Regno d’Etiopia, Sultanato di Adal e Portogallo: La Battaglia di Wayna Daga (1543)

Il Sultanato di Adal cercò per molti anni di distruggere il Regno d’Etiopia. Alleato di quest’ultimo fu un paese europeo, il Portogallo. La Battaglia di Wayna Daga rappresenta l’ultimo atto di questo lungo conflitto.

A partire dal 1529, le forze islamiche dell’imam Ahmad ibn Ibrahim al-Ghazi iniziano una guerra con l’obiettivo di conquistare il regno d’Etiopia. La spina dorsale delle truppe di Ahmad è formata da somali e da nutriti gruppi di supporto ottomani, che portano anche nel corno d’Africa l’innovazione tecnologica rappresenta dalle armi da fuoco. La congiuntura internazionale è, in quel momento, molto favorevole all’espansionismo islamico, e in particolar modo all’imperialismo adalico.

Nel 1517, Selim I ha annientato i Mamelucchi d’Egitto e, nel 1522, Solimano ha finalmente strappato Rodi dalle mani degli Ospitalieri. Nel 1526 ha massacrato l’esercito ungherese a Mohacs, annettendo il regno d’Ungheria. Il Sultanato di Adal è vassallo dell’Impero Ottomano, e forte del suo appoggio, investe l’Etiopia con le sue milizie. Il conflitto va avanti per un decennio, durante il quale Ahmad occupa la maggior parte dei territori cristiani e porta il Regno d’Etiopia al collasso. Ahmad non ha però fatto i conti con una potenza europea che da molti anni mostra interesse per i traffici commerciali nell’area fra corno d’Africa e India. Parliamo, ovviamente, del Portogallo.

Le vicende di questa lunga guerra sono state narrate da un testimone diretto, e tradotte in diverse lingue, tra cui l’inglese. Il testo di riferimento è The Portuguese expedition to Abyssinia in 1541-1543 as narrated by Castanhoso, pubblicato a Londra da  R.S. Whiteway nel 1902.

Per molti secolo, la notizia dell’esistenza di un regno cristiano circola, in modo vago, in Europa, pur non essendoci alcuna conoscenza dell’Abissinia.  Sembra che, sotto il regno di  Zara Yakub (1434-68), vi sia stata un’ambasciata giunta in Vaticano dall’Abissinia. Si dice che questa ambasciata sia stata inviata a causa di una controversia religiosa tra un abissino, Abba Giorgis, e un Franco (ossia un europeo nel gergo mediorientale), forse un veneziano.

Sappiamo, infatti, che alcuni pittori veneziani sono arrivati in Abissinia poco dopo, poiché Alvarez incontra là un Branca Leone (Niccolò Brancaleone), che ha raggiunto il paese nel 1485, e che egli descrive come “grande gentiluomo anche se fa il pittore“.

Nessuno di questi gli avventurieri, per quanto a noi noto, fa ritorno in Europa e, anche quando le scoperte portoghesi lungo la costa occidentale dell’Africa stava rivoluzionando la geografia, le informazioni a disposizione, anche dei dotti, non andavano oltre la probabilità che ci fosse, da qualche parte nel continente, uno stato che professava la fede cristiana.

L’immaginazione europea era già stata catturata da una favola, ampiamente diffusa nel Dodicesimo e Tredicesimo secolo, di un grande imperatore cristiano che governava nell’Africa orientale o in Asia centrale, il Prete Gianni.

Questo racconto, che in Asia riguarda invece un capo mongolo, ha sostenuto la speranza che lì fuori, da qualche parte, vi fosse un grande potere cui l’Europa poteva guardare per trovare aiuto contro l’avanzata islamica. La caduta di Costantinopoli e l’avanzata dei nuovi eserciti di turchi riaccendono la speranza intorno questo sconosciuto re cristiano africano.

Contemporaneamente agli sforzi marittimi per raggiungere Corno d’Africa, i portoghesi inviano anche spedizioni terrestri al fine di scoprire rotte commerciali e identificare questo cristiano re. Pedro da Covilhã raggiunge davvero l’Abissinia, forse già, nel 1493 con il compito di consegnare una lettera al Prete Gianni, e viene accolto bene dal sovrano Eskander. La richiesta di quest’ultimo è che il Portogallo aiuti l’Etiopia a combattere i musulmani.

Tuttavia, a Pedro non è più concesso di lasciare il paese, sebbene continui ad avere la completa fiducia del Sovrano. Sotto il fratello di Eskander, Na’od, e sotto il figlio di questi, Davide II, i contatti tra Portogallo si fanno più consistenti. Nel 1512 la regina Eleni, la reggente, visto che Davide II ha solo 11 anni, riesce a inviare il sacerdote armeno Matheus presso un grande navigatore e comandante portoghese, Alfonso de Albuquerque, che in quel momento si trova in India. Grazie al Matheus, di orgine armena, Albuquerque riesce a comprendere in modo più preciso la situazione dell’Abissinia, specie perché le sue parole combaciano con i racconti dei prigionieri abissini catturati dai musulmani e liberati dal portoghese.

Matheus viene quindi mandato a Lisbona, dove arriva nel 1514. Qui, il Re decide di mandare un ambasciatore ufficiale in Abissinia (anche perchè nessuno capisce se i domini del negus arrivino, come si narra, fino al Capo di Buona Speranza!).  Dopo la morte del primo ambasciatore, il testimone passa a Dom Rodrigo de Lima, che prima raggiunge l’India (1517) e poi arriva presso il sovrano etiope Davide II nel dicembre 1520.  Lì trova Pedro da Covilhã, vecchio (è lì da quasi trent’anni) ma in salute, che gli chiede di riportare il figlio ventenne in Portogallo quando ripartirà, cosa che avviene nel 1524.

regno d'etiopia
L’inarrestabile avanzata adalica tra 1510 e 1540

Il Sultanato di Adal, consapevole dei buoni rapporti tra etiopi e portoghesi, diventa sempre più aggressivo.  Davide II subisce la prima grande sconfitta nel 1531, perdendo una parte piuttosto estesa del suo regno. Lo storico etiope Taddesse Tamrat scrive, a proposito:

L’occupazione islamica delle alture cristiane sotto l’Imam Ahmad durò poco più di dieci anni, tra il 1531 e il 1543, ma la quantità di distruzione portata può essere stimata in termini di secoli.

Nei territori appena conquistati, i soldati di Ahmad distruggono e bruciano tutte le chiese e i monasteri. I cristiani sono costretti a scegliere tra la conversione e la morte. Nel 1533, Ahmad raduna di nuovo l’esercito per compiere nuove incursioni in ciò che rimane del Regno d’Etiopia.

Davide II e i suoi figli si danno alla guerriglia, ma gli uomini di Ahmad sono troppi. Il figlio maggiore di Davide viene ucciso nel 1537; un altro figlio, Menas, finisce in catene dopo essere stato spedito in Yemen. Una delle roccaforti etiopi più inespugnabili, Amba Geshen (dove, si dice, era conservata la Vera Croce) cade nel 1540 dopo diversi tentativi falliti. Gli adalici massacrano tutti gli abitanti e sottraggono il tesoro reale.

A questo punto, Davide II è costretto a vivere come un bandito. Di fatto, il Regno d’Etiopia è quasi completamente nelle mani di Ahmad. Persa ogni speranza, Davide si affida a João Bermudes, giunto in Etiopia con Dom Rodrigo da Lima. Lo invia presso il Viceré portoghese delle Indie, Estevao da Gama, figlio del più famoso esploratore Vasco.

È proprio quest’ultimo a inviare il fratello Cristoforo in soccorso di Davide II, che però muore poco prima del suo arrivo. Gli succede il figlio Gelawdewos. Nel 1541, Cristoforo da Gama sbarca nel corno d’Africa. Poco più che ventenne, Cristoforo naviga già da parecchi anni assieme al fratello maggiore Estevao. Il corpo di spedizione portoghese conta 400 moschettieri e 130 schiavi. Cristoforo, coadiuvato dalle rimanenti truppe etiopi, entra quindi in guerra quando la situazione è già pesantemente compromessa. Ciononostante, unendo abilità tattiche e una parziale superiorità tecnologica (anche Adal ha a disposizione un buon numero di archibugieri ottomani), riesce a infliggere una grave sconfitta alle forze adaliche.

Nel 1542, Cristoforo si trova a dover fronteggiare un nuovo scontro in inferiorità numerica; stavolta le forze adaliche contano circa 1.000 uomini, quasi tutti archibugieri. I Portoghesi sono 293. Cristoforo e i suoi resistono fino a contare 130 morti e la maggior parte degli altri feriti. Cristoforo è uno di questi, visto che una palla gli ha spezzato il braccio. Gli uomini di Ahmad lo portano davanti al loro capo, che chiede a Cristoforo cosa avrebbe fatto se fosse stato lui a vincere la battaglia. Cristoforo risponde:

Ti avrei fatto tagliare la testa, squartare e lasciato i tuoi pezzi esposti in vari luoghi, per servire da esempio e spaventapasseri per i tiranni.

Ahmad gli infligge dunque la pena scelta proprio dal giovane Cristoforo.

Pochi mesi dopo, il 21 Febbraio del 1543, l’esercito di re Gelawdewos è composto da 9.000 etiopi e 70 moschettieri portoghesi sopravvissuti al massacro dell’anno precedente. Ahmad può contare su un esercito di circa 15.000 uomini, tra cui 200 moschettieri ottomani. I Portoghesi bramano vendetta, e si disinteressano delle truppe etiopi, concentrando il fuoco sugli ottomani. Appena Ahmad guida una carica di cavalleria, i Portoghesi cambiano obiettivo e concentrano tutto il fuoco su di lui.

Secondo le cronache, uno degli uomini di Cristoforo, João de Castilho, esce dai ranghi e corre verso Ahmad per guadagnarsi un tiro pulito. Quando la cavalleria etiope gli arriva quasi addosso, esplode un unico colpo, centrando Ahmad al petto. L’imam viene sbalzato da cavallo e cade a terra morto.

In pochi minuti, l’esercito di Ahmad va in rotta completa. Solo gli Ottomani mantengono la formazione, guidati da un ufficiale che, ferito, uccide cinque etiopi prima di essere ingaggiato da un portoghese e morire assieme a quest’ultimo nel duello che ne segue.

Gli Etiopi compiono un feroce massacro di Somali e Ottomani, riportando così una vittoria completa e definitiva.

Ancora oggi, la sanguinosa avanzata di Ahmad rimane, per gli Etiopi, uno dei momenti più difficili vissuti dalla loro terra. Haile Selassie I, Imperatore d’Etiopia dal 1930 al 1974, che pure aveva vissuto le violenze coloniali italiane, narrò nelle sue memorie:

Ho visto spesso abitanti dell’Etiopia settentrionale indicare le macerie di città, forti, chiese e monasteri distrutti da Ahmad come se la sue devastazioni fossero occorse solo ieri.

Bibliografia:
  • Whiteway, R. S. The Portuguese expedition to Abyssinia in 1541-1543 as narrated by Castanhoso (1902);
  • Curto, P.M. História dos portugueses na Etiópia 1490-1640 (2008).

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7 pensieri riguardo “Regno d’Etiopia, Sultanato di Adal e Portogallo: La Battaglia di Wayna Daga (1543)

  1. Articolo eccellente e interessantissimo; finora non avete mai deluso le mie aspettative!
    Solo una precisazione: a quanto mi risulta, a sconfiggere i Mamelucchi nel 1517 fu Selim I, mentre Solimano gli successe tre anni dopo… si tratta di un refuso o le mie conoscenze sono errate?

  2. Come sempre articolo interessante ma devo farti un appunto. Ho notato diversi refusi, che, seppur non impediscano di comprendere il testo, ne rendono comunque più difficile la lettura. Un esempio la frase “Pochi mesi dopo, il 21 Febbraio del 1543, l’esercito di re Gelawdewos, composto da 9.000 etiopi e 70 moschettieri portoghesi sopravvissuti al massacro dell’anno precedente.” in cui manca il verbo.

  3. Ottimo articolo, ma nel descrivere la battaglia finale mi pare ci sia un po’ di confusione: gli etiopi non erano alleati dei portoghesi? Allora (forse) gli archibugieri portoghesi sei disinteressano dei somali (non degli etiopi) per concentrare il fuoco sugli ottomani, e l’archibugiere che colpisce Ahmad aspetta quasi che la cavalleria somala (non etiope) gli arrivi addosso…se ho capito bene, eh…

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