Lutzen 1632: l’Ultimo Ruggito di Gustavo Adolfo

Gustavo Adolfo, re di Svezia, nel 1632 è reduce dalla brillante vittoria ne la battaglia di Breitenfeld. La mattina del 16 novembre 1632, nonostante la fitta nebbia che preme nei pressi di Lutzen, il suo esercito è pronto a scontrarsi con quello cattolico, guidato da Albrecht von Wallenstein.

La velocità di spostamento degli esseri umani permessa dalle moderne tecnologie contribuisce a farci guardare indietro instaurando un legame antitetico tra oggi e ieri. Se oggi quindi ci si affida completamente alla scienza, “ieri” ci si affidava solo alla superstizione e alle credenze popolari; se oggi viviamo in uno stato tutto sommato laico, “ieri” per forza il papa doveva avere uno strapotere; se oggi riusciamo a viaggiare con aerei e treni percorrendo grandi spazi in pochissimo tempo, “ieri” i nostri antenati erano condannati all’immobilismo nelle terre natie.

Poche settimane prima, nell’Agosto del 1622, si era concluso l’Assedio di Maastricht. A guidare gli assediati c’era il famoso Lelio Brancaccio, ormai 72enne.

L’esempio che prenderò oggi in esame, quello consegnatoci da George Fleetwood, va a smentire nel modo più assoluto questo presunto assioma (come del resto aveva già fatto la grande Linda Colley ne “L’odissea di Elizabeth Marsh“); lui, figlio secondogenito di Sir Miles Fleetwood e fratello di Charles Fleetwood, generale parlamentarista durante la guerra civile inglese, arma nel 1629 un contingente di cavalieri e raggiunge le truppe svedesi di Gustavo Adolfo in Germania, dove la guerra ormai infuriava da più di un decennio. Lì viene creato tenente colonnello dal re svedese, torna in Inghilterra per reclutare un altro reggimento di fanti per poi fare nuovamente ritorno in Germania nel 1630. Creato cavaliere due anni dopo, partecipa alla battaglia di Lützen.

Dopo altri viaggi tra Inghilterra e Svezia viene nominato barone dalla regina Cristina nel 1654.

Nel 1655 il re di Svezia Carlo X lo invia come ambasciatore presso Oliver Cromwell, a seguito di questa spedizione il figlio, che George aveva chiamato come il compianto re svedese, entra a far parte della guardia personale di Carlo II.

Non è difficile immaginare le scomodità da superare per intraprendere tali e tanti viaggi nel XVII sec. ma la loro stessa presenza ci assicura non solo che fosse possibile, ma quasi che fosse la regola (reclutare reggimenti ed essere inviati come ambasciatori non ha esattamente i tratti dell’impresa straordinaria).

Per quanto sarebbe davvero interessante ricostruire la vita e le imprese del Barone George Fleetwood (e magari in futuro mi sarà possibile davvero farlo), il materiale d’archivio da me trovato in merito alla sua persona si limita a una lettera che porta la data del 22 novembre 1632, praticamente una settimana dopo la battaglia di Lützen, ritrovata e pubblicata nel 1847; la missiva, spedita al padre Sir Miles Fleetwood, si concentra sulla battaglia appena combattuta e, in particolare sulla morte di Gustavo Adolfo.

Ma partiamo dal contesto, a metà del XVII secolo l’Europa intera è in guerra in una serie di conflitti strettamente intrecciati tra loro: alle guerre di religione e supremazia nel Sacro Romano Impero si aggiungono le aspirazioni olandesi all’indipendenza, mentre l’Inghilterra precipita nel caos rivoluzionario e vengono al pettine i nodi tra Francia e Spagna.

La Svezia, che dopo l’uscita della Danimarca dalla Guerra dei Trent’anni (1630), era de facto la potenza egemone del Mar Baltico, forte di un esercito moderno e di una coscrizione efficiente che ha le proprie fondamenta nel ceto medio contadino, aggredisce l’Impero con l’obbiettivo di conquistare territori a sud del mare. L’entrata in guerra della Svezia nel conflitto avviene a seguito dell’emanazione dell’Editto di restituzione da parte dell’imperatore Ferdinando II che prevedeva la restituzione di tutte le proprietà confiscate a istituzioni religiose cattoliche da parte dei protestanti dopo il 1552; essa pertanto è per i principi protestanti tedeschi catalizzatore di tutte le tensioni accumulate durante le fasi boemo-palatina e danese che avevano contraddistinto i primi anni della guerra.

gustavo adolfo germania 1618

La successive e tempestive vittorie colte sul campo dal re svedese Gustavo Adolfo gli fanno accumulare una fama enorme, tanto che già dai primi anni dopo la sua morte i protestanti dell’impero si riferivano a lui con il soprannome “Der Löwe aus Mitternacht“, il leone di mezzanotte. Egli infatti, sbarcato nel nord della Germania, saccheggia il Brandeburgo nel 1631, per poi dirigersi tempestivamente verso la Sassonia, dove sconfigge il principale esercito imperiale, comandato da Tilly, nella battaglia di Breitenfeld.

Nel 1632 ha raggiunto la Baviera dove ci sarà la resa dei conti con la sua controparte imperiale, il gen. Wallenstein che non aveva potuto affrontarlo a Breitenfeld perchè temporaneamente congedato dall’incarico per volontà dell’imperatore.

Ma torniamo alla lettera di George Fleetwood. La lettera inizia con un’ampia introduzione nella quale egli informa il padre dei suoi primi movimenti in terra tedesca, dove è arrivato con un contingente di uomini per supportare la causa protestante, ha quasi subito un incontro con il re svedese, che lo colpisce molto per la disponibilità nei suoi confronti, infatti:

Incontrai il Re e il Cancelliere entrambi ad Arnstadt in Turingia il 26 ottobre; ma, visto che il Cancelliere doveva tornare indietro il giorno successivo per alcuni affari e attraversare Baviera e il Palatinato, mi prese con sé la prima notte di viaggio verso la Germania, dove mi diede i miei dispacci, con lettere verso il re in tutti i punti che desideravo, con una così grande manifestazione di affetto che non mi aspettavo affatto, e mi assicurò che ovunque fosse stato mi avrebbe supportato, davvero contento della notizia che aveva sentito da chiunque sul mio reggimento. Il re, non appena ricevette le mie lettere, mi diede il comando di scrivere alle sue segreterie per avere qualsiasi cosa volessi: a patto che il mio reggimento si fosse unito in primavera al suo esercito, e che io avessi reclutato altre quattro compagnie in modo da rendere il mio reggimento una brigata completa.

Il problema delle fonti antiche è sempre lo stesso: ma quanto davvero sono credibili? Voglio dire, quanto possiamo supporre sia vero quello che ci tramandano i produttori di documenti utilizzati poi come fonte storica?

Il problema, cuore di tanti dibattici di metodo storiografico e che, per ovvi motivi, non sarà risolto in questo breve articolo, è a tratti un limite e uno stimolo alla ricerca storica in sé.

Analizziamo attentamente il nostro caso: noi possediamo una copia trascritta di una lettera prodotta una settimana dopo dell’evento principale che ha l’obiettivo di narrare. Il suo autore, George Fleetwood è un protagonista interessato della vicenda ma, e forse qui c’è l’elemento fondamentale, il tipo di documento è, insieme al diario, il più privato e intimo dell’epoca pre-digitale; il destinatario, inoltre, che è il padre del soggetto, non è un’autorità pubblica né una personalità di spicco per l’epoca.

Io credo quindi che non sia sciocco supporre, sia per il destinatario che per il tipo di documento, che il Barone Fleetwood non immaginasse nemmeno che il documento sarebbe stato letto da altri al di fuori di suo padre, figuriamoci se si immaginava che sarebbe stato trattato come documento di rilevanza pubblica o come fonte storica!

Assicuratici quindi di una quantomeno probabile veridicità dei fatti narrati, procediamo con la lettura della missiva. Dopo averci informato delle varie operazioni di intelligence compiute dal sovrano, si arriva alla mattina della battaglia:

Il 6 novembre il re all’alba, marciò con il suo esercito in formazione, come indicato nella lettera inviatavi (probabilmente fa riferimento a un disegno inviato insieme alla lettera scritta), con lui stesso al comando dell’ala destra, il Duca Bernhard di Weimar di quella sinistra, e con il gen. Knyphausen al comando del centro. L’esercito nemico era schierato come il nostro, con la cavalleria sul fianco sinistro. Il nemico aveva il vantaggio della strada per Lipsia, e su ciascun lato della strada c’era un incrocio, e lì vicino stavano quattro mulini a vento, il nemico, quindi, era in un’ottima posizione difensiva.

La configurazione dei due eserciti dunque era grosso modo speculare, mentre la composizione numerica era tutta a vantaggio degli svedesi, con i reggimenti di Pappenheim ancora distanti dal campo. 

gustavo adolfo lutzen 1632

L’autore ci informa che le ostilità furono aperte dalla cavalleria svedese che cercò di eliminare in un ingaggio corpo a corpo l’omologa imperiale.

La battaglia iniziò intorno alle 10 del mattino, ed era una bella giornata; ma quasi subito scese sul campo una tale nebbia che non riuscivamo a vederci tra di noi, che, se così non fosse stato, io credo avremmo messo fine alla battaglia in poco tempo (ma tutto deve essere secondo la volontà di Dio). Non appena calammo sul nemico, questi diede fuoco alla città di Lützen, la cosa ci fu non poco di ostacolo, anche perchè il vento spargeva il fumo proprio su di noi. I reggimenti del Duca Bernhard e di Winckle ricevettero l’ordine di liquidare i cannoni vicino ai mulini; mentre gli altri furono presto catturati, ma quelli ai mulini invece per tre volte furono presi, ma successivamente fummo ancora battuti da essi. Il re, che stava caricando verso l’incrocio, fu colpito attraverso il braccio, mentre un altro proiettile colpì il suo cavallo al collo; a questo punto gli fu intimato di ritirarsi, ma questi rifiutò, cavalcando anzi alla testa dell’ala destra di cavalleria, incoraggiando i suoi uomini, non dicendo niente riguardo le sue condizioni, e comandando a tutti di seguirlo, si gettò sulla strada caricando il nemico.

Dopo le parole spese da Fleetwood all’inizio della lettera per la disponibilità dimostrata dal re e dal suo cancelliere nei suoi confronti, ora l’autore rincara la dose aggiungendo al ritratto di Gustavo Adolfo le qualità che gli faranno valere l’epiteto “il Grande”, unico sovrano nella storia svedese ad esserne insignito.

 Nonostante la nebbia, e le difficoltà apportate dal fumo ma, soprattutto, l’impossibilità di far tacere tutti i cannoni nemici, Gustavo Adolfo ordina una carica di cavalleria per sconfiggere quella avversaria. A peggiorare ulteriormente la situazione, egli viene colpito al braccio da un colpo di moschetto mentre anche il cavallo è ferito al collo; nonostante il dolore e l’impossibilità di guidare il cavallo normalmente, non desiste dal suo intento e guida ugualmente i suoi uomini in battaglia.

Purtroppo però il Leone del Nord ha calcolato male le forze imperiali, e non appena i soldati protestanti entrano nella mischia si rendono immediatamente conto di essere in forte svantaggio, proprio mentre le truppe si stanno sfaldando per intraprendere la ritirata:

gustavo adolfo lutzen

E lì il re cadde, colpito alla testa e al corpo. Ad assistere alla scena c’era Truckes, il suo assistente di camera, che fu portato fuori dallo scontro vivo, ma morì poco dopo: egli ci disse che quando la nostra cavalleria si ritirò, arrivò un ufficiale del nemico, che gli chiese chi fosse il re, e quando egli si rifiutò di dirglielo; l’ufficiale gli sparò contro, e con il proiettile in corpo andò dal re domandando cosa egli fosse (riferito a Truckes), e il re rispose che era il Re di Svezia; a quel punto egli pensò di portare il re fuori dallo scontro, ma vedendo che la nostra cavalleria si stava avvicinando ancora per caricare, egli colpì il re con la sua spada due volte, per poi fuggire, così successivamente Herticke Bernerd stesso caricò lo schieramento nemico, lo ricacciò indietro e riuscì a portar via il corpo del sovrano, che aveva ricevuto in tutto dieci ferite. La notizia della morte del re si sparse tra i soldati e (contrariamente alle aspettative) questi combatterono ancora più audacemente per vendicare la morte del re. Così il Principe vittorioso morì con una vittoria, ucciso alla prima carica di cavalleria, tra le 11:00 e le 12:00, mentre la battaglia durò fino 17:00; ma credo che non sarebbe durata così tanto se ci fosse stato bel tempo, ma la nebbia era tale che non potemmo perseguire la vittoria velocemente per la scarsa visibilità.

Il resoconto della battaglia va avanti, visto che di fatto la battaglia termina completamente solo a sera inoltrata, ricorrenti restano, comunque, i riferimenti all’eroismo dei soldati che combattono per vendicare la morte dell’adorato re, mentre invece i soldati imperiali, specialmente dopo la morte di Pappenheim sono scoraggiati e poco motivati a combattere

Il quadro disegnato dal nostro testimone del XVII secolo è quello di un eccezionale eroismo e senso del dovere. Il Leone di Mezzanotte non solo guida in prima persona le proprie forze, cosa decisamente comune per un’epoca in cui non si avevano ancora mezzi di comunicazione adeguati per permettere al comandante in capo di starsene in un luogo appartato (e quindi avere una visione d’insieme della battaglia) e contemporaneamente dare efficacemente ordini alle proprie truppe.

Anche dopo aver subito la ferita al braccio, resta al suo posto per impedire una disastrosa ritirata della propria cavalleria.

In tutto questo tripudio di gloria e di emulazione dei tempi passati (leggendo la narrazione della battaglia e della morte del re riecheggiavano i versi della morte di Patroclo, l’eroe greco colpito a tradimento da Apollo ed Euforboo e solo successivamente finito da Ettore), si inserisce però una nota stridente, la vicenda della successione teoricamente affidata a Truckes durante la battaglia.

Benchè ci siano oscuri i rapporti tra quest’ultimo e il sovrano svedese, tenderei ad escludere che fossero tali da convincere Gustavo Adolfo, esperto amministratore del suo regno, ad affidare al suo assistente da camera le redini del regno e lo stesso Fleetwood sembra caldeggiare l’ipotesi che Truckes fosse un impostore, visto che di fatto è lui a uccidere il re che, benchè ferito, forse avrebbe potuto sopravvivere per qualche settimana e dare pubblicamente il nome del successore.

Si aggiunge poi un ulteriore elemento: Fleetwood ci dice chiaramente che Truckes morì durante lo scontro, ma nelle pagine successive alla morte del sovrano non ci sono più riferimenti a lui; la mente qui viaggia: è stato ucciso in combattimento? E’ stato eliminato dai nobili svedesi sul campo per prevenire una previdibile lotta per la successione? Purtroppo non abbiamo alcun elemento che possa aiutarci a rispondere a questi tremendi quesiti.


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3 pensieri riguardo “Lutzen 1632: l’Ultimo Ruggito di Gustavo Adolfo

    1. Ciao Marco,
      avevo implementato la soluzione da te proposta per qualche mese, ormai tre anni fa, senza grande successo.
      Ad ogni modo, quasi tutti i browser hanno estensioni per salvare articoli e leggerli online.

      Un saluto
      Zwei

  1. Come Epaminonda e Marcello anche Gustavo Adolfo non riusci a reprimere l’impulso di stare tra i primi. Molto meglio Scipione che cerco dempre di combattere con prudenza, aveva tra scudieri a Cartagena. Interessante leggere in inglese su fonti svedesi (sulla rete), che il colpo di pistola lo avrebbe preso alle spalle (fuoco amico).

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