Il Massacro di Crow Creek ebbe luogo quasi settecento anni fa nell’America del Nord precoloniale. Un evento poco conosciuto ma di estremo interesse archeologico.
Nessuno sa cosa sia accaduto di preciso a Crow Creek attorno al 1325, quasi quattrocento anni prima della penetrazione degli Europei in quella zona. Sebbene, infatti, la scoperta del nuovo mondo risalga al famoso 1492, è solo nel 1743, con la spedizione dei fratelli LaVérendrye, che i coloni raggiungono quella zona. Crow Creek si trova, infatti, nell’odierno South Dakota, a circa 2.200 km da Washington e altrettanti da Seattle.
A causa della mancanza di fonti scritte (analogamente a quanto accaduto con l’Australia), quindi, la storia del Nord America prima dell’arrivo degli europei può essere ricostruita solo tramite le evidenze archeologiche e le testimonianze dei primi coloni europei entrati in contatto con le popolazioni autoctone.
Ed è proprio dall’archeologia che dobbiamo partire per comprendere gli eventi che portarono al c.d. Massacro di Crow Creek, quando quasi 500 persone furono brutalmente uccise e le loro membra sparpagliate sul terreno.
Come la maggior parte delle società tribali, anche quelle del Nord America hanno un altro livello di conflittualità. Le faide sui confini delle riserve di caccia, lo sfruttamento di un corso d’acqua e le donne rappresentano la quotidianità.
Quando gli archeologi iniziano a scavare quello nel fossato del villaggio di Crow Creek, in Sud Dakota, si rendono conto immediatamente che una di queste faide potrebbe aver portato a un epilogo brutale. Nell’estate del 1978, vengono alla luce 486 scheletri di indiani Arikara, più della metà degli abitanti del villaggio stimati nel 1325.
Patrick Willey, nella sua tesi PhD “Osteology of the Crow Creek Massacre” (University of Tennessee, 1982), considerato il lavoro più completo sull’argomento, parla di numerosi segni di morsi sulle ossa, oltra a fratture craniche mortali, decapitazioni e mutilazioni di vario genere. I dati complessivi sono impressionanti.

Richard J. Chacon, in The Taking and Displaying of Human Body Parts as Trophies by Amerindians (2007), iarisce in modo esemplare la doppia valenza dello scalpo. Non si trattava di un semplice trofeo:
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Il 90% dei teschi, la maggior parte di donne e bambini, presentano segni di scalpo e il 40% fratture craniche. Circa il 25% degli scheletri sono decapitati. Tra gli scheletri di Crow Creek ci sono, inoltre, relativamente poche ragazze e uomini adulti. È possibile che le prime siano state rapite dagli aggressori e i secondi uccisi in uno scontro precedente. Sembra, inoltre, che portare a casa lo scalpo di una donna o di un bambino potesse portare una gloria ancora maggiore, perché era la prova di una penetrazione a fondo nel territorio nemico.
Due teschi hanno suscitato grande curiosità, visto che presentano segni di uno scalpo precedente, poi rimarginato. Come rilevato in altri studi, era quindi possibile subire uno scalpo e sopravvivere.
Nell’inverno a cavallo tra 1623 e 1624, Gabriel Sagard, membro dei Frati Minori Recolletti è nel territorio Uroni, nell’attuale parte meridionale dell’Ontario. In quell’occasione, raccoglie le sue osservazione sulle usanze di guerra degli Uroni. Scrive, in particolare: “Dopo averli bastonati a morte o trapassati con le frecce, tagliano loro la testa per portala al villaggio. Se le teste sono troppo ingombranti, si accontentano di prendere gli scalpi con i capelli, che chiamano Onontsira, li acconciano e li utilizzano come trofei. In tempo di guerra, li issano sulle palizzate dei loro villaggi in cima a lunghi pali.“ |
I segni di morsi e masticazione sulle ossa non sono, invece, opera degli aggressori. Dopo aver massacrato gli abitanti di Crow Creek, questi ultimi hanno lasciato i cadaveri smembrati sul terreno, forse per un paio di settimane, alla mercè di coyote e lupi. La sepoltura è avvenuta successivamente, per mano degli abitanti sopravvissuti al raid, che hanno raccolto i resti e trasformato parte del fossato in una tomba.
Nel 1981, la Nebraska State Historical Society ha deciso di seppellire nuovamente le ossa degli Arikara. Il giusto tributo per un massacro dimenticato.
Al posto dello scalpo, alcune tribù, come I Piedi Neri, preferiscono mani, braccia o piedi. La maggiore diffusione della scalpatura è forse dovuta al fatto che lo scalpo, dopo i festeggiamenti per la vittoria, è abbastanza leggero e maneggevole da poter essere utilizzato come decorazione per i pantaloni o per la sella. Di solito, infatti, lo scalpo non è “integrale”, ma ha le dimensioni di una moneta da un dollaro (vedi Grinnell, Georg. (1910). Coup and scalp among the Plains Indians. American Anthropologist 12:296).
L’introduzione delle armi da fuoco rende più semplice uccidere un nemico e, di conseguenza, lo scalpo diviene meno importante per i Nativi. Al contrario, attorno alla metà del XVIII secolo, è utilizzato come strumento e moneta di scambio nella guerre tra francesi e inglesi, inglesi e nativi, francesi e nativi e tra nativi. Il governo della Pennsylvania proclama, ad esempio, ricompense generali (e generiche) per gli scalpi indiani nel 1755, 1766 e 1780 (quest’ultima portò “solo” una dozzina di scalpi in tre anni).
Nel 1755, dopo un violento attacco indiano alle contee di Lancaster e Becks, sono gli stessi cittadini della Pennsylvania a chiedere a gran voce l’istituzione di un sistema di ricompense per gli scalpi indiani riportati indietro. Molti si oppongono a questa richiesta, sottolineando come i cacciatori di taglie avrebbero colpito per primi gli indiani amici, ma non basta. Conrad Weiser, testimone degli eventi, racconta: “Gridarono così tanto per avere una ricompensa per gli Scalpi Indiani, che alla fine il governatore gliela concesse.”
I Francesi non sono da meno, tanto che nel 1753 Padre LeLoutre, missionario presso gli Indiani Micmac, offre loro 1.800 lire d’argento a chi gli porterà 18 scalpi di abitanti delle colonie inglesi!
Nell’articolo The Unkindest Cut, or Who Invented Scalping, scritto da J. Axtell e W. Sturtevant nel 1980 per The William and Mary Quarterly (uno dei più importanti journal di storia americana antica, fondato nel 1892), si ripercorre la bizzarra storia di una delle leggende più dure a morire quando si parla di scalpi. Ad oggi, le evidenze archeologiche dimostrano, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la pratica dello scalpo era molto diffusa secoli prima dell’arrivo degli europei. Tuttavia, nel 1820 un capo dei Seneca, il noto Piantatore di Mais (Gyantwachia), racconta di aver ricevuto dal Grande Spirito una richiesta: non avere più nulla a che fare con in bianchi e con la guerra. “Noi” dice Il Piantatore di Mais “vivevamo in pace e non c’erano guerre o combattimenti. Ma poi sono arrivati i Francesi, e ci hanno dato strumenti di ogni tipo e coltelli affilati per scorticare le teste dei loro nemici.”
Di questa dichiarazione non si trova più traccia fino al 1879, quando Susette La Flesche, la cita a un giornalista di Chicago nel corso di un tour per sostenere i diritti degli indiani. Nessuno storico o archeologo appoggia quella che, al giorno d’oggi, verrebbe etichettata come fake news. Anzi, nel 1906 esce Scalping in America. In: Scalping and Torture: Warfare Practices Among North American Indians, di J. Federici, che fuga ogni dubbio in materia, ma il mito della scalpatura introdotta dagli europei si riaccende, all’improvviso, nel 1968, diffondendosi ampiamente a livello divulgativo, specie tra i difensori dei diritti degli Indiani. Come dice bene J. Axtell nell’articolo di cui sopra:
The new myth is understandable as a product of Indian activism and white guilt feelings. However, the factual basis for the novel concoction seems to have been nonexistent in the late 1960s-or, for that matter, at any other time in the twentieth century.
Bibliografia: |
- Willey, P. (1982). Osteology of the Crow Creek Massacre;
- Richard J. Chacon (2007). The Taking and Displaying of Human Body Parts as Trophies by Amerindians;
- Friederici, Georg. (1906). Scalping in America. In: Scalping and Torture: Warfare Practices Among North
American Indians Pp. 1–17;
- Grinnell, Georg. (1910). Coup and scalp among the Plains Indians. American Anthropologist 12.
- Reese, H. (1940). The history of scalping and its clinical aspects. In: The 1940 Yearbook of Neurology, Psychiatry, and Endocrinology. Pp. 47–58.
- Axtell, J., & Sturtevant, W. (1980). The Unkindest Cut, or Who Invented Scalping. The William and Mary Quarterly, 37(3), 451-472.
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LIVREE? Magri lire ( in francese livre, plurale livres) e non livree che invece sono le uniformi dei valletti.
Inoltre direi che 1800 lire freancesi d’argento per 18 scalpi mi sembrno uno sproposito. forse 1,8 lire per 18 scalpi, o al massimo una lira d’argento a scalpo.
Ciao Marco, si tratta di un refuso (“livree” invece di “livre”). Il costo degli scalpi sembra eccessivo anche a me, forse la ristampa ottocentesca che riporta la fonte ha inserito uno/due zeri in più.