciò che rimane della sua flotta.
Ma la furia di del fu-Michele Paleologo trovò sfogo altrove. Rifiutandosi di tornare a Costantinopoli senza un bottino e temendo l’ira di Maometto II, trascinò molti dei suoi uomini verso Otranto, già assediata da altre forze ottomane. L’Assedio di Rodi portò dunque a uno dei massacri più efferati del tardo medioevo, quello di Otranto del 1480.
Ma questa è un’altra storia. Maometto II muore l’anno successivo all’Assedio di Rodi, con l’isola ancora saldamente in mano agli Ospitalieri, sognando di conquistare Roma e riunificare l’Impero Romano nel segno della mezzaluna.
Sarà Solimano il Magnifico, nel 1522, a prendere Rodi, dopo un assedio ancora più terrificante di quello del secolo precedente.
Il Gran Maestro d’Aubusson, ripresosi dalle ferite, muore nel 1503, a ottant’anni.
Bibliografia
- Storia dei gran Maestri e cavalieri di Malta: volume II (1853), Luigi De Caro
- The History of the Knights of Malta (1728), Abate Vertot
- Knight Hospitaller (2) 1306-1565 (2001), D. Nicolle
- Istoria Della Sacra Religione Et Illustrissima Militia Di San Giovanni Gierosolimitano, Giacomo Bosio (1594)
Articolo pubblicato per la prima volta il 26 Marzo 2010.
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bell’articolo, c’è anche da dire come venne creato il primo bastione moderno proprio a rodi dopo questo assedio o quanti altre decine di migliaia di musulmani siano morti nel secondo assedio.
Quel pezzo di artiglieria venne usato anche a costantinopoli nel 1453, proprio ieri su history channel, ha fatto vedere in azione una replica di cotal arma (anche se penso che la polvere pirica non sia stata fabbricata secondo i metodi del XV secolo…).
lo so che è un canale di edutainment e che dice cazzate come il fatto che la spada europea venisse usata con la sola forza bruta rispetto alla katana( caro Iome non sto dicendo che la katana fosse inferiore)però c’era anche mike loades e di lui ci si puo fidare di lui
guarda che la doimane mi piace assai
le discipline giapponesi mi piaciono anche per l’approcio che hanno in relazione con la cultura nipponica
non che la spada occidentale non avesse fosse un simbolo filosofico-spirituale (basta pensare all’iconografia achemica) ma la pratica della scherma in se non era vissuta come un’veicolo di ascesi
su chi fosse più forte è certamente difficile da valutare, troppi fattori, ma è un fatto che i combattenti occidentali hanno vissuto un continuo confronto in un bacino estremamente più ampio del giappone feudale
la chiusura del giappone ha creato condizioni particolari, la katana dal momento in cui è stata adottata come status simbol della casta samurai non è stata più modificata nei suoi elementi (venendo raffinata nella sua geometria e costruzione a livelli maniacali) così con il cambiare delle condizioni si è modificato il maneggio, ma non in modo sensibile misure e forme (mentre ènota a tutti l’incredibile varietà delle spade occidentali)
in sostanza la scherma nipponica presta più attenzione a certi elementi psicologici poichè nella società aveva un ruolo diverso.
Poi il giorno in cui mi batterò contro uno schermidore di due mani vi riferisco l’esperienza vissuta
(per ora con filippini e tailandesi mela sono giocata bene)
si, avevo capito che sei cultore di tutti e 2 questi mondi, non lo metto in dubbio, le meccaniche base usate nel combattimento sono pressochè uguali, il fatto è che le discipline orientali ora stanno avendo una “coreografazione” rispetto a quello che una volta era motivo di vita o morte, cioè combattere bene. Cio che io sogno (sono un po pipparolo si ma solo poco) è un maestro di kendo o aikido o ancora jiu-jitsu che segua da vicino la tradizione occidentale riscoperta.
Approposito sul sito della ARMA hanno esposto la loro teoria sul passeggio, cosa ne pensate?
Beh, anche i cinesi, avevano una varietà incredibile di lame.
quando si tratta di infedeli è più che giustificato! 😛
Bell’articolo e utile 🙂
Ancora più utili quelli futuri sull’espansione araba dei primi secoli, su cui so davvero poco, anche se come gusto personale le mie battaglie preferite del medioevo vanno a quelle della prima e della terza crociata (fatta eccezione per Hattin – una tale stupidità mi rimane tutt’ora incomprensibile).
Altre battaglie che mi interesserebbero:
– le tante battaglie combattute nell’arco dei secoli dai vichinghi. Magari viste anche dal punto di vista nemico (inglesi e franchi principalmente).
– battaglia di Lepanto: pur essendo fuori dal medioevo, riguarda pur sempre l’argomento di questo articolo (un secolo abbondante di iniziativa turca, la conquista di Bisanzio, l’assedio di Vienna, Solimano il Magnifico…)
– tutt’altro periodo storico: le infinite guerre tra i diadochi, in particolare il culmine dell’egitto con Tolomeo Evergete e il successivo declino
E sì, ti servirebbe un collaboratore 🙂 Io mi offrirei se me la sentissi, ma in tutta onestà le mie conoscenze non sono abbastanza specifiche e per di più vertono su argomenti “inflazionati”. Poco più di wikipedia, temo 🙁
Come colaboratore potrei offrirmi io. : P Non so niente, ma passo tanto tempo al PC mentre fingo di fare i compiti! : D
Comunque, sull’assedio di Malta è possibile che abbia letto un romanzo? Il protagonista era un ex-giannizzero che combatteva dalla parte degli Ospitalieri? Aveva anche una zweihander, credo.
la grandezza di un’eroe si misura sulla grandezza dei suoi avversari
quindi se non vuoi fare apparire i tuoi eroi caucasico-finnici delle mezze seghe bisognerà trattare prima o poi di armi e bagagli dei cavalieri di là
mi hai frainteso le mezze seghe lo sembrerebbero i cristiani se nom mostri contro che popo’ di guerrieri si ritrovavano a combattere
sulle armi mediorentali-magrebine come già detto mi intrigano, anche perchè a differenza della scherma occidentale che ha lasciato un ingombrante lascito in manuali dei vari maestri di scherma, gli islamici nonostante la raffinata cultura non sembra che abbiano lasciato trattati in merito (ma magari semplicemente le persone che ho interpellato erano degli ignoranti incancreniti e impestati)
beh allora Scandemberg e i suoi Albanesi erano dei veri mostri… 😉
o i suoi avversari erano delle schiappe, ma in questo caso lo era anche lui 😉
post stupendo, adoro la storia e conosco davvero poco questi eventi.
(per come lo hai accennato ora mi incuriosisce parecchio l’assedio di malta)
ciao^^
il bello è che ora hanno sfornato 1 dopo l’altro saggi cosiddetti “minori”, quando ci hanno fatto rimanere a secco per 4 mesi e più
Il libro di cui parla Leonardo è “Religion” di Tim Willocks.
Il titolo deriva dal fatto che gli Ospitalieri si facevano chiamare “La Religione” ….. modesti, eh?
Il protagonista (l’ex giannizzero) si fa chiamare Tannhauser.
Buon libro, scorre bene.
La storia dell’assedio è rievocata abbastanza fedelmente (se togli la parte romanzata), nel succedersi delle varie fasi dei combattimenti.
Anche i riferimenti agli eventi precedenti, tipo la saga della famiglia di Solimano, sono corretti.
Bellismo anche questo articolo!
Da ingegnere logistico mi affascina ovviamente la logistica della cosa: assediare un’isola per mesi con un’esercito di 90.000 soldati (a cui va aggiunto tutto il personale ausiliario) richiede uno sforzo logistico impressionante, immagino centinaia di navi a fare spola, utilizzate per rifornire questa massa enorme di persone in territorio nemico, portare cibo, acqua, munizioni, armi, biada per i cavalli e chi più ne ha più ne metta.
Non ho le competenze per dire se gli arabi erano buoni strateghi ma conoscendo alcune delle loro imprese penso fossero degli ottimi organizzatori.
PS alcune figure non appaiono, c’è solo la didascalia, magari è un problema mio?
A voi appaiono tutte? (ad esempioq uella con la didascalia: “Il contrattacco dei Cavalieri.” al fondo del capitoletto “2. L’Assedio”).
No, le immagini degli articoli più vecchi erano ospitate su altri siti, e quelli visualizzati erano soltanto i link. Con il passare del tempo i siti chiudono e e le immagini vanno perdute :oups:
Terra Nova
Ciao. Ottimo articolo, che sto condividendo in giro su face, proprio perché mette in luce un approccio con gli stupratori di cammelli, diverso dall’appecoramento generale di questi tempi. Un solo dubbio. Per ben due volte, si parla di olio bollente. Ma avevo capito che non veniva mai usato, perché prezioso, e che si usava l’acqua, la pece, etc. Oppure, visto che loro erano dei virili guerrieri, disperati, e comunque in terra ricca d’olio, potevano fare diversamente?
L’acqua bollente fu usata sicuramente più dell’olio, ma anche quest’ultimo trovò spesso posto durante gli assedi. Magari a Malta riutilizzavano quello della frittura per fare la capoccia di moro a scottadito.
Ho capito. Grazie mille della risposta!
p.s. credo che la capoccia di moro sia meglio alla lanzichenecca (maciullata da una buona zweihander, cioè 😀 ) 😀
Come mai nell’elenco dei post futuri non compare l’Assedio di Szigetvár la “sconfitta con sorpresa”?
Ciao Matt, parli della “battaglia che salvò la civiltà”, me ne compiaccio. L’articolo è di 4 anni fa comunque. A breve però ce ne sarà uno sul Marcantonio Bragadin.
Grande articolo. Difficile buttarlo in quel posto agli Ospitalieri.
La fissa che il Saladino aveva per le isole penso sia motivata dal fatto che un’isola è un avamposto strategicamente perfetto: vedi tutto e tutti, ed è difficile romperti le balle. Il che spiega anche perché un’isola sia così difficile da assediare correttamente.
Inoltre, ti rompo le scatole per una preposizione:
“i Templari (che, per quanto ricchi e potenti, ebbero vita breve)”
I Templari ebbero vita breve proprio IN quanto ricchi e potenti: avevano in mano il Tesoro di Francia, Filippo il Bello era indebitato con loro fino al collo, quindi decide che gli conviene sciogliere l’Ordine del Tempio.
Grazie Christian, e benvenuto. Sui templari hai perfettamente ragione.
Articolo veramente interessante. Se non è già stato fatto, consiglio la lettura di “Obsidionis Rhodiae urbis descriptio” di Guillame Caoursin. Utilizzai questa testimonianza per la mia tesi di laurea triennale e la reputo davvero interessante.
Grazie Damiano. Sicuramente darò un’occhiata all’opera di Caoursin, mi sembra sia nel mio archivio privato, ma temo di non averla mai letta (un po’ il problema di tutti gli studiosi: tanti libri e poco tempo). Un saluto e a presto.
Buongiorno,
Mi sto appassionando alla storia dei Balcani e degli Ottomani proprio di questo periodo, grandi condottieri come Il Castriota o Hunyadi mi hanno fatto iniziare il lavoro di studio/scrittura per un ipotetico difficilissimo romanzo, ho Apprezzato davvero L articolo e spero di vederne altri su armi bianche e battaglie di questa zona e periodo. Posso chiederti consigli per la bibliografia su quesi paesi e di questo specifico tratto di storia? Fatico a trovare dei lavori specifici. Buon lavoro e grazie per questi approfondimenti molto belli
Ciao Leonardo,
sull’argomento c’è un bel libro, non so se ancora disponibile, di John V. A. Fine, The Late Medieval Balkans: A Critical Survey from the Late Twelfth Century to the Ottoman Conquests. Sulle questioni più squisitamente militari puoi cercare The Cross and the Crescent (non è il titolo preciso) di David nicolle.
Un saluto e in bocca al lupo.