caccia alle streghe

Caccia alle Streghe: Il Mito dei Nove Milioni di Donne Uccise

La caccia alle streghe ha suscitato l’interesse di molti storici e di un numero ancora maggiore di curiosi. Quando e dove è nato il mito dei nove milioni di donne uccise?

Ci siamo occupati più volte, sulle pagine di Zhistorica, di processi dell’Inquisizione e dei tribunali protestanti. Fenomeno di una certa rilevanza nell’Europa sconvolta da Riforma e Controriforma, la c.d. caccia alle streghe raggiunse l’apice nel centro-nord europa tra XVI e XVII secolo. Gli studi più moderni (una buona e agevole lettura è Witchcraft and magic in Europe del 2002) mostrano chiaramente come il numero complessivo delle donne vittime di questi processi fu piuttosto basso. Questo, ovviamente, non diminuisce l’abominevole brutalità di tali atti, ma aiuta a comprenderne la reale entità numerica.

Nei 300 anni che vanno dal 1450 al 1750, in Europa furono uccise per stregoneria circa 30 o 40.000 persone. Parliamo di “persone” perché molto spesso, in alcuni paesi, a finire sul rogo erano gli uomini. Giusto per dare qualche dato, sappiamo che a Mosca gli uomini rappresentavano il 75% dei condannati per stregoneria, che arrivavano a 92% in Islanda.

Ma allora per quale motivo sentiamo spesso parlare di 5, 7, o addirittura di 9 milioni di donne uccise sul rogo?

Si tratta di una mistificazione che risale al 1791, a un pamphlet dell’illuminista tedesco Gottfried Christian Voigt. Egli, prendendosela con Voltarie, reo di aver parlato di centinaia di migliaia di donne uccise nei secoli precedenti, propone una cifra al di fuori di ogni senso logico: 9 MILIONI.

In pratica, parliamo di 30.000 donne bruciate ininterrottamente ogni anno per 300 anni, 2.500 al mese e ben 82 al giorno. Come scritto bene dal CICAP in un articolo di qualche anno fa, i dati usati da Voigt sono un falso costruito su altri falsi.

Caccia alle Streghe. Il grafico pubblicato da The Economist nel 2017. I Paesi cattolici, come potete osservare, hanno un rapporto abitanti/processi molto più basso rispetto a quelli protestanti.

Nello studio della storia, come in altri ambiti del sapere, ci si avvale sia del criterio qualitativo che di quello quantitativo. Fermo restando che ogni innocente giustiziato nella storia umana grida vendetta, la differenza tra 30 e 3.000 o 30.000.000 è significativa. Così come è significativa la differenza tra chi ruba un pezzo di pane per sopravvivere e chi sottrae 100 milioni di euro ai risparmiatori, o tra chi uccide una persona per difendersi e chi massacra 1 milione di Armeni.

Eppure, il clima politico e intellettuale del periodo, unito al feroce anticlericalismo degli ambienti europei del XIX Secolo, permette la penetrazione di questa assurdità storica in diversi volumi.

In Magic and Superstition in Europe: A Concise History from Antiquity to the Present (2006), Michael D. Bailey riassume bene la questione della falsificazione di Voigt e dei suoi seguaci, quando scrive:

[Voigt] stimò il numero totale delle esecuzioni per stregoneria basandosi sui venti casi ricordati negli archivi della città di Quedlinburg . Decise, infatti, che questi dati costituissero una ratio universale applicabile alla storia cristiana senza distinzione di tempo e luogo. Per questo motivo, aumentò il numero fino a renderlo [a sua detta] adeguato alle dimensioni del continente Europeo e lo moltiplicò per 1.800 anni: 9.442.994.

Il numero di streghe ucciso immaginato dal Voigt fu arrotondato a 9 milioni dal professore viennese Gustav Roskoff, che lo riportò nel suo volume Geschichte des Teufels (Storia del Diavolo). Da quel momento, anche se mai accettato definitivamente, questo numero immaginario entrò nella divulgazione storica mainstream tedesca relativa alla stregoneria, che diede nutrimento anche alla retorica Nazista.

Insomma, per fare un paragone quantitativo, possiamo prendere la città di Milano. Lì hanno luogo diversi roghi famosi, ma, tra 1390 e 1641, le streghe giustiziate con questa modalità sono circa 30. Più o meno una ogni dieci anni. Nel periodo di massimo zelo inquisitorio, sotto Federico Borromeo, arcivescovo di Milano dal 1595 al 1631, finiscono sul rogo 7 streghe. 

Tabella riassuntiva di donne e uomini processati per stregoneria con luogo e periodo di riferimento (da “Male Witches in Early Modern Europe”)

Gli uffici inquisitoriali della Chiesa in generale, e quelli italiani in particolare, manifestano sempre un estremo scetticismo verso la stregoneria e la magia. Ne Il giudice e l’eretico: studi sull’inquisizione romana, John A. Tedeschi scrive:

Oltre al crescente scetticismo del mondo giuridico romano in materia di stregoneria, due decisive scelte procedurali risparmiarono all’Italia le persecuzioni che, sotto forma di caccia alle streghe, insanguinarono il resto d’Europa dal tardo Cinquecento alla fine del Seicento.

La prima fu l’insistenza, da parte dell’Inquisizione, sulla tesi che la testimonianza di una sospetta strega avesse una validità molto limitata contro altre persone.

La seconda scelta fu di non attribuire alcun ruolo nei procedimenti inquisitoriali al famigerato marchio del diavolo, che se scoperto sul corpo dell’imputato durante i processi secolari era considerato una prova decisiva quasi quanto la confessione.
Diversamente dai tribunali laici, che senza eccezione comminavano la pena di morte per stregoneria quando l’imputato confessava di avere partecipato a un sabba, o fatto apostasia al demonio, o compiuto un maleficio, l’Inquisizione trattava la stregoneria come un’eresia; così, il condannato non recidivo che si dichiarava pentito poteva riconciliarsi con la Chiesa.

In realtà, già uno studioso cattolico Jakob Kollman (1727-1787) era arrivato a una stima delle esecuzioni analoga a quella degli studi più recenti, ma per parecchio tempo, anche grazie al fervente anticlericalismo ottocentesco, i numeri di Voigt continuano ad avere un discreto successo. Lo stesso Bertrand Russel (e questo dovrebbe far comprendere come sia rischioso affrontare alcuni argomenti senza una solida preparazione storica), in Why I Am Not a Christian (1957), scrive:

Nell’Età della Fede [medioevo]… C’era l’inquisizione con le sue torture e ci furono milioni di sfortunate donne che finirono bruciate sul rogo […]

Abbandonato (fortunatamente) nel dimenticatoio della storiografia, il mito dei 9 milioni torna ad avere grande fortuna negli anni ’70, grazie ad alcune esponenti del movimento femminista e delle fazioni anticlericali.

Vengono ripresi scritti come quello di Matilda Joslyn Gage, femminista e mediocre studiosa, in Woman, Church and State (1893): 

“Si calcola sulla base di fonti storiche (!!!) che nove milioni di persone sono state mandate a morte per stregoneria dopo il 1484…” 

Ancora nel 1990, il film femminista The Burning Times ripropone questo falso acclarato, parlando di Olocausto Femminile.

Al giorno d’oggi, la mistificazione dei 9 milioni riscuote ancora un buon successo in molti libri (anche di presunti professori) e in migliaia di siti e pagine Facebook. Ci vuole un’attività di ricerca non troppo complessa per trovare affermazioni del genere:



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15 pensieri riguardo “Caccia alle Streghe: Il Mito dei Nove Milioni di Donne Uccise

  1. Ottimo articolo come sempre. Anche io ho letto la trattazione di Tedeschi, molto seria e circostanziata e ben lontana da sproloqui come le varie “difese dell’inquisizione” che stanno uscendo negli ultimi anni.
    Trovo molto interessante fare una distinzione tra diverse inquisizioni, che al momento sono mischiate dal senso comune in un unico minestrone fatto di torurazze e donnine appese.
    Una cosa fu l’inquisizione medievale (la prima: cattolica, contro gli eretici, XIII e XIV secolo), un’altra l’inquisizione romana (controriforma), un’altra quella spagnola (controriforma, ma fu più che altro uno strumento del potere “statale”), altre ancora la varie protestanti, che furono quelle più scatenate contro la stregoneria e meno legate al concetto di difesa dell’ortodossia, che era invece lo scopo principale della creazione del tribunale della fede.
    A questo proposito un saggio molto bello è “Inquisitori e inquisizione medievale” di Grado Giovanni Merlo. Un testo breve ma molto dettagliato che, insieme a un certo realismo di numeri e dati, unisce una lettura che (per quel poco che ne so) mi pare equa. Secondo Merlo l’inquisizione non fu un istituto violento nei fatti, la tortura era contestata e poco usata, gli inquisitori erano pur sempre frati che vivevano spesso male i loro compiti giudiziari e in pochi credevano davvero alle streghe, considerandole superstizioni. La vera violenza dell’inquisizione è stata piuttosto quella ideale: la convinzione di un’ortodossia da imporre con la forza, quello secondo Merlo fu il vero peccato e un abuso molto grave, una reazione estrema ai movimenti di riforma cristiana dal basso, che non era affatto scontata, si poteva fare anche dell’altro. Ma questa è un’altra storia.
    Ciao e grazie per i post sempre superbelli!

    1. Il giudizio di Merlo, come da lei riportato, volendo potrebbe essere considerato macchiato da un minimo di strabismo storico e in fondo contraddittorio.
      Si potrebbe parlare di strabismo storico perché considerare la difesa dell’Ortodossia una forma di violenza ingiusta è un giudizio tipicamentemoderno e del tutto estraneo al periodo storico. Senza voler considerare che anche noi pensiamo sia giusto reprimere chi si professa nazista.
      Il giudizio di Merlo potrebbe sembrare anche un po’ contraddittorio, per lo meno se messo a fronte dell’affermazione precedente che «[le inquisizioni protestanti […] furono quelle più scatenate contro la stregoneria [parché] meno legate al concetto di difesa dell’ortodossia»

      1. Ok, inutile dire che il giudizio di Merlo è supportato da una vita di studi, quindi non lo ripeto 🙂 Magari sono stata io frettolosa nel riportarlo, creando l’equivoco del “giudizio moderno” e delle contraddizioni che ci hai visto.

        Ecco un passo dal libro di Merlo “Inquisitori e inquisizione medievale” che è significativo dell’approccio dello studioso proprio in relazione al contesto. (Vi cita Zerbi tra virgolette). Lo trovo molto bello:

        “Piuttosto che di una difficilmente definibile e assai sfuggente ‘mentalità intollerante’ di un altrettanto indefinibile e sfuggente ‘uomo medievale’, è preferibile parlare di contesto repressivo, nella piena necessità di un ripensamento rigoroso della pur meditata visione di chi interpreta il medioevo come ‘età modellata sopra una concezione del mondo unitaria e, per così dire, compatta’ da cui consegue la conclusione che ‘in un sistema simile è logica e inevitabile la ‘intolleranza’ religiosa: in un mondo tanto unitario, infatti, non sembra proprio esservi spazio per posizioni alternative o dissenzienti’; perciò l’Inquisizione sarebbe ‘la istituzione più tipica dell’intolleranza medievale’.
        C’è da chiedersi se tale rispettabilissima e coerente visione non formalizzi gli esiti di un lungo processo storico nel quale sono esistite altre possibilità e potenzialità che sono risultate perdenti e non si sono realizzate. Perché non vedere invece l’Inquisizione come esito di orientamenti e caratteri di ecclesiologia, che è al tempo stesso una politologia, con le relative ricadute sulle istituzioni e sulla società?”

        Mica cavoli…

        1. Da tempo ho deciso che gli “studiosi” che hanno passato la vita su di un argomento vadano presi certamente sul serio.Ugualmente, però, ho deciso di non farmene condizionare oltre il giusto. Alla fine, cerco di ragionare del mio.
          E allora, non mi sembra che i passi che riporti di Merlo possano superare le mie due obiezioni.

          1) Anche nella nostra epoca la repressione è spesso (forse sempre) violenta verso quelle ideologie o movimenti (o come altro vuoi chiamarli) che la volontà politica dominante giudica esiziali per l’intera società. L’esempio principe dei decenni post guerra mondiale è il Nazismo. Sorvolo sui casi post Medio Evo, rispetto ai quali l’Inquisizione fa un figurone, come ad esempio, le guerre di Vandea e il Terrore giacobino, le purghe staliniane, ecc. ecc. L’elenco sarebbe interminabile e il numero dei morti farebbe impallidire la bufala dei 9 milioni di streghe.

          2) Ribadisco che sento un profumo di “strabismo storico”: l’importante, alla fin fine, mi sembra sia la possibilità di dare un giudizio etico, più clemente e sofisticato di quello anticlericale dominante un tempo, ma che comunque chiarisca che “noi siamo diversi” (e ovviamente “migliori”). A me non pare che ci sia molto di cui gloriarsi. Forse ci dovremmo limitare a comprendere cosa sia successo. E l’articolo mi sembra molto utile da questo punto di vista.

    2. Concordo con la valutazione dell’Autore del post, come sempre frutto di studio accurato e valutazioni oggettive e con la Sua, anche riguardo l’indicazione del testo del Merlo, che trovo anch’essa scevra dagli usuali preconcetti sull’argomento e pienamente condivisibile.

  2. Scusa… chi si starebbe gloriando di cosa? Noi chi? L’importante di che?
    Intuisco che parliamo di due cose diverse, io cito letture storiche, tu hai una questione di principio che vuoi dimostrare senza dichiararla espressamente, e infatti mi sfugge. Quindi la discussione è sfasata e poco chiara. Lascio il campo. Aloha

  3. Ricordo di aver letto tempo fa che una certa rilevanza nella fase della denuncia
    della stregoneria, l’abbia avuta la classe medica allora informata alla teoria classica e in competizione con fattucchiere e aggiustaossi che praticavano su basi empiriche. Mi dispiace di non essere più preciso. Mi chiedo se qualcuno ricorda qualcosa in merito. Grazie.

  4. Ciao, buona notte. Ho un sito in portoghese e sono interessato a tradurre questo articolo e pubblicare, dando i crediti dovuti, ovviamente. È possibile?

  5. I santi sono diventati santi perché uccidevano i pagani/eretici/streghe/stregoni e se ne vantavano. Erano al potere, lo potevano fare. E alcuni cristiani lo farebbero ancor oggi se avessero il potere si farlo.

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