Il Cavaliere di Spade: Breve Storia del Duello d’Onore

Il Duello d’onore evoca la romanzesca scena di un prato lucido di rugiada, sorvolato da una foschia mattutina, con due solitarie figure di duellanti che si stagliano contro l’alba rosea, spade o pistole alla mano.

“Che gente curiosa, strana, que’ gagliardi vecchi! Fieri, intolleranti d’ogni freno; capaci di ogni nobile azione, come di qualsiasi brigantesca birbanteria, riboccavano di coraggio; e meraviglioso era in loro il disprezzo per l’esistenza! Che tempi erano quelli!”

Jacopo Gelli, prefazione de I duelli mortali del secolo XIX, 1899

Al di là di questa suggestione viziata dalla letteratura e dalla filmografia (ma non così avulsa dalla realtà), nella storia dell’aristocrazia europea il duello d’onore fu soprattutto un pilastro della sua identità e una prerogativa di ceto gelosamente custodita.

Non che la pratica del duello fosse sconosciuta al mondo antico: le monomachie tra i campioni achei e troiani costituirono il cuore dell’epica omerica, ma furono affermazioni di valore guerriero, finalizzate alla ricerca del Kleos (fama), e non ebbero alcuna pretesa di difesa privata del proprio onore o di espressione di un giudizio divino.

Presso la cultura civilistica della Roma repubblicana e imperiale, la pratica del duello, in particolare quello d’onore o giudiziario, non ebbe alcun seguito, né beneficiò mai dell’approvazione sociale di cui godrà nell’Europa medievale e moderna.

Ben noto è l’episodio, raccontato da Plutarco nella Vita di Antonio, della sfida in armi lanciata da un Marco Antonio ormai sconfitto a Ottaviano, che quest’ultimo sprezzantemente rifiutò; gli Orazi e i Curiazi, trasfigurati nel mito, erano ben lungi dallo spirito pragmatico del primo Imperatore.

E’ Tacito, nella sua Germania (98 d.C. circa), a raccontare della pratica diffusa presso i popoli barbari settentrionali di trarre pronostici mediante duelli in armi, usanza aliena alla mentalità romana, volta a manifestare la volontà degli Dèi.

Come si può dedurre da quanto riportato qui sopra, il duello irruppe nella cultura delle classi dominanti dell’Occidente in seguito alla caduta dell’Impero romano e alla conseguente germanizzazione del mondo antico, che portò con sé l’istituzione del duello giudiziario ordalico (o duello di Dio). L’ordalia (dal germanico urteil, verdetto) era una prova con la quale si chiamava in causa il giudizio degli Dèi e non era sempre concepita nella forma di un duello armato, ma spesso come prove fisiche personali cruente (ordalie del fuoco e dell’acqua) o, talvolta, incruente; di quest’ultimo tipo, gli auspici tratti sui corpi dei defunti (le vittime stesse, nel caso di un presunto omicidio) oppure, in epoca cristiana, anche su reliquie.

Il reciproco influsso del culto germanico del valore guerriero e il cristianesimo trovarono nella pratica del duello giudiziario ordalico una coesistenza contraddittoria ma solida, tanto che questa si protrasse, a dispetto della condanna ecclesiastica, per tutta l’Era di Mezzo e fino alle soglie dell’Età moderna. Sublimazione del germanico duello ordalico è il duello giudiziario d’onore, che avrà il suo momento di massima teorizzazione ed espressione in Italia, tra la seconda metà del XV e la prima del XVI secolo. Da qui la definizione di duello giudiziario d’onore all’italiana, con cui ci riferiremo di seguito; la genesi italiana è indicata già nel XVI sec. dal letterato francese Pierre de Bourdeille, signore di Brantôme, che individua gli italiani come gli inventori di una nuova, cerimoniosa forma di duello giudiziario, con tutto il suo corollario di “puntigli” d’onore.

Il termine puntigli non è improprio, anzi è molto eloquente; divenuto ormai patrimonio identitario e prestigiosa prerogativa di ceto, il duello giudiziario infatti, nella declinazione italiana e rinascimentale, sarà caratterizzato da forme e norme sempre più elaborate.

Il passaggio concettuale dal duello giudiziario ordalico germanico-medievale all’impianto consuetudinario del duello giudiziario d’onore all’italiana, e poi a quello privato d’onore, è motivato molto bene da Marco Cavina, nel suo saggio Il Sangue dell’Onore:

Il duello fu rappresentato come elemento di un complessivo progetto politico che riconosceva ai nobili e ai militari il potere di elaborare un proprio diritto intorno al loro massimo distintivo di ceto, l’onore, che doveva essere sottratto al diritto comune e ai tribunali ordinari.

La consuetudine del duello giudiziario d’onore all’italiana contemplava schemi complessi nella quantificazione dell’offesa, nonché nella stessa definizione del ruolo dell’offeso e dell’offensore. L’offesa era inoltre qualificata procedendo da prospettive valoriali talvolta molto diverse dalle nostre: ingiurie che ledevano l’integrità fisica o d’animo della persona (insulti o percosse) erano sicuramente motivo sufficiente per chiedere soddisfazione tramite le armi, ma lo era anche la semplice accusa di aver mentito, o di aver mancato alla parola data.

Non deve stupire la gravità attribuita all’accusa di mentire: sin dall’etica cavalleresca medievale, l’Onore coincide con la Verità e dunque l’accusa di essere un bugiardo è una implicita contestazione del proprio onore.

Passaggi successivi alla definizione dell’offesa erano la pubblicazione di cartelli di sfida, la scelta del campo franco e delle armi con le quali disputare lo scontro, che erano, per consuetudine, a discrezione dello sfidato.

Alcune famiglie nobili prosperarono attorno all’istituto del duello giudiziario all’italiana, come ad esempio i duchi di Ferrara e i Gonzaga di Mantova, sempre disposti a elargire pareri cavallereschi, offrire “campo franco” e a far spettacolo delle suggestive monomachie tra il fiore dell’aristocrazia italiana.

Un’altra categoria professionale che godrà del successo del duello giudiziario saranno i Maestri d’Arme, che spesso venivano ingaggiati per preparare i duellanti in vista della sfida.

Anche nella prospettiva di dover istruire gli sfidanti nell’uso dei più svariati strumenti d’offesa, i trattati di scherma del cinquecento si schiuderanno sullo studio di un ampio spettro di armi (la panoplia), con una ricchezza che andrà scomparendo nella trattatistica successiva.

In un duello formalizzato lo sfidato aveva diritto e piena facoltà di scelta delle armi e delle protezioni; allo sfidante era generalmente consentito un tempo congruo per addestrarsi di conseguenza.

Non mancarono, a tal proposito, pittoreschi tentativi di volgere le condizioni del duello in proprio favore. Racconta Brantôme, nel suo Discours sur les Duels, di uno sfidato di bassa statura che impose allo sfidante, ben più alto di lui, di combattere con un collare irto di chiodi affilati. Lo sventurato non poteva chinare la testa senza ferirsi e fu ammazzato facilmente dal suo minuto avversario.

Il Cinquecento è tuttavia anche il secolo in cui si impose il costume del duello in camicia, senza l’armatura e le protezioni che avevano contraddistinto gli scontri cavallereschi tardo medievali e di cui ci diede a suo tempo testimonianza il Maestro Fiore dei Liberi da Premariacco.

Nel 1547 si combatté invece in armatura, alla presenza del Re di Francia Enrico II, uno dei più famosi duelli-spettacolo della storia, quello che vide opporsi Guy Chabot signore di Jarnac e François de Vivonne, signore di Châtaigneraie.

Combat de la Chasteneraye et de Jarnac, Bibliothèque nationale de France, département des Estampes et de la photographie,

Distillato di una vertenza d’onore protrattasi per anni, il duello fu disputato con spada e brocchiere e si concluse con la sconfitta di La Châtaigneraie, dopo che Jarnac lo azzoppò con un inaspettato taglio al garretto sinistro (colpo astuto e inaudito, di cui l’aveva istruito un maestro d’arme italiano, Caizzo). La Châtaigneraie morì dissanguato, dopo essersi strappato le bende in un impeto d’ira.

Grazie al successo del duello giudiziario all’italiana, si diffonderanno infine, nelle corti del rinascimento, figure intellettuali competenti in materia d’onore e scienza cavalleresca, il cui precursore fu il famoso giurista quattrocentesco Paride dal Pozzo (il Puteo).

Non mancò di affermarsi anche una letteratura specialistica sulla materia: la duellistica, cui presto, si affiancò anche una letteratura anti-duellistica, ispirata inizialmente dall’opposizione culturale della Chiesa.

Il primo colpo mortale alla prerogativa cetuale del duello giudiziario d’onore si avrà appunto con la formale condanna da parte della Chiesa, avvenuta nel Concilio di Trento del 1563, con il canone XXV,19 Detestabilis duellorum usus. Il duello giudiziario fu accusato, come già in passato, di sostanziare un orrore teologico: ossia la volontà di tentare Dio al miracolo, chiamandolo a stabilire la verità attraverso le armi. Il canone XXV,19 imponeva la scomunica per tutti coloro che partecipassero al duello, fossero essi duellanti, padrini, garanti in qualsivoglia forma, compreso chi elargiva il campo franco.

Per i morti in duello veniva stabilita anche l’interdizione alla sepoltura ecclesiastica.

Nel 1582, la Ad tollendum di Gregorio XIII e successive integrazioni equipararono il duello privato (o cavalleresco) a quello giudiziario: la condanna ecclesiastica divenne così completa e inequivocabile. A seguito di questa drastica opposizione della Chiesa, il duello finì nel precipizio della clandestinità, ma, anche da laggiù, continuò ad avere una presa fortissima sull’immaginario della nobiltà europea. Si delineerà in seno dell’aristocrazia cattolica una doppia morale, profondamente contraddittoria, divisa tra l’osservanza religiosa e una predominante mentalità di ceto che continuerà a vedere nel duello la sola forma di giustizia possibile per il gentiluomo.

Il duello clandestino d’onore conoscerà ancora più successo di quello formalizzato giudiziario e godrà di una inaspettata diffusione verticale, oltre che orizzontale.

Già dal Cinquecento, ma particolarmente nel Seicento, alcune categorie sociali fino ad allora marginali alla consuetudine del duello, come ad esempio i soldati di professione, cominciarono a ricorrervi come strumento per dirimere i propri contenziosi.

Non che questa estensione verticale mancasse di una coerenza di fondo: i soldati professionisti, che si guadagnavano da vivere con l’esercizio delle armi (esattamente come l’aristocrazia di spada), sentirono sempre più il dovere di farsi giustizia con i loro strumenti del mestiere.

Un esempio di questo tipo militare con pretese d’onore erano i señores soldados dei tercios iberici, così ben dipinti nella celebre e picaresca figura del Capitano de Contreras.

Sull’onda di una ferocia squisitamente barocca, la pratica del duello, sul principio del XVII° secolo, assunse i connotati di una piaga sociale.

Ne fu testimone il Cardinale Richelieu, nelle sue Memorie:

I duelli erano divenuti sì comuni, che le strade servivano di campo di combattimento e come se il giorno non fosse abbastanza lungo per eccitare la loro furia, i duellanti si battevano alla luce delle stelle o delle fiaccole che tenevano luogo di sole funesto.

Anche l’Italia non era da meno della Francia quanto a furore duellista, tanto da scandalizzare lo stesso Brantôme: in tre mesi di permanenza a Roma, il francese fu testimone di svariati “combats en camp clos”; a Napoli ne vide tre; addirittura a Milano, dove si fermò un mese per prendere lezioni da un maestro d’arme, non passava giorno senza che vedesse delle “quadrilles” (quadriglie) di uomini scontrarsi nelle strade. Con il duello “alla macchia”, anche molti degli artifici, dei cavilli e delle ritualità andranno perdendosi; prime tra tutte la scelta delle armi e del campo franco, oramai vincolati a fattori contingenti: si combatteva in strada, sui sagrati delle chiese, negli orti e nei cortili abbandonati, con ciò che si portava addosso. Il carattere estemporaneo del duello clandestino del Seicento trova espressione anche nella trattatistica di scherma civile del tempo, che si limita perlopiù all’uso della spada sola e della spada e pugnale (talvolta della cappa, raramente targa o altra difesa).

Nel suo trattato del 1653, il Maestro d’Armi Francesco Alfieri mette in risalto l’insegnamento del pugnale come arma secondaria “per esser nelle più parti dell’Europa portato da Cavalieri, e in compagnia della Spada usato ne duelli.”

Nel corso del XVII secolo, tuttavia, accanto alla condanna ecclesiastica del duello si aggiunse quella della legislazione secolare, ossia dello Stato, che si espresse con misure rigide, non più sporadiche e contraddittorie.

Tentativi di sanzione di questa pratica da parte dell’autorità se ne registrarono già nel corso del Medioevo e del Rinascimento (soprattutto in Italia), ma, alle soglie dell’età moderna, assunsero una forma più lungimirante e sistematica.

Non è un caso che la repressione secolare del duello si impose prima di tutto in quelle nazioni europee impegnate in forti movimenti di accentramento del potere. Una giustizia di ceto esclusiva della nobiltà rendeva impossibile l’istituzione di quel monopolio della violenza che è alla base di tutte le formazioni statali moderne.

In Francia, il Cardinale Richelieu tentò una prima reazione istituzionale contro il duello, ma si scontrò con l’indulgenza di Luigi XIII, un sovrano decisamente poco disposto a schierarsi contro la sua nobiltà. Le insistenze del Cardinale sortiranno l’effetto di mandare al patibolo ben pochi duellanti, tra cui François de Montomorency-Bouteville, un impenitente attaccabrighe che decise di sfidare l’editto reale intentando un provocatorio duello alla spada e pugnale nella Place Royale di Parigi.

Famosa sarà la frase di Richelieu all’indirizzo del Re:

Sire, il est question de couper la gorge aux duels, ou bien de couper la gorge aux lois de Votre Majesté.” (“Sire, la questione è se tagliare la gola ai duelli, o alla alla legge di Sua Maestà.”)

La reggenza del Cardinale Mazzarino, e ancor più l’accentramento del potere da parte di Luigi XIV, inasprirono la repressione della pratica, in particolare con il famoso Édit des Duels del 1679. La legge del Re impose la pena di morte per tutti i partecipanti al duello, compresi padrini, secondi e terzi, con confisca dei beni; si dispose anche che i rei duellanti venissero privati delle loro patenti di nobiltà e i loro blasoni infranti in una esecuzione pubblica.

Nel XVIII secolo, tuttavia, la mania duellista tornerà a infervorare il continente, soprattutto in Francia, con minore intensità nei paesi settentrionali e nella flemmatica Inghilterra.

Nel Settecento, il duello d’onore si propagò dall’aristocrazia e dai milites anche alla borghesia, radicandosi nell’immaginario collettivo virile.

Alla condanna ecclesiastica e alla repressione secolare, si aggiunse anche quella intellettuale degli illuministi, che, tuttavia, poco o nulla poté per temperare il furore duellista.

Emblematico della mentalità dell’epoca, l’episodio che vide coinvolto Giacomo Casanova, costretto a disputare un duello contro il Gran Panettiere del Re di Polonia Conte Branicki, per evitare l’infamia di essere tacciato come codardo e la conseguente morte sociale. Pur non credendo troppo nell’onore (che egli riteneva “un bene imaginario”) Casanova fu trascinato dallo spirito dei tempo in un prato, all’alba, a disputare un letale duello alla pistola. Eppure, anche lo scaltro e smaliziato libertino non si poteva dire esente dalla fascinazione esercitata dal duello, come molti degli uomini del suo tempo:

Lo sfidar a duello chi offese è un natural impulso di un animo, che l’educazione seppe rendere moderato e padrone di frenar la brutalità de’ primi moti. Un animo barbaro, che una nobile educazione non avvezzò a reprimere i primi impulsi, respinge offesa con offesa, e tenta, condotto dalla sua passione e da natural desio di vendetta, di privar di vita che il vilipese, senz’esporsi al rischio di divenir esso medesimo la vittima del suo proprio diritto.

La fascinazione per la la signolar tenzone e la bella morte non fu una prerogativa esclusivamente maschile. Il primo duello tra donne di cui si ha evidenza è datato 1650, fu combattuto nei pressi di Bordeaux e vide coinvolte due sorelle. Il discreto cronista tace sull’identità delle duellanti, limitandosi a precisare la loro appartenenza ad una delle più importanti famiglie della Guascogna.

Ben più celebre e documentato fu il duello alla pistola, disputatosi nel 1715 nel Bois de Boulogne, che vide coinvolte due alte esponenti della nobiltà francese: la contessa di Polignac e la marchesa di Nesle. Le due nobildonne, entrambe sposate, scesero risolute sul campo dell’onore per contendersi il favore dell’affascinante Duca di Richelieu.

Nel corso del XVII e con sempre maggiore diffusione nel XVIII e XIX secolo, alla spada, tradizionale e simbolica arma del duello, si affiancò la pistola.

Il duello alla pistola ebbe particolare diffusione presso la nascente borghesia e negli ambienti militari; nonostante i duelli all’arma da fuoco godettero di un certo credito anche presso la nobiltà, la pistola conservò sempre una nomea di arma borghese, dal carattere poco aristocratico. A conferma di questo sotterraneo pregiudizio, in occasione del celeberrimo duello tra il principe Vittorio Emanuele di Savoia-Aosta, Conte di Torino e il Principe Enrico di Borbone Orléans, tenutosi al Boix de Marechaux nel 1897, venne rifiutata dagli italiani la proposta di un duello alla pistola in quanto la si riteneva un’arma più confacente a “mariti traditi”, che non a principi di sangue reale.

Sui duelli del XIX e del XX secolo, sempre più documentati anche a livello giornalistico, si potrebbero scrivere decine di altri articoli.

Il duello d’onore restò ancora profondamente radicato nei valori virili dell’epoca, persino in una società sempre più livellata e apparentemente priva di ceti. Accusato di essere vestigia di un’epoca barbara da una nuova sensibilità secolarizzata e progressista, fu tuttavia praticato anche da numerosi giornalisti e intellettuali.

Si pensi alla sfida a duello lanciata da Tolstoj a Turgenev, ai duelli novecenteschi di Ungaretti e Marcel Proust , o a quelli in cui persero la vita Felice Cavallotti e Aleksandr Sergeevič Puškin.

Riporta il Gelli in una nota una significativa statistica delle armi maggiormente impiegate nei duelli in Italia e in Francia:

Il numero dei duelli in Italia fu di 2759 nel decennio 1879-1889; e di 754 dal 1890 al 1° luglio 1895. Dei 3513 duelli 140 accaddero con la spada, 3138 con la sciabola e 223 con la pistola. In Francia, invece, dal 1880 al 1890, accaddero 467; di cui 329 alla spada; 12 alla sciabola e 118 alla pistola.

La morte di Felice Cavallotti nel duello contro il conte Ferruccio Macola, copertina de “Il Secolo Illustrato della Domenica”, N. 443 del 20 Marzo 1898

Sempre il Gelli imputa la predilezione italiana per la sciabola a una furbizia tutta mediterranea: la sciabola infatti, “se usata con intelligenza da ambo le parti”, sortisce “molto più effetto apparente della spada, e quanto e come questa produce in sostanza poco o punto danno.”

Il duello, va infine precisato, non si esaurì nella sua espressione cavalleresca, ma conobbe anche una parallela e ben più oscura storia popolare; un mondo sommerso di duelli rusticani combattuti con armi meno nobili ma altrettanto letali, secondo concezioni della dignità personale che in fondo non erano poi così diverse nello spirito da quelle dei grandi d’Europa.

Scrive brillantemente Giuseppe Ettorre, generale del Regio Esercito, nel 1928:

Le questioni da cui derivano le vertenze cavalleresche, se sono complesse nei loro svolgimenti e nella loro conclusione, sono in genere assai semplici nella loro origine. Le cause si ritrovano nella difesa dell’onore famigliare, dell’onore e della reputazione personale, nei dissidi durante il giuoco, nei dissensi politici.

Il campo dell’onore, con il suo romantico richiamo, è forse una delle costruzioni ideali più longeve della storia dell’uomo. La ragione di questa sua straordinaria persistenza la dichiara proprio l’anti-duellista Gelli nell’apertura di una delle sue più celebri opere:

Il mondo cambia: ma i sentimenti dell’io rimangono sempre gli stessi”.

Marco Ferrari

Centro Studi GAIRETHINX

Sala d’Armi Guardia Di Croce

Scuola di Arti Marziali OPERA NOVA

 Dedico questo articolo ai miei compagni di studi e a tutti i fratelli d’armi, di ieri, oggi e domani.

Un ringraziamento speciale e sentito a Moreno Dei Ricci e Lisa Muner per la revisione del testo.

Bibliografia:
  • ALFIERI FRANCESCO, L’Arte di Ben Maneggiare la Spada, Padova, 1653
  • BALDICK ROBERT, The Duel, A History of Duelling, Chapman&Hall, 1965
  • BRANTÔME, Discours sur les Duels, Editions Sulliver, 1997
  • CARDINI FRANCO, Onore, Il Mulino, 2016.
  • CASANOVA GIACOMO, Il Duello, Meravigli, 1993
  • CAVINA MARCO, Il Sangue dell’Onore. Storia del Duello, Laterza, 2005.
  • ERSPAMER F., La biblioteca di Don Ferrante. Duello e onore nella cultura del Cinquecento, Bulzoni, 1982 GELLI JACOPO, Codice cavalleresco italiano, Milano, 1892
  • GELLI JACOPO, Duelli Celebri, Hoepli, 1928
  • GELLI JACOPO, Duelli Mortali, Sugarco edizioni, 1992
  • KIERNAN VICTOR G., Il Duello, Marsilio, 1991.
  • MALACARNE GIANCARLO, Onore,Gloria,Vanità, il duello nell’Italia del Cinquecento,Il Rio, 2017.
  • TREVOR DEAN, K. J. P. LOWE, Crime, Society and the Law in Renaissance Italy, Cambridge University Press, 1994

Articoli:

  • RIZZANTE RICCARDO, Vittorio Emanuele di Savoia Aosta, l’uomo che preservò l’onore nazionale, articolo pubblicato sulla rivista Passione Stoccata, Gennaio-Febbraio 2009

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4 pensieri riguardo “Il Cavaliere di Spade: Breve Storia del Duello d’Onore

  1. Stupefacente come attraverso la ricostruzione storica(che io sto conoscendo proprio grazie a ZHistorica) si riesca ad avere una visione di insieme leggermente più comprensibile del mondo moderno. Grazie alle radici storiche è più facile comprendere perché tutt’ora sia molto diffusa la virilità in ambito di sport di combattimento e arti marziali che hanno ancora una diffusa connotazione di onore, molto insensata nel XXI secolo nei paesi occidentali, a mio avviso. Per non parlare dell’onore di gruppi di estrema destra contro estrema sinistra, che ancora si svolge in ambito di violenza fisica nonché verbale, sempre con una sfumatura medioevale di onore e virilità ( anche diffusa nella stessa maniera tra le donne). Grazie Zwei, come sempre appassionante e che porta a riflessione! Continua così!!!
    Nicolò Motta
    P.S: sarebbe interessante una traduzione in inglese degli articoli più richiesti!!

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