Aborigeni Australiani: la Questione della Violenza sulle Donne

La storia degli Aborigeni australiani ha (come quella di tutti i popoli del mondo) delle zone d’ombra di cui si sa poco. Non parliamo del cannibalismo precoloniale, ma dell’annoso problema della violenza sulle donne.

Negli anni’ 90, il Paleopatologo australiano Stephen Webb inizia ad analizzare gli scheletri di oltre 4.500 aborigeni australiani di sesso femminile (da 50.000 anni fa fino al XVIII secolo) per ottenere una panoramica il più possibile accurata sulle condizioni di salute generali delle popolazioni precoloniali, le capacità mediche (dai medicamenti alla sopravvivenza alle amputazioni) e la qualità e quantità delle violenze tribali. Non c’era, almeno all’inizio, una dichiarata intenzione di controllare se la violenza nei confronti delle donne aborigene da parte dei propri uomini fosse endemica anche prima dell’arrivo dei coloni inglesi.

Dal suo studio, nel 1995, escono però dati eclatanti. C’è una sproporzione completa, confermata dai suoi colleghi, tra le fratture riscontrate sui crani femminili e su quelli maschili. Una percentuale attorno al 25% dei primi ha rotture compatibili con attacchi alle spalle, probabilmente occorsi in liti domestiche. Quattro volte in più rispetto agli uomini.

I risultati più assurdi sono quelli rilevati sulla costa del sud, oggi tra Swanport e Adelaide, dove la percentuale dei traumi craniali nelle donne raggiunge il 42% del totale. In pratica, una donna su due, in quella zona, aveva subito gravi ferite alla nuca provocate da un altro essere umano.

Non che le testimonianze dei primi coloni fossero differenti da quelle archeologiche, ma per lungo tempo si era pensato che fossero leggermente enfatizzate per far apparire gli aborigeni ancora più violenti di quanto fossero in realtà.

A partire dal 1788 Inglesi e Francesi, pur provenienti da una società patriarcale, rimangono scioccati dalle quantità e gravità delle violenze inferte dagli uomini su moglie e figli.

L’ufficiale di marina Watkin Tench è testimone di parecchie brutalità (e si trattava di un uomo di mare abituato a violenze e orrori). Annota, ad esempio, di aver visto una ragazza coperta di cicatrici. Una in particolare è enorme, appena sopra il ginocchio. Scopre che a causarla è stato un uomo, che l’ha trafitta con una lancia, trascinata fuori dalla sua capanna e stuprata.

Scrive Trench:

Le donne sono trattate con selvaggia barbarie in ogni frangente: condannate a portare non solo i figli, ma anche tutti i pesi (bagagli, vettovaglie) e come ricompensa per la loro sottomissione ricevono solo pugni, calci e ogni altro marchio di brutalità.

Aggiunge poi:

Quando un Aborigeno è provocato da una donna, lui la colpisce e la fa franare in terra sul posto; in questi casi, l’uomo colpisce sempre alla testa, usando indiscriminatamente un’accetta, un bastone o qualsiasi altro oggetto gli capiti sottomano.

aborigeni australiani
Illustrazione del 1854 che mostra una battaglia tra tribù aborigene.

Nel 1790 l’Aborigeno Bannelong, al servizio del Governatore Arthur Phillip, rientra in casa con una donna, Boorong, sostenendo che si tratta della figlia di un uomo che gli ha fatto un torto tempo prima. Aggiunge che le tradizioni del luogo permettono di vendicarsi in modo brutale anche su donne e bambini. Addirittura, Bannelong indica con precisione in quali parti del corpo accoltellerà la donna (braccio, seno e volto) prima di tagliarle la testa. Il Governatore Philip, uomo di grande umiltà che si era speso a lungo a favore degli Aborigeni australiani (nonostante avessero ucciso un guardiacaccia cui era particolarmente affezionato), riesce a far desistere Bannelong solo facendogli capire che, se ucciderà la donna, sarà giustiziato.

Nel 1802, un esploratore francese (Francis Louis Barallier) sulle Blue Mountain annota che il suo portatore, Gogy, racconta con indifferenza i suoi “crimini”, come l’aver massacrato e mangiato una donna insieme a un suo amico. Assieme ai due e al gruppo degli esploratori europei viaggiano anche la moglie e il figlio di Gogy. Il 14 Novembre 1802, Gogy si infuria con la moglie perché ha mangiato un boccone del cibo riservato al figlio.  Prende un bastone e la colpisce sulla fronte facendola stramazzare al suolo. Non contento, prende la sua fiocina e inizia a trapassarle la coscia ripetutamente mentre è svenuta in terra. Prende anche un moschetto, ma non riesce a spararle e gli altri riescono a strapparglielo di mano.

Edward John Eyre, pochi anni dopo, scrive:

Sono pochissime le donne che non hanno cicatrici terrificanti sulla testa o buchi di lancia sul corpo. Ho visto una giovane donna che aveva il corpo completamente crivellato dalle punte di lancia.

Se possibile, ai bambini andava anche peggio, tra guerre tribali e vendette, la loro vita era appesa a un filo. L’antropologo T.G.H. Strehlow, testimone di una battaglia tra due tribù nell’Australia Centrale nel 1875, scrive:

I guerrieri sfogarono il loro istinto omicida anche sulle donne e i bambini più grandi (circa 100), massacrandoli a bastonate e a colpi di lancia. Alla fine, in osservanza di una terribile usanza, ruppero le ossa dei più piccoli, per lasciarli morire di “morte naturale”.

Le testimonianze, archeologiche e storiche, sono migliaia. La società tribale australiana è stata una delle più violente nei confronti delle donne. Il suo lascito è, purtroppo, ancora presente, visto che per ogni caso di violenza in una coppia di origine europea ce ne sono 45 in quelle formate da aborigeni, e che per ogni donna caucasica uccisa da un membro della propria famiglia, ce ne sono ben 11 aborigene (fonte: Australian Institute of Health and Welfare (2006) Family Violence Among Aboriginal and Torres Strait Islander people, Cat. no. IHW 17, p.71).

Tra il 1998 e il 2005, oltre 1.500 persone sono giunte all’ospedale di Alice Springs con ferite di arma da taglio, molte delle quali donne. Nel 2007 la stessa città, pur avendo solo 25.000 abitanti, è stata quella dove si sono registrate più coltellate al mondo. La maggior parte di queste sono state inferte nelle cosce, secondo “cultural practices” locali.

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Le statistiche ufficiali del Governo Australiano

Le donna aborigene stanno facendo sentire la loro voce in modo sempre più fermo, e stanno incontrando sempre maggior sostegno dalle istituzioni, inizialmente timorose che la cruda rappresentazione della società aborigena potesse portare, in qualche modo, a “giustificare” il massacro degli aborigeni compiuto dai coloni.

Anche gli intellettuali australiani sembrano interessarsi sempre di più alla questione. Louis Nowra, uno dei più importanti drammaturghi australiani, ha scritto il libro Bad Dreaming: Aboriginal Men’s Violence Against Women & Children (2007), dove tratta, utilizzando molte fonti oralo, le violenze maschili nel mondo aborigeno precoloniale e moderno. Nella sua opera di denuncia si concentra, in particolare, sulla necessità di mettere in primo piano i diritti delle donne rispetto a quelli relativi alla preservazione delle usanze locali.

Per approfondire l’argomento, consiglio A Fatal Conjunction: Two Laws, Two Cultures di Joan Kimm, che spiega bene anche l’importanza delle antiche usanze nel perpetuarsi di queste violenze.


Bibliografia:
  • Webb, Stephen, Palaeopathology of Aboriginal Australians. Cambridge University Press, Cambridge, 1995;
  • Australian Institute of Health and Welfare (2006) Family Violence Among Aboriginal and Torres Strait Islander people, Cat. no. IHW 17, p.71;
  • Shino, Konishi, The Aboriginal Male in the Enlightenment World, 2015
  • Alan Atkinson, The Europeans in Australia: Volume One – The Beginning, 1997;
  • T.G.H. Strehlow, Journey to Horseshoe Bend, 1969;
  • Cussen T & Bryant W 2015. Indigenous and non-Indigenous homicide in Australia. Research in practice no. 37. Canberra: Australian Institute of Criminology. ;
  • V. K. Burnbank, Fighting Women: Anger and Aggression in Aboriginal Australia, (1994);

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