Una battaglia sconosciuta, quella di Wadi al-Laban, e spesso sottovalutata anche dagli storici, ma che fu fondamentale per mantenere l’indipendenza del Marocco ed evitare una massiccia presenza di forze ottomane sulla sponda africana dello stretto di Gibilterra.
Nel XVI secolo, il quadrante nord-ovest del continente Africano, a cavallo tra Mediterraneo e Atlantico e tra coste e subsahara, diventa cruciale nella lunga guerra tra Impero Spagnolo e Impero Ottomano (e non solo). Gli eventi, le battaglie e i personaggi che si incontrano (e scontrano) in quel periodo sono molto interessanti di quelli che percorrono l’europa continentale nel momento della Riforma e Controriforma.
Nel corso del XV e XVI secolo, il Marocco viene sconvolto da numerose battaglie tra dinastie avversarie. I Merinidi, che lo governano dal 1248, sono soppiantati dai Wattasidi, una famiglia di visir (prima sottoposti alla loro autorità) nel 1465. Gli scontri tra i due sono tremendamente sanguinosi, ma alla fine anche questi ultimi devono fare i conti con rivali molto pericolosi, i Saadi. A guidarli c’è un uomo esperto di cose militari, Muhammad al-Shaykh, che implementa l’utilizzo di armi da fuoco e artiglierie europee nel suo esercito.
Nel giro di due decenni, Mohammed sconfigge più volte sia i Wattasidi che i Portoghesi (i quali possedevano alcune roccaforti portuali come Agadir, Tangeri e Ceuta). Nel 1544, diventa il primo Sultano della nuova dinastia.
Circa dieci anni dopo, gli ultimi Wattasidi, con l’aiuto degli Ottomani, riconquistano Fez, ma Mohammed li annienta in pochi mesi. I suoi rapporti con Solimano il Magnifico, che mira ad avere sotto il suo controllo l’intero mondo islamico, sono pessimi.
Nel 1552, il sovrano marocchino arriva addirittura a cacciare dal suo palazzo gli ambasciatori inviati da Solimano per trattare la disputa sui confini orientali del regno.
Se con Ottomani e Portoghesi non corre buon sangue, con gli Spagnoli, invece, Mohammed è in rapporti eccellenti e, con l’obiettivo finale di estendere la sua influenza a parte dell’odierna Algeria, stringe con loro una solida alleanza. Nel 1556, parla direttamente con Alfonso de Córdoba y Velasco, governatore di Oran, e con lui concorda una spedizione congiunta contro Algieri. Circa duemila soldati spagnoli, pagati direttamente da Mohammed, si uniscono all’esercito marocchino e riescono a prendere Tlemcen, occupata dai Turchi del 1552.
La vittoria ispano-marocchina è duplice, perché mentre Tlemecen cade in mano loro, riescono anche a respingere le forze di Algeri dall’assedio di Oràn (abbiamo parlato su queste pagine del successivo assedio della città, quello del 1563, che vedrà ancora il Marocco schierato al fianco della Spagna.
È un affronto che Solimano non gradisce. Nel 1557, nomina nuovamente beylerbey di Algeri Hasan Pasha, figlio di Barbarossa, che aveva già ottenuto la carica dal 1545 al 1548, prima di essere sostituito da Dragut!
Il suo compito è di sottomettere il Marocco al volere turco. Mohammed non è, però, d’accordo, e si rifiuta di battere moneta in nome di Costantinopoli. Mohammed ha 67 anni, ma è ancora un uomo energico e amato da buona parte dalla popolazione. Il suo esercito è moderno ed efficiente; deporlo fomentando una ribellione sembra impossibile. Per questo, Hasa Pasha decide di farlo assassinare.
Nell’Ottobre del 1557, alcuni ufficiali turchi si fingono disertori e riescono a guadagnarsi la sua fiducia. Poco dopo, lo uccidono mentre è con un drappello di soldati sui Monti dell’Atlante, intento a convincere i capi tribali locali a pagare la kharāj, che non gli viene corrisposta da ben 10 anni.
La kharāj è quasi indistinguibile dalla jizya fino alla prima metà dell’VIII secolo. Dopo la morte di ʿUmar, nel 720, si inizia a identificare la jizya come tassa individuale (pagata da non-musulmani che vivono in territori islamici) e la kharāj come tassa fondiaria.
Mohammed però ha lasciato al figlio Abdallah (che, ovviamente, per prima cosa prova a uccidere i fratelli) il nucleo di uno stato abbastanza solido e vertici militari capaci.
Quando Hasan Pasha invade il Marocco e, nel 1558, punta su Fez, si trova di fronte gli uomini di Mohammed guidati dal figlio. Nei pressi di Wadi al-Laban, i Marocchini bloccano gli Ottomani per diverso tempo e li costringono a ritirarsi. È infatti giunta la notizia di un imminente attacco spagnolo. Nello stesso anno, con la disastrosa spedizione di Mostaganem, cessa il periodo delle grandi alleanze tra Spagna e Marocco in funzione anti-ottomana.
In General history of Africa, V: Africa from the sixteenth to the eighteenth century (1992), viene specificato proprio il significato degli eventi del 1557-1558:
“La fine drammatica [di Muhammad al-Shaykh] non indebolisce la determinazione dei Sa’âdï nel liberare il Marocco dall’occupazione straniera e difenderlo da qualsiasi altra incursione da parte di forze esterne, anche se si tratta di potenze islamiche come gli Ottomani, che pure avevano esteso il loro dominio su quasi tute le nazioni arabe. In altre parole, il nuovo Califfo Abü Muhammad ‘Abdallah, proclamato Sultano senza alcun tipo di contestazione, continua la strategia politica e militare impostata dal padre. Il suo soprannome diventa al-Ghâlib Billàh (vittorioso grazie alla forza di Dio).”
I Saadi difenderanno l’indipendenza del Marocco dalle mire Ottomane (e dagli assalti Portoghesi) per un altro secolo, prima dell’ascesa al potere della dinastia Alawide, ancora oggi al governo.
Bibliografia:
- Morocco in the Sixteenth Century. Problems and Patterns in African Foreign Policy by Dahiru Yahya, Canadian Journal of African Studies / Revue Canadienne des Études Africaines, Vol. 18, No. 1 (1984);
- B.A. OGOT, General history of Africa, V: Africa from the sixteenth to the eighteenth century (1992);
- J. M. ABUN-NASR, A History of the Maghrib in the Islamic Period (1987)
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