albrecht alcibiades

Albrecht Alcibiades: il Bellator di Brandeburgo

A metà del cinquecento, Albrecht Alcibiades, Margravio di Brandeburgo-Kulmbach diventa uno dei condottieri più temuti di Germania. Grazie alle sua veloce ascesa (e altrettanto veloce discesa) militare, si guadagna il soprannome Alcibiades e l’appellativo di Bellator.

Alcibiades ha solo cinque anni quando il padre, il Margravio Casimiro, muore di dissenteria un paio di mesi prima di compiere 46 anni, nel 1527. A prendersi cura di lui rimane lo zio Giorgio, convertito alla nuova dottrina di Lutero dopo essersi scambiato diverse missive con quest’ultimo e averlo anche incontrato personalmente.

A 19 anni, Alcibiades riceve la sua parte di eredità, ossia la città di Bayreuth, ma non sembra intenzionato a condurre una tranquilla esistenza nei suoi domini. Ama le armi e i cavalli e già nel 1543 lo troviamo schierato, alla guida di 400 cavalieri, accanto all’Imperatore Carlo V nella sua guerra contro la Francia.

Germany 1555 Cities
La complessa situazione politica della Germania nel 1555

Alcibiades si guadagna la fiducia e il rispetto dell’Imperatore in un periodo piuttosto breve, meno di un anno, tanto da essere impiegato anche nell’assalto alla Lega di Smalcalda. Durante uno degli scontri del 1547, viene fatto prigioniero dall’Elettore di Sassonia Giovanni Federico, ma quella che avrebbe potuto essere una lunga prigionia si risolve dopo un mese. Infatti, il 24 aprile 1547, Carlo V infligge una sconfitta devastante alla Lega Smalcaldica ( Battaglia di Mühlberg), che lascia sul campo più di 8.000 morti, e riesce a fare prigioniero l’Elettore Giovanni Federico.

Il suo rapporto con lo zio Giorgio non è facile. Alcibiades pretende molto da lui, sia in termini di beni che di rispetto, e arriva addirittura a sfidarlo a duello (fino alla morte ovviamente): solo l’intervento di un consiglio di nobili evita che la situazione precipiti, anche se Giorgio stesso non acconsente mai a combattere con il nipote. In History of Friedrich the Second Called Frederick the Great, Vol I (1858), T.Carlyle descrive il carattere e le ambizioni di Alcibiedes in modo romantico ma veritiero quando dice:

La sua professione erano le Armi; brillò molto in guerra, colpendo e combattendo nei diversi scontri Smalcadici e in altri di quegli anni; un capitano di grande valore, che si era aperto la strada verso grandi traguardi, anche se non riusciva a capire bene quali fossero.

Dal 1547 all’inizio del 1552, Albert Alcibiades continua a combattere per Carlo V, ma nel gennaio 1552, trentenne, decide di passare dalla parte del “nemico”. Maurizio, Elettore di Sassonia e suo amico, lo vuole al suo fianco nella guerra che sta per intraprendere contro Carlo V. Egli infatti, assieme ad altri principi tedeschi, si è alleato con Enrico II di Francia  (Trattato di Chambord), promettendo a quest’ultimo alcuni territori della Germania occidentale. Enrico II è cattolico, mentre i principi che chiedono il suo aiuto sono protestanti, ma entrambi gli schieramenti non sembrano interessarsi troppo alle questioni religiose quando ci sono in ballo soldi e territori. Addirittura, i tedeschi non fanno particolari rimostranze per la situazione dei loro cugini di credo, gli ugonotti, in Francia.

Markgraf Albrecht Alcibiades von BrandenburgKul...

Grazie al supporto di Alcibiades, Maurizio di Sassonia e degli altri alleati, Enrico II riesce a penetrare in profondità nel territorio tedesco. Cadono nelle sue mani i Tre Vescovadi e le città cui fanno riferimento: Metz, Verdun e Toul. Si tratta di conquiste molto importanti anche all’interno dei rapporti tra forze europee che si svilupperanno nei secoli successivi, poiché tutte e tre le città passano sotto il controllo francese in via definitiva (anche se l’annessione ufficiale avviene solo nel 1648). Nell’estate del 1552, Carlo V manda il fratello  Ferdinando I d’Asburgo, a trattare una tregua, che arriva con la Pace di Passavia del 1552. Sebbene Carlo V si riservi la facoltà di accettare o meno le condizioni concordate dal fratello, le accetta senza troppi problemi il 15 agosto, e dopo la firma fa rilasciare i principi protestanti imprigionati nel 1547, fra cui Giovanni Federico di Sassonia.

Alberto Alcibiades però non ama la pace, specie quando ha un buon numero di truppe mercenarie al suo seguito. Accusa l’amico Maurizio di aver tradito la causa protestante e riprende a saccheggiare e distruggere in giro per la Germania. In realtà, egli sta già conducendo una campagna autonoma, conosciuta come la Zweiter Markgrafenkrieg (Seconda Guerra Margrava). Alcibiades ha infatti intenzione di espandere il proprio controllo a buona parte dell’ex ducato di Franconia e, qualora si verifichino le giuste condizioni, ricostituirlo e ricondurlo al potere della sua casata, gli Hohenzollern. Per sette mesi, come riporta bene il Carlyle, Albrecht Alcibiades è “di fatto il Re di Germania“.

Fra l’11 maggio e il 22 giugno razzia i territori fra Norimberga, Wurzburg e Bamberga, costringendo le città, specie Norimberga, a pesantissime elargizioni di denaro. Poi tocca anche a Innsbruck, infine (ottobre 1552) Alcibiades si muove verso Metz, dove Carlo V sta assediando da ottobre le forze francesi, da pochi mesi padrone della città, con un esercito imponente (forse 60.000 uomini). Alcune fonti narrano che il rumore delle cannonate, 150 pezzi in tutto, si sente fino a Strasburgo, a settanta miglia di distanza. I 12.000 uomini di Alcibiades fanno gola all’Imperatore, che accetta di perdonarlo e riprenderlo fra i suoi.

D’altronde, Alcibiades gode di una grande fama da un lato come comandante militare, dall’altro come scheggia impazzita, capace di combattere indifferentemente per una causa o per l’altra. Un consigliere di Ferdinando I lo definisce, non a caso:

Una enorme, completamente pazza, bestia selvaggia

A questo, probabilmente, contribuisce anche il suo amore per gli alcolici.

A difendere la città c’è Francesco di Guisa, che in poche settimane prima ha fatto espellere i civili, lo c.d. Bocche Inutili, e ha posto in essere grandi lavori per facilitare la difesa della città. Il bombardamento di Carlo V è terrificante, su Metz piovono 15.000 colpi di cannone e, nel momento di massima cadenza di fuoco, crollano quasi 300 metri di mura. Ma i francesi riescono a mantenere le posizioni e alla fine Carlo V, con l’esercito decimato dal gelo invernale e dal tifo, e colpito da centinaia di diserzioni, abbandona l’assedio nel gennaio 1553.

La prima monografia dedicata ad Alcibiades è contenuta nel volume di Zhistorica I Padroni dell’Acciaio.

A proteggere la ritirata c’è Alcibiades, che impedisce ai francesi di avanzare e riesce a prendere prigionieri due nobili per i quali, ovviamente, riceve un ottimo riscatto. Dopo quella sconfitta, Carlo V cade in una profonda depressione (o forse “riflessione”) che, di lì a poco, lo porta a ritirarsi a vita privata. Al contrario, Albrecht Alcibiades torna a occuparsi della Franconia.

Con Carlo V in procinto di prendere le distanze dalla vita pubblica, un gruppo di principi tedeschi, cattolici e protestanti, decide di risolvere la “questione” Alcibiades una volta per tutte. Il Bellator è infatti divenuto il più importante elemento di instabilità della regione. Oltre al fratello dell’Imperatore, Ferdinando I d’Asburgo, ne fanno parte anche il suo amico e coetaneo, Maurizio di Sassonia ed Enrico V di Brunswick (detto “Il Selvaggio di Wolfenbuttel”). Lo scontro decisivo avviene a Sievershausen, il 9 luglio del 1553.

Su un lato del campo di battaglia c’è Alcibiades, dall’altro ci sono Maurizio di Sassonia ed Enrico V, il più tenace combattente di Germania (ormai sessantacinquenne). La fanteria di Albrecht Alcibiades è più numerosa, contando circa 12.000 uomini contro 8.000, ma quest’ultimo ha circa 1.500 reiter in meno (7.500 contro 6.000).

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A sinistra, in blu, le forze di Alcibiades; a destra quelle di Maurizio ed Enrico.

All’inizio la battaglia volge a favore del Bellator, ma proprio quando i suoi soldati riescono a far indietreggiare il nemico, questi contrattacca. Dopo quattro ore di scontri, Maurizio ed Enrico mettono in rotta Alcibiades e compiono un cruento massacro (“greuliches Gemetzel“) dei suoi uomini. Ciononostante, la vittoria ha un prezzo insopportabile per entrambi i nobili vittoriosi. Il Selvaggio di Wolfenbuttel perde i due figli maggiori, abili comandanti militari, su cui aveva riposto le sue speranze di successione. Maurizio invece, 32enne, riceve un colpo di moschetto alla schiena che gli perfora gli intestini; dopo due  giorni di atroci sofferenze, muore.

In The Dawn of Modern Warfare: History of the Art of War, Volume IV (1991), l’autore riporta che Maurizio stesso, prima di morire, scrive all’arcivescovo di Wurzburg dicendo che i reiter di entrambi gli schieramenti si sono affrontati a distanza così ravvicinata da “vedere il bianco degli occhi del nemico“. A quella distanza hanno scaricato le loro pistole (sclopetos) e poi sono andati corpo a corpo.

Alcibiades riesce a mettersi in salvo con parte dei suoi uomini, ma invece di cercare una tregua, mette insieme un altro esercito per attaccare Enrico V. Il Selvaggio di Wolfenbuttel gli infligge una seconda sconfitta il 12 settembre 1553 a Steterburg e, due mesi dopo, Carlo V lo mette al bando dalla Germania.

Subito dopo la sconfitta di Sievershausen, i nemici del Bellator hanno inoltre assediato (a partire dal 1° agosto) una delle sue migliori città fortificate, Hof. I difensori della città sono solo 600, mentre le forze degli assedianti, guidati da Enrico IV di Plauen (a capo della lega anti-Alcibiades dopo la morte di Maurizio di Sassonia) arrivano a 13.000 uomini e contano decine di pezzi d’artiglieria. Alcibiades però, come abbiamo visto, è impegnato da Enrico di Brunswick, e inizialmente si limita a inviare lettere alla città, dicendo di tenere duro e che gli aiuti arriveranno presto. La città cade nelle mani di Enrico IV a fine settembre, ma il 12 ottobre Alcibiades riesce a riprenderla grazie all’appoggio di alcuni locali e vi entra con 60 cavalieri.

Lo sfortunato caso di Heinrich Schimdt
La brevissima permanenza a Hof di Alcibiades, fra ottobre e novembre 1553, non è particolarmente gradevole per la cittadinanza, e men che meno per Heinrich Schmidt. Come tante altre piccole cittadine tedesche, Hof non ha denaro sufficiente a mantenere un proprio boia, e quindi chiede i spesso i servigi dei tanti professionisti dell’esecuzione “itineranti”. Il 16 ottobre però, il Bellator mette a morte tre armaioli locali che hanno complottato per uccirderlo. Invece di chiamare qualcuno (cosa difficile, visto che c’è anche un esercito nemico accampato fuori le mura), Alcibiades invoca una vecchia tradizione cittadina e ordina che a eseguire la sentenza sia una delle persone presenti nella piazza. E indica Heinrich Schmidt. Perchè proprio lui? Bisogna andare indietro nel tempo, a un episodio che ha come protagonista Peter Schmidt padre di Heinrich e suo suocero, tal Gunther Bergner (Peter ha infatti sposato la figlia di Gunther). Quest’ultimo, dopo essere stato attaccato e ferito da un cane, lo riporta al legittimo proprietario, un cacciatore di cervi, e lo uccide. Gunther non viene punito dalla giustizia, ma ciò che ha fatto gli costa la messa la bando da tutti i mestieri. Disperato e depresso, decide di diventare un boia. Peter Schmidt continua invece a esercitare il suo mestiere, così come suo figlio Heinrich, ma qualche decade dopo, in quel di Hof, qualcuno indica proprio quest’ultimo ad Alcibiades, ricordandogli che, in fondo, l’uomo potrebbe avere qualche conoscenza del mestiere. Heinrich supplica Alcibiades di non costringerlo a fare una cosa del genere, poiché è giustamente convinto che questo getterà l’infamia sulla sua famiglia, ma il Bellator non è uomo dal cuore tenero e gli dice che non vuole procedere, può essere il primo a mettere la testa sul ceppo.

Con le lacrime agli occhi, Heinrich uccide i condannati. E nasce così una nuova dinastia di boia. Nel 1560 infila il record assoluto di Hof, otto esecuzioni in dodici mesi. Nel 1572, la sua abilità è notata dal principe-vescovo di Bamberga, che lo assume con un ottimo stipendio. Passa infine il mestiere al figlio Frantz, che rimane in carica per moltissimi anni.

Si tratta però di una “riconquista” passeggera, visto che l’esercito nemico è ancora accampato fuori dalla città. Il 27 novembre infatti, le truppe di Enrico IV entrano nuovamente in città, e questa volta non si limitano a un’occupazione moderata, ma saccheggiano e uccidono. Quattro giorni dopo, come accennato, Carlo V mette al bando Alcibiades.

Fra il novembre del 1553 e il giugno del 1554, cade anche l’ultima fortezza del Bellator, la città di Kulmbach, dominata dal castello di Plassenburg. Quando Enrico V di Brunswick entra a Kulmbach, ordina ai suoi soldati di uccidere tutti gli uomini della città. Dal castello di Plassenburg, i soldati e i cittadini superstiti sono testimoni dell’orrendo massacro.

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Kulmbach in fiamme nel novembre 1553. In alto, il castello di Plassenburg.

In un ultimo, disperato tentativo, Alcibiades si scontra con l’esercito di Enrico V il 13 giugno del 1554. E subisce la terza sconfitta in pochi mesi. Dopo dieci giorni si arrende anche Plassenburg.

Tre sconfitte e tutte le proprie fortezze in mano al nemico (oltre a una messa al bando imperiale) costringono a Alcibiades a riparare a Pforzheim, dove per tre anni cova propositi di vendetta e l’idea di rimettere in piedi la sua armata. Lì è protetta dalla sorella Kunigunda, moglie del Margravio Carlo II di Baden-Durlach ma, alcolizzato e in bancarotta, Alcibiades è ormai un condottiero senza speranza. Muore, forse d’infarto (anche l’ipotesi avvelenamento è comunque sensata) nel 1557, a 35 anni.

La fame di vittorie, guerra, conquista e bottino ha costruito e distrutto questo incredibile guerriero del sedicesimo secolo.

Bibliografia:
  • L. AVILA-ZUNIGA, Commentario dello illustre signor don Aluigi d’Auila; & Zuniga, commendator maggior d’Alcantara, nella guerra della Germania fatta dal felicissimo, & massimo Carlo V., imperator romano re de Spagna (1549)
  • T. CARLYLE, History of Friedrich the Second Called Frederick the Great, Vol I, (1858);
  • R. B. WERNHAM, The New Cambridge Modern History, Vol. 3: CounterReformation and Price Revolution, 1559-1610, (1968);
  • H. LOUTHAN, The Quest for Compromise: Peacemakers in Counter-Reformation Vienna, (2008);
  • J. M. FRYMIRE, The Primacy of the Postils, Catholics, Protestants, and the Dissemination of Ideas in Early Modern Germany, (2010);
  • W. S. MALTBY, The Reign of Charles V, (2002);
  • J.F. HARRINGTON, The Faithful Executioner: Life and Death in the Sixteenth Century, (2014);
  • G. CAMPAGNANO, I Padroni dell’Acciaio, (2017).

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21 pensieri riguardo “Albrecht Alcibiades: il Bellator di Brandeburgo

  1. Live fast, die young and… no mi sa che il cadavere non era messo benissimo.
    Zwei hai qualche bel testo/sito da consigliarmi sulla guerra dei trent’anni?
    Se è in italiano meglio che finchè sono romanzi in inglese ce la faccio ancora i saggi mi perdo…
    Grazie in anticipo e grazie per l’articolo.

  2. Buongiorno, sono nuovo qui e vorrei complimentarmi con il padrone di casa per l’ottimo sito. Davvero pieno di storie interessanti e veramente ben fatto.
    La germania di quel tempo, ma non solo, è piena di queste meteore, figlie di un epoca in subbuglio, mutevolissima in fatto di armi, tattiche e fazioni in campo. Complimenti ancora per il bell’articolo.

      1. ignorando i commenti idioti mi complimento sempre per l’ottimo articolo,è meraviglioso leggere le storie di questi personaggi quasi del tutto sconosciuti

  3. Zwei l’articolo è molto bello ovviamente ma aprire i commenti e trovarsi come primo commento un ritardato che scrive in caps lock non è il massimo, non conviene cassarli o spostarli sulla bacheca retard?

    1. Ciao mia cara, è sempre un piacere vederti qui. Purtroppo la tesi dell’avvelenamento l’ho letta solo su un testo tedesco googletraslato, quindi dovrei approfondire. È comunque sensato che abbiano voluto togliere di mezzo una scheggia impazzita come Alcibiades. In quel momento era alcolizzato, incazzato e bruciato dalla vendetta, un mix esplosivo, specie per la germania del XVI secolo.

  4. Ciao Zwey, avevo una curiosità sempre a proposito del soprannome, visto che sto studiando il personaggio greco e nella mia bibliografia non si fanno riferimenti ad Albrecht: chi gli dà il soprannome di “Alcibiades”, e in che occasione?
    Grazie!

      1. Grazie, peccato non sia riuscito a risalire a chi lo ha affibbiato, nemmeno io ne sto venendo a capo. Vabbeh pazienza, è solo una curiosità.

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