La chirurgia oftalmica (oculistica) si è sviluppata in parallelo alle altre branche della chirurgia e ha alle spalle, quindi, una storia millenaria fatta di teorie, strumenti tentativi, errori e successi.
Anche nel campo della chirurgia oftalmica, come in quello della Rinoplastica ad esempio, il Cinquecento rappresenta un secolo fondamentale, un momento di evoluzione e modifica del corpus classico alla luce delle nuove scoperte scientifiche.
È proprio nel XVI secolo che si muove un personaggio molto particolare, capace di passare dalla scienza alla magia nell’arco di poche pagine: Georg Bartisch. Egli diviene apprendista di un cerusico prima di compiere i 13 anni, nel 1548, e da quel momento pratica ininterrottamente l’arte medica per quasi sessant’anni. Per l’Europa non è un periodo facile, visto che infuriano la guerra tra cattolici e protestanti e tanti altri conflitti che, in misura maggiore o minore, cercano giustificazione nella Riforma Luterana.
Se i conflitti offrono un vantaggio al chirurgo, quello è rappresentato dal grande quantitativo di feriti e malati che generano. La sua formazione è, infatti, esclusivamente pratica e, in tutta la sua vita, non mette mai piede in un’Università. Si tratta, in realtà, di un uso abbastanza comune, visto che i chirurghi, ossia quelli che mettono effettivamente le “mani sul paziente”, rimangono a lungo qualcosa di molto diverso dai medici, ossia coloro i quali studiano presso le Università europee.
Dopo 40 anni passati come chirurgo itinerante di grande fama, Georg si stabilisce a Dresda e, nel 1588, diventa l’oculista ufficiale della corte di Cristiano di Sassonia (1560-1591), una carica molto prestigiosa e remunerativa.
Nel 1583, Georg pubblica un volume di eccezionale valore storico e scientifico, la Ophthalmodouleia Das ist Augendienst. Questi contiene la descrizione di decine di malattie oculari, operazioni chirurgiche e tecniche correttive dei disturbi della vista, il tutto accompagnato da 92 xilografie (in bianco e nero; colorate pochi anni dopo in alcuni esemplari e disponibili online). L’incarico di pubblicare l’opera viene affidato direttamente dal Bartisch allo stampatore Matthes Stockel di Dresda.

Non sappiamo se, prima di procedere con l’autopubblicazione, Georg abbia proposto il volume a qualche editore, ma di certo il fatto che fosse scritto in tedesco volgare e non in latino deve aver pesato. Il manuale contiene quindi parti di grande auto-promozione, ma Georg, mai stato studente né professore, riesce a diventare così il punto di riferimento di tutti gli accademici successivi in campo oftalmico. L’Ophthalmodouleia è infatti il primo testo che affronta in modo sistematico (e ben illustrato) tutte le malattie dell’occhio e le modalità utilizzate per curarle. La spiegazione di ogni patologia è seguita dalla menzione dei rimedi a base di erbe utili alla guarigione e della loro posologia. Non a caso, il Prof. Daniel M. Albert, oftalmologo e storico dell’oftalmologia statunitense di grande fama, definisce Georg Bartisch “il fondatore dll’oftalmologia moderna“.
Come molti medici del XVI e XVII secolo, Georg unisce una profonda conoscenza della chirurgia oftalmica a un’innata superstizione, che diventa una vera e propria passione quando si parla di astrologia e amuleti. Nel suo manuale, infatti, accanto alle illustrazioni di strumenti e tecniche chirurgiche all’avanguardia, è possibile trovare quelle di amuleti e altri oggetti adatti a contrastare malefici e influenze sovrannaturali (questi ultimi capaci, a suo dire, di causare alcune malattie dell’occhio). Georg non si limita a ipotizzare questo tipo di influenza, ma ammette di essere stato testimone di diversi casi in cui il malocchio o l’opera del Diavolo avevano provocato problemi oculari. Non ancora a conoscenza delle scoperte di Keplero (25 anni più giovane di lui) sul funzionamento della retina, Georg non approva l’uso delle lenti per la lettura, reputandole un mezzo che può portare all’indebolimento delle capacità visive di una persona.
Abbiamo menzionato come gli studi relativi agli occhi, ai disturbi della vista e alle procedure chirurgiche per curarli, abbiano alle spalle una tradizione imponente. Pochi sanno, però, che il primo testo dedicato esclusivamente all’oftalmologia è quello scritto, in sanscrito, dal medico indiano Sushruta. Oltre 2.800 (!) anni fa descrisse in modo piuttosto particolareggiato 76 malattie dell’occhio e 51 trattamenti chirurgici, e un discreto numero di strumenti dedicati alla chirurgia oftalmica. Ancora più distante nel tempo è la menzione di un trattamento oculistico nel Codice di Hammurabi, di mille anni più antico. |
Nei lunghi anni di pratica, il Bartisch sviluppa una particolare abilità nel trattamento di orzaioli, fistole lacrimali e nella rimozione della cataratta. È necessario tenere a mente che tutte le operazione avvengono con strumenti non sterili, senza alcun tipo di anestesia e potendo contare esclusivamente sulla mano ferma del chirurgo. Ad esempio, uno dei più grandi compositori di sempre, Johann Sebastian Bach (1685-1750), muore probabilmente per un’infezione all’occhio sviluppatasi dopo un’operazione alla cataratta.
Il Prof. H. Stanley Thompson, dell’Università dell’Iowa, dice del Bartisch:
Bartisch basò la sua metodologia per la cura degli occhi su un grande sforzo volto a comprendere l’anatomia, fisiologia e ottica dell’occhio. Le sue tavole anatomiche sono famose per la presenza di strati che possono essere sollevati per rivelare quelli sottostanti. Distinse diversi tipi di cataratta a seconda del colore (bianca, blu, grigia, verde, gialla e nera). Descrisse anche la procedura nota come “lens couching” (depressione del cristallino) e le sue complicazione, e raccomandò diversi tipi di chirurgia della palpebra.
Proprio relativamente alla cataratta, l’operazione più diffusa fino al XIX secolo rimane la depressione del cristallino, che consiste nello “spingere” il cristallino dentro l’occhio con uno strumento acuminato, anche un ago. L’immagine qui sotto può dare un’idea piuttosto precisa dei rischi connessi a questa operazione, che vanno dalla semplice infezione alla completa cecità.

A effettuare questa operazione erano barbieri e cerusici (ma anche cialtroni) itineranti, verso i quali Georg si scaglia più volte sottolineandone, a ragione, l’incapacità. Come altri chirurghi del suo tempo, Georg è insoddisfatto di alcuni degli strumenti chirurgici a sua disposizione, tanto che non si fa problemi a disegnarne e far realizzare molti altri. Tra questi, spicca una lama a forma di cucchiaio per rimuovere l’intero bulbo oculare nel più breve tempo possibile. Migliora anche dispositivi già conosciuti, come la maschera per la correzione dello strabismo (descritta per la prima volta da Paolo di Egina nel VII secolo) inserita nell’immagine di testa.
Ma le incredibili capacità di Georg non si limitano alla cura degli occhi. Diviene infatti uno dei chirurghi più ricercati per l’eliminazione dei calcoli della vescica, tanto ostici e odiati dai medici da meritare una menzione nel Giuramento di Ippocrate. Ebbene, nel corso della sua vita, il Bartisch effettua con successo la cifra record di 450 litotomie. Purtroppo non conosciamo la percentuale di successo delle sue litomie, ma dobbiamo comunque tenere presente che, ancora nel 1842, nel The Edinburgh Medical and Surgical Journal, si riportavano statistiche agghiaccianti sulla litotomia (laterale, bi-laterale, ipograstrica, rettovescicale), con 968 decessi su 4672 operazioni effettuate nel continente europeo.
Bibliografia |
- Marvin L. Kwitko, Charles D. Kelman, The History of Modern Cataract Surgery, 1998
- Blanchard, Donalld. “Superstitions of George Bartisch.” Science Direct. Survey of Opthalmalogy, 1 Jan. 2005. Web. 13 Jan. 2015.
- “Georg Bartisch.” Whonamedit -. Ole Daniel Enerson. Web. 13 Jan. 2015.
- Mannis, Mark. “George Bartisch.” George Bartisch. American Journal of Ophthalmology. Web. 13 Jan. 2015.
- H. Stanley Thompson, MD Iowa City, Iowa, Archives of Ophthalmology 1997, 115:296
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